La Lettera alla Politica dell’Arcivescovo di Napoli, Mons.Domenico Battaglia (QUI) non è un asterisco decorativo nè tanto meno un esercizio inutile di retorica ecclesiale. Essa è in continuità con la tradizione della Chiesa Italiana di grande attenzione alla questione del Mezzogiorno, più volte espressa anche in documenti importanti che sono divenuti pietre miliari nella definizione della Pastorale Sociale e che tracciano un solco sul terreno coesivo della promozione e della partecipazione dei cattolici alla vita nazionale in un Paese storicamente duale, dove pesa, e se ne fa riferimento, fin dall’unificazione, il divario tra Nord e Sud.
di Vito Barresi
E lo fa in quanto presule di origini calabresi, il vescovo di Napoli, una città dove ha ancora sede l'ultimo baluardo del pensiero meridionalista e degli interessi autentici del Mezzogiorno, un’istituzione-fondazione come Svimez, il cui autorevole presidio di pensiero analitico sembra trasudare da ogni rigo di questo documento pastorale, con cui si sollecita e si auspica l'immediata apertura di un confronto, un tavolo nazionale, fuori dalle logiche particolaristiche di un travisato regionalismo egoistico, oggi purtroppo privo di alcuna visione integrata e connessa, la sola utile per il rilancio e la ripresa del sistema italiano.
Per cui l’acuta e fertile riflessione proposta da Mons.Battaglia coglie in pieno il battere del tempo nuovo, a suo modo cercando di dare ritmo e passione a una dibattito e una presa di coscienza che al momento tardano ad emergere, vuoi perché sommersi nella ormai totalitaria e condizionante propaganda dei nuovi crociati del vaccino e della paura pandemica, vuoi poiché l'argomento non sembra toccare e coinvolgere le parti attente ma anche più sofferenti della società meridionale, e per questo spronando alla ricerca di una prima risposta, che troverebbe la propria naturale cornice proprio nella dimensione ampia dello spazio europeo, nel governo condiviso dell’Unione per far fronte ai danni della pandemia, dentro i tempi che stanno cambiando, o per cantarla alla Bob Dylan, The Times They Are A-Changin.
E, naturalmente, occorre rapidamente svegliarsi dall’ipnosi collettiva generata in vario modo dalla regia comunicativa dell’emergenza, per riaprire gli occhi su un mondo che si è fortemente degradato, a testimonianza del drammatico picco di ogni povertà sociale, economica, relazionale, comunitaria, generazionale, in uno umana, scorgendo il pericolo strutturale di una inarrestabile sottoproletarizzazione materiale e morale di vasti strati sociali, in qualche modo e prima tutelati dai benefici marginali del welfare state, dai resti sotto la tavola della società dei consumi e del relativo benessere di massa.
Come per tutti, nel quadro politico che attualmente governa l’Unione Europea, guardando anche a quello che avverrà nei prossimi mesi in alcuni stati membri come la Germania dove si svolgono le elezioni per il Cancellierato, anche per il Mezzogiorno è prioritario, suggerisce il Vescovo di Napoli, saper recuperare e rinnovare il proprio orgoglio territoriale mediterraneo, la peculiare identità storica e culturale plurale, aperta, dialogante, solidale, comunitaria elaborando una proposta unitaria e innovativa che sovverta le immagini vetuste di un Sud di briganti, malandrini, camorristi, ‘ndranghetisti e mafiosi, magari già pronti a mettere il cappello del malaffare sugli imminenti investimenti strutturali.
Da qui la delicatissima azione da svolgere per selezionare un nuovo ceto dirigente al servizio del bene comune, individuando le soggettività adeguate, competenti, preparate e necessarie per costruire un diverso sviluppo ecologico del Mezzogiorno, puntando cioè su una leva generazionale coinvolta in prima persona nel progetto di divenire ed essere leader e protagonista di un Mezzogiorno di respiro europeo che non ha perso le sue tradizioni di bellezza e umanità ma le ha sapute mettere a frutto in una stagione, impegnativa e inedita, di crescita e responsabilità.