La Regione Calabria è un prezioso spazio europeo al centro verde del futuro mediterraneo. Davanti a noi oggi c’è una scena di disordine, confusione e disgregazione territoriale. C’è solo la strada della ricostruzione ecologica, della riconversione e della transizione nell’economia verde e digitale, per uscirne. È questa l’ultima opportunità per attrarre investimenti, creare nuovo lavoro e nuove imprese, imprimere un’accelerazione verso una regione rifondata sull’ecologia integrale e umana.
di Vito Barresi
Dopo la micidiale pandemia, di fronte alla crisi economica causata sia da Covid-19 che dal lockdown, dopo le tante altre misure spesso insensate del Governo e delle Regioni, per la Calabria si deve aprire una nuova stagione di responsabilità, programmazione e sviluppo che sappia mettere a frutto i fondi europei di Recovery e Next Generation UE, rinnovando le linee della programmazione regionale sulla base dell’opzione climatica e sostenibile.
Questa terra resterà sotto il giogo della ‘ndrangheta e della malavita se non affronteremo alla radice le cause che sono all’origine del rischio ecologico, con le sue mostruose discariche di rifiuti di ogni genere, con le coste massacrate dalla speculazione edilizia, con i boschi bruciati ogni estate, con le automobili che solcano i parchi con motori inquinanti, con le grandi multinazionali che sfruttano le acque dei fiumi e il sottosuolo marino, con le vecchie industrie che inquinano e non pagano, con navi dei veleni nel mare e immense aree che da oltre trent’anni non vengono opportunamente bonificate.
No, non voglio presentarvi quella che si chiama una “novelizad non-fiction”, cioè una specie di piccolo saggio scientifico in forma di racconto.
Sarebbe comunque ingiusto dire che i calabresi non siano attenti a quanto è accaduto in questo mezzo secolo di confuso e spesso insensato tentativo di industrializzare a casaccio la nostra regione.
Magari osservando quanto avviene nelle popolazioni residenti attorno ad un impianto industriale che utilizza biomasse provenienti da paesi terzi e da foreste tropicali.
Oppure tirando le somme di investimenti molto discutibili come quelle di un mega porto che ha radicalmente cambiato, con la sua gigantesca presenza, il microclima di un’intera fascia geografica regionale.
Ma questi stessi cittadini sanno che è quasi impossibile trasformare la mentalità e progettare uno sviluppo diverso e sostenibile fin quando nell’attuale classe politica, che controlla e domina le istituzioni, nessuno avvertirà la priorità, l'urgenza del bisogno e la necessità di imboccare un altro percorso futuro, modificando molti nostri comportamenti, impegnandoci al rispetto sul clima e sulle risorse naturali e ambientali.
Le regioni diverranno, a partire dai prossimi mesi, ancor di più il fulcro della transizione ecologica. Ma in Calabria nessuno affronta il problema né si impegna per allestire un confronto o un dialogo proficuo e produttivo.
Per questo bisogna far entrare nel Consiglio regionale una ventata di nuovo entusiasmo che metta al centro dei programmi e dell’agenda amministrativa la sfida della nuova ecologia integrale e faccia recuperare alla Calabria il ritardo che si è accumulato nel passato.