Allarme giornalismo e ‘ndrangheta in Calabria. Quali oscuri legami tra crimine e notizie che nessuno deve sapere?

9 maggio 2021, 14:10 100inWeb | di Vito Barresi

Fa più scandalo un predicatore evangelico che scappa in mutande con una bella donna davanti ai flash di una fotocronaca, un prete sacrilego e scellerato scoperto in una rete internazionale di pedofili, l’inchino del boss e la cena con summit del politico, oppure un mostro sacro della comunicazione televisiva mondiale che scambia illecitamente informazioni con la criminalità?


di Vito Barresi

A cercarlo, oggi, non esiste un Libro Nero che racconta i rapporti illeciti tra Stampa e Mafia, Informazione e Criminalità, sia nella cronologia storica che nell’emergenza dell’attualità.

Si potrebbe immaginare, sfogliarlo con la fantasia, commentarlo con l'apostrofo del moralista di sinistra, prenotandone anche la presentazione ai festival e ai premi letterari di periferia, con compiaciuta partecipazione alla corte della solita vipperia di paese che ama quelli che parlano contro la mafia per principio o, al contrario, sollecitando un più attento e giusto intervento degli ordini professionali, la specifica vigilanza delle istituzioni, specialmente quelle del Consiglio Regionale e della Giunta.

Anche perché non si vorrebbe che qualcuno usasse lo specchietto per le allodole per sviare l’allarme sul pericolo che la penetrazione mafiosa possa anche attuarsi tramite vari uffici stampa, selezioni di portavoce ad intuito, insomma quel mondo umbratile e sfuggente dove si spalancano le porte alla qualunque.

Ma in attesa che qualcuno scriva e stampi su carta porosa, per ora accontentiamoci di qualche scena da film italoamericano, l’avvio di un nuovo talk show, magari il trailer di una prossimamente messa in onda, dal titolo icona Storie segrete di ‘ndrangheta e giornalismo in Calabria.

Trovo, osservo e rifletto che sul tema del rapporto tra ‘ndrangheta e giornalismo in Calabria, tra ’ndrangheta e sistema radiotelevisivo regionale non si faccia chiasso più di tanto, non si spendano analisi e approfondimenti come nell’analogo collegamento e intreccio tra ‘ndrangheta e politica, ‘ndrangheta e imprenditorialità, ’ndrangheta e pubblica amministrazione, ecc. ecc.

In Calabria molti giudici, tanti investigatori delle forze dell’ordine, restano basiti quando ascoltano con le proprie orecchie le intercettazioni captate ai telefoni dei disonesti che parlano magari con qualche volto noto di trasmissioni televisive o giornalista pronto e prono ad aggiustare qualche notizia, a impedire che si diffonda un ben determinato avvenimento, che si faccia velina e si impedisca la fruizione di quei dati e di quelle informazioni necessarie per la sicurezza pubblica dei cittadini.

Non siamo sul tamburo della novità se si torna a parlare degli oscuri rapporti che legano informazione e mafia, giornalismo e criminalità, stampa, televisione e azione della ‘ndrangheta.

A dir poco la letteratura in proposito annovera casi paradigmatici ed è a queste fonti che si deve attingere se si vuole amplificare l’allarme, approfondendo il lato oscuro di quella che è stata definita “informazione contigua, compiacente o persino collusa con le mafie”, già al centro di una storica relazione approvata, alcuni anni fa, dalla commissione parlamentare antimafia.

Dunque, tra i giornalisti non ci sono solo eroi civili finiti uccisi, minacciati, intimiditi, impediti ed esclusi dal protervo potere occulto e palese delle mafie che decidono e comandano ma anche soggetti poco raccomandabili che sono caduti nella tentazione di vendersi alla ‘ndrangheta per pochi o molti denari, svariati motivi che si eviterà di elencare.

In Parlamento sono custodite migliaia di ore di audizioni che leggono a voce le pagine di un libro nero di giornalisti, direttori di testata, editori, ecc. centinaia di pagine di verbali giudiziari, articoli di quotidiani, pezzi di storia nera dell’informazione italiana, calabrese e meridionale, che attestano l’esistenza di “un reticolo di interessi criminali che ha trovato in alcuni mezzi d’informazione e in alcuni editori un punto di saldatura e di reciproca tutela”.

Ottanta pagine di relazione finale in cui mafia e giornalismo non sono una fiction ma una realtà concreta, fatta di nomi, personaggi, episodi, inchieste, condanne dove, in conclusione, “a patirne le conseguenze è la libertà dell’informazione: chi intimidisce un giornale o corrompe un giornalista procura un immediato e rilevante danno sociale all’intera comunità civile”.

Insomma, nessuno vorrebbe che questo romanzo, ancora inedito, il Libro Nero che nessuno ha scritto, si aprisse con un incipit del tipo: solcava il palcoscenico mediatico con una sicumera che non aveva eguali.

Poi improvvisamente buio oltre lo schermo, silenzio in studio, interrompiamo le trasmissioni, amara moviola di un concorso esterno. Anche così, quasi in silenzio, cadono i piccoli idoli delle tv locali.