Sergio De Caprio, più conosciuto dal grande pubblico Capitano Ultimo, comandante dei Ros che catturarono Totò Riina, non è certo un assessore qualunque che passa il suo tempo a star seduto a chiacchierare allo stesso tavolo in Giunta Regionale Calabria, dove in questi giorni è tornato il signor Franco Talarico, il capo politico lametino dell’Udc che, insieme a Lorenzo Cesa, è finito nelle maglie di un inchiesta della distrettuale antimafia, inflessibilmente guidata dal dr. Nicola Gratteri.
di Vito Barresi
Per questo non nutriamo dubbio alcuno che Sergio “Ultimo” De Caprio, non stazioni a Germaneto per contare le pecore che passano nel sottostante paesaggio di campagna, ma stia opportunamente meditando su quali siano le ricadute reali ed emozionali, nel giudizio schietto degli italiani, a proposito della sua fin troppo silenziosa permanenza in una Giunta, presieduta da quell’elegantone ma molto, molto naif, “vaso di terracotta” che è l’attore Ninetto Spirlì, dove accanto a un uomo delle istituzioni e servitore dello Stato come lui, siede, fianco a fianco, anche un indagato, e non da poco a leggere i dispacci Ansa, in una posizione di governo e controllo dei flussi di bilancio regionale, permanenza che potrebbe essere lesiva, non solo degli interessi pubblici ma, ictu oculi, per l’immagine stessa, nel suo insieme di certezza giuridica e autorevolezza di potere, della stessa istituzione regionale.
Certo Capitan Ultimo, a fronte di questa imbarazzante “convivenza” con un collega gravemente inquisito, in una Giunta Regionale agonizzante, praticamente sterile e incapace di affrontare le grandi emergenze poste dalla pandemia, dalla sanità alla crisi economica e occupazionale suscitata da Covid-19, che ha dato il colpo di grazia a una struttura economica e civile regionale fatiscente e arretrata, saprà, bene e in coscienza, rispondere alle più immateriali e sottili responsabilità dell’onore politico repubblicano, quelle sue riconosciute qualità di comportamento che vanno oltre l'estemporaneo incarico amministrativo in scadenza, e che rischiano altrimenti di sconfinare, incontrollabilmente, in qualche ingiusto e sommario giudizio complessivo, sulla sua stessa reputazione.
E pertanto consentirà, di avere preoccupazione, anzi persino apprensione, per la dignità stessa di un uomo vocato a prestare fede e coerenza a quei doveri tipici e basici di un militare formato e addestrato alle responsabilità di un comando, senza ombre né macchie, già espletato in varie missioni operative, indossando la “sacra” divisa dell’Arma dei Carabinieri.
Ecco perché c’è da chiedere al Capitano Ultimo, colui che sfondò la porta del covo del “capo dei capi” decapitando Cosa Nostra, di dare una piccola quanto robusta e decisiva spallata alla Giunta Regionale.
Almeno così, la sua memoria non sarà un fantasma, ma resterà nella storia della Calabria per il coraggio di far cadere e infrangere, insieme a quel vaso di coccio che è Ninetto Spirlì, quel più temibile “vaso di pandora” chiamato Regione Calabria.