Bisogna prendere esempio da quanto sta accadendo a Roma? Per salvarsi, sia dal Covid che dal crollo del sistema economico e produttivo regionale, non c’è altra via che trovare una nuova e diversa unità sugli obiettivi per ricominciare, condividere una piattaforma unitaria per salvare la Calabria e le sue istituzioni regionali.
di Vito Barresi
Il governo Draghi metterà in chiaro che il vero problema di questa Regione Calabria è quello di individuare, elaborare e credere in un unico progetto di sviluppo che affronti le gravi differenze economiche che dividono la popolazione, contrappongono le principali città, isolano tra loro i comuni, per ridurre l’enorme disuguaglianza sociale che è sostrato e humus fertile del persistere di una ‘ndrangheta, arcaica nella mentalità e tecnologizzata nella sua presenza, per recuperare all’Italia un territorio altrimenti perduto.
Oltre il 40% della popolazione calabrese vive sotto la soglia della povertà. Poco meno del 5% è la percentuale dei ‘ricchi’ calabresi che hanno in mano più del 50% della ricchezza regionale.
Il reddito di cittadinanza in Calabria si sta dimostrando un pericoloso strumento nelle mani di strane lobbie che puntano a strumentalizzare il malcontento della plebe a favore dei vecchi ceti nobiliari e reazionari.
Fin qui, non avendo modificato niente nell'ingiusta distribuzione dei redditi, esso è stato solo un gigantesco esempio di “corruzione sociale e politica” che rischia di manifestarsi molto presto nell'ennesimo scandalo storico delle politiche statali assenti e irresponsabili, simile all'oppio che servì a fiaccare il popolo cinese, lo strumento di una crudele sottomissione che ha trasformato la rassegnazione e il fatalismo del passato in un colossale monumento del classismo e del disprezzo, sotto le malcelate sembianze assistenziali e ipocritamente welfariste.
La Calabria registra un tasso diseguaglianza tra i più elevati al mondo, consimile a quello di sacche africane, in cui sottosviluppo, arretratezza, voto di scambio, impresa mafiosa, economia e criminalità si articolano abilmente e modularmente.
Nonostante tanti sforzi pubblici e impegno di riscatto sociale, il bilancio dell’azione statale e regionale per aiutare questa regione a sollevarsi dalle sue miserie è stato ampiamente vanificato dalla fortissima egemonia politica e sociale di una “élite del potere” composta da pochi potenti e milionari, un ceto dominante che riesce a camuffarsi e mimetizzarsi con straordinaria abilità relazionale: sono “i nuovi mandarini della Calabria”, nelle cui mani si concentrano le più importanti opportunità di avere denaro, soldi e moneta, le opzioni di successo, di accentrare le leve della supremazia e del potere.
Un potere non tanto occulto contro cui si svolge la lotta di una parte dello Stato, le magistrature antimafia, anche se non tutta la macchina statale, anzi, gran parte delll’apparato pubblico nelle amministrazioni periferiche, sta dalla parte di questi che avversano in quanto 'giudici d'assalto'.
Ritrovandosi di fatto, molti snodi della pubblica amministrazione, nonché tantissimi comuni, inquinati e, talvolta, persino controllati o fortemente condizionati dal dominio dei 'maggiorenti' in politica, dei 'magnati' del credito sia nelle grandi che nelle piccole banche, infine, ultimo anello da una sorta di 'lumpenproletariat mafioso', resto e cascame delle vecchie 'ndrine locali.
Questa polarizzazione tra pochi ricchi e tanti poveri è la fonte del ritardo calabrese, la causa dei mali che affliggono la democrazia e la politica regionale, perché fa aumentare le disuguaglianze e le distanze sociali tra i ceti sociali, favorisce il permanere dei poteri criminali e il diffondersi della malapolitica clientelare.
Crotone, Platì, Verbicaro e Torre Ruggiero sono comuni simbolo della povertà estrema in Italia. Il fenomeno della diseguaglianza nel quadro emergenziale della Pandemia, unito all’enorme disoccupazione e alla cassa integrazione di migliaia di lavoratori, ha generato una pericolosa disconnessione della Calabria, rendendo ancora più bassa la nostra “coesione morale”.
Nonostante la Calabria sia nel futuro globalizzato, la nostra regione non ha ancora alcuna adeguata idea di come rapportarsi alla complessità della situazione che si è venuta a determinare con la Pandemia: non ha più ospedali adeguati, scuole in sicurezza, uffici pubblici a norma, servizi turistici e alberghieri pronti alla sfida della concorrenza e dell’innovazione, identicamente che nelle attività produttive, nell’apparato infrastrutturale della mobilità e della comunicazione.
La Calabria è una regione ridotta in condizioni catastrofiche dal lungo imperversare della criminalità organizzata, dalle assenze secolari dello Stato Nazionale. Essa sembra non avere alcuna risorsa né “coesione morale” per affrontare propositivamente la crisi che sta impegnando l’economia europea e mondiale, presentandosi impreparata, dunque, con un bassissimo grado di ‘coesione morale’, di fronte ai prossimi appuntamenti del Recovery Fund e di Nex Generation Ue.
Aspettando passivamente gli esiti di questi giganteschi programmi globali, rischia davvero di trasformarsi da storico “sfasciume pendulo sul mare” in una terra di nessuno. Il modo in cui la politica regionale sta rispondendo a questa crisi sistemica e pandemica non lascia molto spazio all’ottimismo. Questo retaggio la condanna nella condizione perenne di una 'società precaria'.
Tutti avvertiamo una carenza di proposte e progetti adeguati alla sfida posta dalla crisi in atto, tutti segnaliamo la grande difficoltà a individuare una visione chiara per il prossimo futuro della Calabria. Proprio tali insufficienze soggettive del ceto politico, spesso miste a una loro plateale incompetenza, gettano una pesante ombra di dubbio sulla capacità coesiva della politica regionale.
Ferisce l’inamovibilità della posizione economica regionale, la totale refrattarietà a innescare fattori innovativi. Restiamo nella classifica nazionale degli indicatori di crescita molto in basso anche rispetto a quando realmente abbiamo, cioè risorse, intelligenze e fattori che potrebbero portare questa regione ben più in alto.