Per la Scuola italiana suona la campanella di Next Generation Ue

12 febbraio 2021, 12:50 100inWeb | di Vito Barresi

La Scuola attende da tempo in Italia una sua grande e autentica Riforma strutturale che sia la sintesi e il seguito di tanta storia dell’istruzione nazionale. Adesso, dopo la Pandemia, è il momento per saper cogliere l’occasione giusta. Dopo l’ultima, forzata, esperienza della didattica a distanza, suona la campanella di una grande revisione storica del nostro sistema d’istruzione, rinnovane le strutture e le infrastrutture didattiche, cognitive e culturali, in modo che sappia essere all’altezza degli obiettiivi comtemplati sia nel Next Generation Ue che nel Recovery Plan.


di Vito Barresi

Molte fra le misure che non si riuscirono ad attuare sul piano europeo, previste fin dal 1996 dal Libro Bianco su Istruzione e Formazione di Jacques Delors “Insegnare e Apprendere. Verso la Società Conoscitiva”, tra cui spiccavano le proposte principali volte a "incoraggiare l'acquisizione di nuove conoscenze; avvicinare la scuola all'impresa; lottare contro l'esclusione; promuovere la conoscenza di tre lingue europee; porre su un piano di parità gli investimenti materiali e gli investimenti nella formazione”, tornano di stringente attualità proprio dopo quello che Papa Francesco ha definito una ‘catastrofe educativa’.

La crisi del Covid-19 ha scavato un solco profondo che ha allontano e rischia di dividere irremediabilmente la scuola dalla società nel suo insieme, spezzando l’anello di congiunzione e condivisione generazionale che è rappresentato proprio dallo spazio educativo, dalla prima istruzione fino alla più sofistica formazione specialistica univeristaria e post universitaria.

Davanti a tale evidenza, come pure al pericolo forte che la frattura fra modelli e metodologie educative e gioventù possa incidere negativamente sui caratteri evolutivi delle persone e sulle densità della coesione sociale europea e nazionale, occorre puntare insieme, ogni agenzia educativa come ogni centro di orientamento e decisone politica, sulla determinazione di un consenso ampio sulla scelta di Mario Draghi, cioè mettere in testa al programma del nuovo governo, la scuola nella sua odierna e complessa dimensione di snodo centrale della nuova rete istituzionale, relazionale, comunitaria, economica e sociale.

Se il Paese ha bisogno di una scuola nuova che sia il volando della ripresa, deve puntare senza tentennamenti sulla leva della conoscenza diffusa e condivisa, sulla forza dei giovani e delle donne, valorizzando lo stoch storico di esperienza accumulata come nuovo capitale sociale e collettivo, tanto necessario e utile nel difficile ’take off’ sia Next Generation Ue che di Recovery Fund.

Ecco perchè occorre una grande riforma della scuola italiana che non sia uno stupido quanto demolitorio reset del passato ma che ne colga il peso specifico in termini di qualità comparativa e identità specifica dell’apporto italiano allo sviluppo economico europeo.

Una Riforma che sia all’altezza della tradizione storica del sistema scolastico italiano, partito con la legge Casati e Coppino nella lotta al devastante e diffuso analfabetismo che marchiava di diseguaglianza classi sociali e intere generazioni, poi ‘decollato a regime’ con la Riforma di Giovanni Gentile e, infine, modernizzato con le riforme di Guido Gonella, Fiorentino Sullo, Riccardo Misasi ecc. e che ora attende con urgenza un’incisiva azione rigenerante e riformatrice di respiro europeo che sia in grado di corrispondere all’esigenza diffusa di una formazione continua, quale pilastro di una società europea nuova e fraterna.

Si converrà che mai come in questo caso il profilo di un Ministro non vale l'altro ma risulterà certamente determinante al buon fine di trasformare tutta e per intero la Scuola di ogni ordine e grado nello stemma d'eccellenza del Made in Italy.