In una fase tanto delicata e strategica come è già questa della ripresa economica e sociale dopo la pandemia, i calabresi si apprestano a valutare i candidati alla presidenza della Regione. In cuor loro vorrebbero assistere a un radicale cambio di scena. Anche se nessuno ci crede che avverrà, non al solito spettacolo della rissa e delle inutili polemiche, della confusione e delle divisioni ma ad una vera discussione su politiche di sviluppo, implementata dall’esposizione di modelli programmatici realistici e sostenibili che porti a unire e non a dividere, a generare consenso e non sterile conflitto.
di Vito Barresi
Il fulcro, l'assioma mediano, il centro del confronto dovrebbe stabilizzarsi attorno a questa domanda, tutt'altro che semplice ma molto articolata: cosa proporre per aumentare la 'coesione morale dei calabresi' (nel riferirmi a questa immagine della 'coesione morale calabrese' cito liberamente il classico di Barrington Moore "Aspetti morali dello sviluppo economico"), quali proposte e rimedi verranno avanzati per dare una visione d'insieme alla costruzione di una nuova identità regionale della Calabria e della sua massima istituzione regionale, in cui si esprime la rappresentanza nel doppio livello del Consiglio Regionale e della Giunta di Governo, impegnati nella difficile e complessa fase di rilancio e rinnovamento nel quadro del Recovery Fund e sulla base di Next Generation Ue.
Una graduatoria catastrofica per la Calabria. Perchè se la pandemia ha quasi cancellato l'Italia dalla mappa europea della competitività, la Calabria si trova addirittura inabbissata nel fondo della classifica. Un naufragio interamente monitorato e, purtroppo anche per il 2020, certificato dalla Commissione europea nell'indice della competitività.
In parole più ‘ricche’ competitività significa il complesso di azioni, programmi, politiche e fattori che contribuiscono a innalzare la produttività economica, sociale, pubblica e privata, statale e imprenditoriale. Prima di tutto nelle istituzioni regionali, comunali e statali garantendo il rispetto dei diritti di proprietà, abbassando il livello di corruzione e aumentando l’efficienza della giustizia.
Poi impegnandosi a migliorare le infrastrutture (le vie di comunicazione, la rete teleinformatica), ad accrescere i dati macroeconomici (lo stato delle finanze pubbliche, il tasso di inflazione), a promuovere la salute della popolazione e la scolarità primaria (l’impatto economico a medio-termine di alcune malattie, la speranza di vita, l’alfabetizzazione), l’istruzione media e superiore (il livello della scolarità, degli apprendistati e dei tirocini), a incentivare l’efficienza del mercato (le distorsioni, la competizione interna, la bilancia commerciale, la capacità di attrarre cervelli, la flessibilità), a incrementare il livello tecnologico (la percentuale degli utilizzatori di internet a favorire la diffusione e la recezione delle nuove tecnologie fra le aziende e fra la popolazione), a sperimentare la sofisticazione del business (la posizione mondiale, i vantaggi competitivi) e l’innovazione (la spesa per la ricerca e lo sviluppo della regione e delle aziende, la presenza di centri di ricerca, la collaborazione fra centri di ricerca e imprese, il numero dei brevetti, la capacità di innovare).
Per la Calabria il risultato è drammatico e ciò dovrebbe significare una presa in carico di pesanti responsabilità politiche, amministrative e gestionali che, si badi bene, non sono certo solo dell'attuale e ultima giunta in esercizio, ma di una lunga lista di giunte regionali, sia di centro destra che di centro sinistra.
Il dovere dei prossimi candidati alla Presidenza della Regione dovrebbe essere quello di dire a tutti i calabresi la verità, staccarsi dalle viete politiche del passato, con una realistica comprensione di un dato che pone la Calabria praticamente fuori dall'Europa, pronta ad aumentare la sua velocità di ripresa proprio in base all'incremento della competitività regionale e dell'innovazione territoriale.
Tradotto in termini concreti un divario così impressionante tra la Calabria con il resto dell’Europa, persino dell’Est, impone ai candidati ‘governatori’ di valutare e informare gli elettori a quanto, a loro avvisto, ammonterebbe il ritardo in termini di tempo, di quinquenni da recuperare che, secondo le più caute stime, rasenterebbe la quota di 20/25 anni di ritardo sui tempi medi della crescita europea e sui nuovi modelli di sviluppo dell’economia globale.
E se la facile critica non basta, perchè questa minestra è stata già rigirata da un pezzo, ecco una prima proposta operativa su cui discutere: attuare subito un radicale cambio del ceto politico e dirigenziale regionale, introducendo norme regionali che leghino gli altissimi stipendi mensili percepiti dai direttori generali ai risultati certificati dalle graduatorie europee e dagli indici di sviluppo comunitari.
Forse così si potrebbe sperare che la competitività della Calabria salga rapidamente e decisamente, disincagliandosi dai bassifondi di una disonorevole classifica.