Nell’attraversare le vaste campagne di Isola Capo Rizzuto, lembo del territorio Crotonese baciato dalla bellezza dei paesaggi e deturpato dagli orrori della ‘ndrangheta, il viandante che avesse chiesto di chi fossero quelle terre, il bestiame che pascolava, le case e quanto altro si poteva vedere fino all’orizzonte la risposta è nel vento: è tutta roba degli Arena!
A quel viandante poteva così sembrare che fosse degli Arena tutto il paese e perfino lo stesso vento che alimentava quei mostri di metallo che producono sibili e denaro.
Da queste parti l’uomo si trova ad essere insieme vittima e carnefice; vittima di un destino implacabile che non dà mai tregua alla sofferenza, e carnefice di una terra deturpata e violentata in ogni suo anfratto.
Adesso, però, il vento sembra essere cambiato, da quando al sibilo delle pale eoliche si è aggiunto quello della trebbiatrice di un giovane imprenditore del luogo, che ha deciso di entrare in un terreno che una volta era degli Arena.
A fare da contraltare al coraggio di questo giovane agricoltore, una figura arcaica, che sembra uscita dalla penna di Verga, attaccato ossessivamente al luogo di origine ed a quella terra sulla quale ha vissuto e lavorato per tutta la vita.
E’ Francesco Arena, fratello di Nicola, boss indiscusso della cosca egemone nel territorio, che controlla ogni cosa. Si è fermato ad osservare quella moto trebbiatrice che va su e giù nel campo di contrada Cardinale: l’uomo rivendica i suoi diritti.
Una terra quella di Isola Capo Rizzuto dove oltre agli anni, anche i cognomi pesano come macigni e bisogna essere forti per sopportarne il peso: “Mi sono bisticciato con la questura. Lasciate stare i ragazzi”, afferma Francesco Arena.
L’importante, da queste parti, è che la dignità di un uomo non deve essere mai sopraffatta e per questo le contese si possono risolvere anche in duelli rusticani.
Ed a chi ha vissuto sempre all’aria aperta e lavorato per 14 ore sotto il sole cocente, neanche la prospettiva della prigione fa paura: “Se mi arrestano ‘a fanu a primera”.
Gli occhi non sono più quelli di un tempo per Francesco Arena, ma è uguale la sua visione del mondo, arcaico, dove non c’è possibilità di un mutamento sociale. Il mutamento sociale non è possibile, però la strada che ognuno può intraprendere la si può scegliere.
Ache nel congedarsi, Francesco Arena da la sensazione del fortissimo legame che ha con questi luoghi, così profondo che niente può intaccare, perché le radici sono difficili da estirpare, specialmente se sono attecchite nelle carni delle persone: “Mantenitive forti…”
Giacinto Carvelli