A Cirò scoppia la guerra del Vino contro il Vento. I vignaioli contro le pale eoliche dell’energia pulita e rinnovabile

14 giugno 2021, 19:50 100inWeb | di Vito Barresi

Il Vino contro il Vento? Non si scrive agli dei dell’Olimpo per fare torto al grande Veronelli ma nella guerra del Vino contro il Vento la medaglia e l’onore per la vittoria alata e più ecologico tocca piuttosto ad Eolo che non a Dionisio. Questo per dire che nella novella disfida di Cirò tra i “vignerons” del mosto casareccio, a loro dire più antico del mondo, e gli installatori di pale eoliche che producono energia pulita al posto di vecchi vigneti inquinati dai pesticidi, dal punto di vista dell’impatto ambientale, molto probabilmente, anzi quasi certo, la dovrebbero spuntare piuttosto le eliche e non i calici.


di Vito Barresi

Ci sono tipi e personaggi, uomini e donne che a Cirò il vino, in verità, lo odiano anche apertamente. Se c'è un punto da dove cominciare immediatamente la transizione ecologica calabrese questa è certamente l’agricoltura, specialmente il suo settore di spicco la filiera vitivinicola ed enologica.

Chi vuole potrà fare anche un rapido raffronto, una valutazione scientifica con tabelle, rilievi, campionature, esami di laboratorio ecc. tra l’impatto ambientale reale e storico della più grande “fabbrica chimica”, territorialmente concentrata, la viticoltura cirotana, un’agricoltura intensiva su modello industriale, e le pale eoliche dislocate sui pendii di dolci colline d'argilla.

Si potrebbe persino restare basiti da alcune anomalie su cui i tanti, troppi interessati assessori della Regione Calabria hanno chiuso, “apertamente”, i propri occhi.

A tal punto da comprendere immediatamente che il pericolo vero non sono le eliche che il vento fa girare bensì i pesanti effetti inquinanti della tanto vantata filiera ecologica della qualità, il colossale business del vino regionale.

Su scala globale, il settore vitivinicolo è responsabile dello 0,3% delle emissioni annuali di gas a effetto serra di origini antropiche; ciò corrisponde al 2% circa del contributo dell'agricoltura, che a sua volta rappresenta il 14% del totale.

Nella Regione Calabria le cose che girano sono ben altre. Dunque, qui tutti improvvisamente diventano ambientalisti, siano essi inutili cacciatori, gestori di oasi farlocche, dirigenti ben pagati di parchi nazionali e regionali dove vige la legge della deforestazione tra tagli incontrollati e incendi dolosi (inchieste giudiziarie grandi come sequoie di carte e faldoni), imprenditori di discariche con delibera regionale di diritto pubblico trentennale, dunque una rendita politico capitalistica bancaria, fino ai viticoltori arrabbiati, i gilet rossi dell’enologia regionale calabrese, pronti a tutelare il paesaggio, che poi non si sa quale sia davvero, quello naturale, agrario, della biodiversità, ecc. ecc. è tutto da vedere.

Ecco allora che dal punto di vista grunen e strettamente climatico - questa è la mia impressione - l’appello dei produttori dell’area cirotana per contrastare il progetto denominato “Timpe Muzzunetti”, che vedrebbe delle pale eoliche di 200m di altezza nel cuore della zona classica della DOC Cirò, a pochi passi dal mare, che inevitabilmente porterebbe ad una svalutazione di tutto il territorio, non solo non ha alcun fondamento ambientale e scientifico (mancando dati reali e quantificati oltre che qualificabili in contestazione) ma è anche fuorviante e demagogico.

Perché fa leva su richiami pubblicitari e propagande commerciali vacue, tipo Wine Spectator la prestigiosissima testata americana, che ha definito il cirotano come «la nuova grande sorpresa nell’Italia del vino» e che pure esalta i vini californiani dove accanto ad ogni tralcio piantato è stata installata una pala eolica.

Più concretamente questa appare piuttosto una falsa battaglia ecologica contro presunti “mostri tecnologici” che dominerebbero la pianura vitata del Fego (circa 500 ettari di vigneto) e la valle del Lipuda dove la bellezza del paesaggio viticolo è ormai da anni meta degli appassionati enoturisti.

Se fosse questo che dire altrimenti di una bellissima marina mediterranea dove si è sterminato con il fuoco una preziosa nicchia di ginestra bianca, quel lembo d'Africa approdato sulla riva sud di una Europa che non c’era se non nell'anima del Toro Cozzante di Sibari?

È tempo di una svolta grunen nel governo regionale dell'agricoltura calabrese. Dove si dovrebbe anche evidenziare alla Regione Calabria, Assessorato Agricoltura, ma in quegli uffici lo sanno molto ma molto bene, che poi questo stesso paesaggio, che i viticoltori protestano furiosi sarà offeso dalle pale eoliche che producono energia pulita, è stato da oltre trent'anni assediato e sterminato dai cacciatori, dagli allevatori, compresi quelli di cinghiali e cinghialoni che scendono dalle gole di Umbriatico in propria violenta transumanza, oltre che da quel che resta della nobile categoria degli agricoltori, ora avidi di nuovi terreni sabbiosi e argillosi, con dune e colline definitivamente asfaltate con strati di pesticidi e diserbanti, per ogni vendemmia annuale e allegata sovvenzione comunitaria, magari sotto attacco di qualche parassita, o crisi meteo avversità che fa sociale, ristori e provvigioni stagionali.