Il progetto c’è già. Basterebbe soltanto aprire il cassetto delle tante occasioni perdute. E con un adeguato “refresh” tecnologico, l’aggiornamento sarebbe cosa fatta. Un sogno realizzabile con Recovery e Next. Ultima per reddito e povertà, Crotone si ritroverebbe la prima in Italia nella avvincente corsa alla “golden age” che sta per partire sotto l’impulso dell’Unione Europea, del Governo Draghi e del Ministero per la Transizione Ecologica. Come? Semplicemente rispolverando il progetto di una grande centrale solare in Calabria, che piaceva a Carlo Rubbia, il cui fascicolo tecnico risulta protocollato su scaffali e siti online di quel che fino a ieri si chiamava Ministero dell’Ambiente.
di Vito Barresi
Seguendo le nostre cognizioni, Crotone potrebbe davvero concorrere per conquistare questo importante primato energetico e “occupazionale”.
Non siamo nella parabola degli “ultimi saranno i primi” ma sugli specchi “parabolici” di un progetto più che sostenibile. Anzi, attuabilissimo, laddove si tornerebbe a parlare di una grande centrale solare nel territorio di questa parte della costa jonica calabrese.
Qualcosa di più di una semplice idea in quanto già “valutata” nel passato, dunque, tutt’altro che irrealizzabile, immaginare una “città del sole”, con ragionamenti ed elaborati ingegneristici radicati in solide opzioni tecnologiche e scientifiche, consolidate dal memorabile e lusinghiero apprezzamento di Carlo Rubbia.
Fu proprio lui, il Premio Nobel della Fisica che espresse la sua autorevole opinione su alcuni studi preliminari, quando, nel corso di un convegno internazionale (Roma, 18 giugno 2007, Teatro dei Dioscuri) sul tema “Il ritorno di Archimede. Il solare a concentrazione per un futuro rinnovabile”, promosso dall’allora ministro all’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, aveva affermato che se
“una rondine non fa primavera bisognava partire da un buon impianto. Rispetto all’energia prodotta in Spagna e Algeria, il solare termodinamico previsto in Calabria, 50 MW, è trascurabile ma non conta quanto se ne produce, conta il fatto che si parte”.
Rubbia aggiunse in quel frangente, che il solare termodinamico a Crotone sarebbe stata
“la carta vincente, con costi bassi, tanta disponibilità di energia, tanta speranza. Il nostro scopo è produrre strumenti per vendere abbastanza prodotti. Oggi, il problema non è quello degli investimenti e dei costi, ma creare legislazione, e in Italia non c’è, che dia sicurezza negli investimenti”.
Adesso che, almeno a parole, il vecchio assetto energetico si trova sul punto di svolta, e le porte sono aperte al nuovo paradigma ecologico, l’Unione Europea sta puntando sul cambiamento climatico e della produzione industriale a “impatto zero”, e si potrà costruire non solo un nuovo modello di economia ma trasformare l’intero assetto della vita sociale delle comunità e dei cittadini, l’opportunità per Crotone torna in primo piano nell’agenda governativa del Ministero della Transizione Ecologica, ripartendo da una bozza di progettualità condivisa, in sede istituzionale, sia statale che regionale.
Basterebbe aprire il cassetto di quelle che sembravano soltanto illusioni perdute e mettere sul tavolo del Governo Draghi e del suo neo ministro della Transizione Ecologica la carpetta con la scheda e i dettagli di un’iniziativa innovativa, avveniristica, non più rinviabile.
Per alcuni futuristica, per altri già cantierabile con fondi Recovery e Next Generation Ue da investire sul breve-brevissimo periodo.
Il volto di una delle città più antiche del mondo, erede di un’antichissima polis magno-greca, sito strategico nelle mappe geopolitiche e militari del Mediterraneo, potrebbe radicalmente mutare.
Dopo l’inesorabile declino postindustriale ci sarebbero tutte le premesse per tornare ad essere cantiere e modello di una innovativa e avanzata città media euro-mediterranea.