La ‘Chiesa giuseppale’ del già e non ancora di Mons. Agostino nell’Anno Speciale di San Giuseppe

18 marzo 2021, 19:30 100inWeb | di Vito Barresi
Mons. Giuseppe Agostino

"…era il giorno di San Giuseppe…”, il 19 marzo 1994, quando nella solennità di questa celebrazione, l’allora Arcivescovo di Crotone-S.Severina, Mons.Giuseppe Agostino, annunciava e rendeva pubblica una densa riflessione, intesa e vissuta, a dir suo, ‘come una forte meditazione”, di fronte al mistero e alla provocazione di una figura straordinaria, il padre nazareno di Gesù, con toni, accenti, agganci teologici, che tornano oggi di palpitante attualità, nell’anno che il Santo Padre Francesco ha inteso dedicare a San Giuseppe.


di Vito Barresi

Quasi profetica, quella Lettera Pastorale, divisa in tre parti e intitolata, “Un ventennio tra memoria e speranza”, riletta quasi trentanni dopo, conserva freschezza e riserva sorprendenti intuizioni originali, specie quella, affatto nominalistica, di riscoprire una 'Chiesa giuseppale’, in fondo per ridare giusto accento ed equilibrio alla parallela e pressante richiesta dell'epoca di connotare la fede ancor di 'più mariale’.

Proposizioni queste non casuali ma ordinatamente argomentate, non per edulcorazione ’soggettivale, onomastica, devozionale’, ma in quanto ‘convinta proposta d’impostazione per la nostra Chiesa’ , atteso che il Magistero dei Sommi Pontefici aveva messo in primo piano i punti essenziali di una rinnovata teologia giuseppina, ove San Giuseppe, a partire da Pio IX, veniva proclamato Patrono della Chiesa universale, poi con Leone XIII Patrono di tutta la Chiesa, passando per Benedetto XV che lo indicò modello di vita cristiana e Pio XII che istituì la festa di S.Giuseppe operaio nel giorno del Primo Maggio, fino a Giovanni XXIII che il 19 marzo del 1961 lo nominò Patrono del Concilio Vaticano II.

Valutazioni che, evidentemente, non perdono smalto né interesse, anzi sembrano significativamente ed operosamente ben inquadrate in quel lungo processo metodologico, filologico ed esegetico che, tra ricerca e studi, ha permesso ai Pontefici di esternare giudiziosamente in materia, infine, determinando Papa Francesco ad indire un Anno speciale di San Giuseppe, nel giorno in cui ricorrono i 150 anni del Decreto Quemadmodum Deus, con il quale il Beato Pio IX dichiarò San Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica.

Per cui, qui, si vuole valorizzare l'esemplare contributo offerto dall’allora Arcivescovo di Crotone, poi metropolita di Cosenza, già vice presidente della Cei e presidente della Conferenza Episcopale Calabra che - proprio quando si andava segnalando, verso quello che indiscutibilmente va riconosciuto in quanto ‘primo cristiano e, per questo, cristiano fontalmente, per sempre, per tutti’ - un atteggiamento di distacco, oblio e disincanto, ribadiva che la figura di Giuseppe era più che mai icona di spiritualità emblematica, rivelatore dell’umanità nuova, modello di ogni vocazione, rilanciandone il carisma, anche se la devozione al santo, sembrava travolta da un’evidente perdita di velocità nei suoi ’suffragi’ .

E per far questo Mons. Agostino non esitò a riprendere e far in parte propria la ‘controversa’ quanto limpida tesi del teologo protestante Karl Barth, cogliendone da par suo cattolico, il lato ‘provocante’ e germinale, allorquando il grande pensatore tedesco affermava che:

“allo stesso modo con cui sono ostile allo sviluppo della mariologia, mi mostro favorevole a quello della giosefologia. Perchè Giuseppe ha, a mio parere, realizzato con Cristo lo stesso compito che dovrebbe svolgere la Chiesa. Sono cosciente che la Chiesa romana preferisce paragonare la sua missione a quella gloriosa di Maria. Essa offre al mondo il suo messaggio nella stessa forma in cui la Vergine ci ha dato Cristo. Ma il paragone inganna. La Chiesa è incapace di partorire il Redentore, però può e deve servirlo con umiltà e modestia. E’ questo fu precisamente il compito di Giuseppe, che si mantiene sempre in secondo piano, lasciando tutta la gloria a Gesù. Tale deve essere il ruolo della Chiesa se vogliamo che il mondo riscopra lo splendore della Parola di Dio.”

Tutti aspetti e valutazioni, tappe di un 'focus' su un culto che desta panico sgomento negli studiosi per l’enormità della sua espanzione e radicamento, tanto articolato e vasto in ogni aspetto alto e basso, nobile e plebeo della fede e dell’inculturazione popolare, che merita di essere riscoperto nella sua integralità, a partire da quanto appropriatamente suggeriva Mons. Agostino, secondo cui, a leggere bene il Vangelo, lo sposo di Maria, rappresenta

"un modello paradossalmente attuale e provocatoriamente sconcertante non solo perchè oggi c’è acuta esigenza di modelli ma fondamentalmente perché la storia corre, l’avventura dell’uomo si dimena tra l’appassionata e inesauribile ricerca della verità e della giustizia e la sconsideratezza della fuga libertina, presuntuosamente esaustiva, come quella del giovane della parabola del Figlio Prodigo, bizzarro cavallino caduto sulle brughiere delle sue stesse passioni.”

Dunque, una Lettera Pastorale che dovrebbe essere opportunamente riscoperta e ripresa in sede diocesana, non fosse altro per rinnovare ‘lo sguardo nostro’ sull'importante e significativa lezione pastorale fornita da questo Vescovo, le cui spoglie riposano nella Cattedrale a Crotone, spronando ancora l’impegno e il senso purificato del sociale, semplicemente ricordando che Giuseppe non fu genitore banale e generico ma Padre autorevole e appassionato, forte di quella sua unica e speciale singolarità umana e affettuosa che commuove e convince più che mai.