Chi saranno i nuovi predatori del sottosuolo della Calabria? Gli stessi di ieri, oggi e domani? Su clima e ambiente questa regione resta drammaticamente indietro. A tal punto da sembrare che qui, in questi luoghi bellissimi ma soprattutto ricchissimi di risorse energetiche ma non solo, non sia la politica a comandare ma la geologia.
di Vito Barresi
D’altra parte basta guardare a quanto sta accadendo in questa fase politica per capire meglio quel che realmente si sta spostando in queste prime settimane del dopo lock-down sull'asse dei grandi affari regionali.
Quelli reali e prevedibili per i prossimi anni che, in questa terra estrema, stremata, derelitta, dopo la durissima tempesta della pandemia universale, fanno gola a grandi marchi geopolitici e multinazionali del Nord Italia.
Con il Recovery Fund, le antenne dei grandi monopoli privati che controllano gran parte del territorio regionale, cioè i marchi di grandi multinazionali che vanno dall’Enel a Terna, da Eni a Snam, da Repower a Edison, da A2A a Veolia, da Gamesa a Biomasse, sono tutte alzate e ben drizzate verso i programmi di governo se non del solo competente ministero.
Attenzione però, gli occhi sono sgranati non verso il Ministero della Transizione Ecologica, come si dovrebbe ottimisticamente supporre, bensì mirati e ben resettati sulle scelte e le disposizioni del Mise, il Ministero dell’Economia e dello Sviluppo.
Tutti i big dell’energia e del green deal, cioè i colossi organizzativi e strumentali che operano nei settori dello sfruttamento delle risorse naturali, e delle grandi opere, sono di fatto in assetto di guerra permanente.
Pronti per partire alla conquista dei tesori della Calabria: acqua (assetto fluviale, lacustre, marino, idrogeologico, rete portuale, ecc.); fuoco (idrocarburi, metano, petrolio, foreste, biomasse, con relativi uso delle risorse geologiche del suolo e del sottosuolo); aria (parchi eolici, fotovoltaico, telecomunicazioni, vento, qualità dell’ambiente, grandi infrastrutture, comunicazioni, ecc.); terra (attraversamento reti intercontinentali, condotte, cavi, bio-agricoltura, usi civici e terre marginali, infrastrutture di superficie, ecc.).
Ambiti territoriali “ottimali” dove poi a decidere road map e percorso, che non sono più e solo quelli della corporazione edilizia degli ingegneri, è il core business della nuova e potentissima lobbies, quella che mette naso su ogni grande e piccolo investimento che riguarda il territorio.
Non a caso, in vista delle prossime elezioni regionali, nel mentre tutti si accapigliano sulla sanità, alzando uno strano quanto inquietante “fumus” mediale, in Calabria c’è il grosso pericolo che possano prevalere gli interessi di una agguerrita “lobbie geologica” che punta, anche attraverso il ricatto occupazionale, a costruire un vero e proprio cartello politico elettorale che potrebbe attraversare l'intero schieramento politico sia a destra che a sinistra.
Dal piano regolatore del piccolo comune al ponte sullo Stretto, da Webuild a Terminal Investment Ltd, dalle perforazioni metanifere dell'Eni all’asfalto del tracciato autostradale, dall’invaso idrico Enel alle condotte dell’acqua potabile della Sorical, dai binari della rete ferroviaria Rfi ai pali dei grandi impianti eoloci Gamesa, siamo di fronte al dilagare del “dominio del geologico”.
Un sempre più marcato protagonismo che trova radici nella presenza di strutture di ricerca, presidi di protezione e sicurezza territoriale, accademie, e forse nei prossimi mesi, si trasformeranno nel definitivo patto materiale tra una lobbie politico-affaristica che punta al controllo del suolo e del sottosuolo, la stessa che nei corridoi di molti uffici dello Stato e della Regione, già chiamano il partito geo-populista calabrese.
Il patrimonio geologico calabrese è un vero e proprio tesoro su cui si sta per scatenare una caccia all’oro degna dei racconti e delle pellicole del far west. Scenari e personaggi sembrano comporre un vero e proprio cast che farebbe gola persino a qualche novello Sergio Leone.
C’era una volta la Calabria, come fu negli anni Venti dello scorso secolo, quando i giganteschi monopoli privati delle forze idrauliche e forestali, la Sme, l’Ansaldo, la Edison, la Montecatini, ecc. stravolsero il millenario assetto ecologico di questa terra, deviando fiumi, ostruendo alvei, costruendo dighe, che hanno mortalmente colpito l’equilibrio biologico di intere aree geografiche.
Avidi di accaparrarsi le risorse del prossimo Recovery Fund, affaristi e manager delle multinazionali, si alleano con la potentissima lobbie geologica che comanda silenziosamente la Calabria.
La stessa che si sta già mobilitando per conquistare Giunta e Consiglio Regionale e da lì garantire il millimetrico controllo del territorio, stendendo su località, comunità antichi borghi, coste, pianure e vallate, l’invisibile filo spinato della proprietà privata e monopolistica, quasi fossimo davvero nelle pagine del romanzo di Manuel Scorza, Rulli di tamburo per Rancas.