“Cosa rimane dei nostri amori”: il giallo, il mistero e la silenziosa complicità all’ombra del castello bizantino

10 maggio 2021, 09:32 Outside24

Un giallo, un mistero di paese che in fine non lascia indifferente l'intero mondo. Da Caccuri un giallo di investigazione (finalmente direi), un mistero, morti e scompare nello stesso giorno, il giorno del santo patrono, la ricorrenza identitaria di un paese che da quel giorno non sarà più lo stesso... una tragedia sconvolgente in un posto dove al più se si è costretti a morire lo si fa di vecchiaia quasi fosse un dispetto.


di Natale G. Calabretta

Un romanzo di investigazione puro, quindi, dove un figlio tenta di salvare il padre, ne ricostruisce i frammenti nascosti di una storia inimmaginabile, si riconosce in una identità familiare che sente vicina e che scoprirà lontanissima, piena di “non detti” inconfessabili.

Una investigazione fatta di passi sui ciottoli, fatta di domande seduti ad un tavolo da cucina... e poi le sensazioni analizzate al bancone del bar, nella piazza assolata del paese, tra le sigarette accese di personaggi reali poco affini dagli insipidi fantasmi tutta psicologia e provette come va di moda adesso tra la letteratura del genere.

Una investigazione classica e sorprendentemente corale: i carabinieri fumano, hanno gli occhi sottili concentrati su un mistero che dura da tanto, si interrogano sulle anomalie impercettibili che mutano per istanti le abitudini esasperanti del paese.

È lì la chiave: nella nota stonata di una sinfonia sempre uguale e prevedibile.

Tra gli investigatori, una perla, c'è l'avvocato, mastino e sgualcito che smadonna alle note dissonanti di quella orchestra di quotidianità stantia, alle pause troppo lunghe che sanno di paura e omertà.

È musicista, non a caso, il figlio protagonista che però non suona neanche una nota; la sua mente è affollata dalle suggestioni letterarie del padre che lascia indizi per salvare la sua famiglia auto condannandosi.

È questa la più fragorosa delle stonature.

Il giorno della tragedia alla banda di paese, metafora della socialità vitale ma immutabile, mancherà il clarino...

Il clarino muto è metafora della morte, della gioventù bruciata... della tragedia.

Il finale non è scontato: c'è il male della cupidigia, che risulta francamente il lato oscuro meno oscuro, c'è la meschina corruzione, c'è l'amore morboso, il gesto macabro e irrazionale (l'omero di una ragazza morta e una foto poggiati su una sedia), c’è la bontà tradita ... c'è la banalità del male ... c'è tutto questo, ma soprattutto rimane la fortissima sensazione di imperdonabile silenziosa complicità di tutta una comunità chiusa, arroccata nel suo mistero all'ombra del castello bizantino.

Sullo sfondo Caccuri che domina la valle del Neto, le sue luci vive e caratteriali, i suoi profumi di Sila e di marina crotonese; Caccuri che come su un Orient Express di roccia percorre immobile un viaggio temporale di 26 anni, dove tutti, proprio tutti, sono colpevoli.

***

Autore: Olimpo Talarico

Titolo: Cosa rimane dei nostri amori

Casa Ed.: Aliberti