Ecoreati, chi inquina non paga. Limiti (e conseguenze) della riforma Cartabia: ne parliamo con la deputata Rossella Muroni

7 agosto 2021, 08:00 Imbichi
Rossella Muroni (foto via Facebook)

L'emergenza climatica ed ambientale è sempre più sentita, e si moltiplicano le iniziative per ridurre l'inquinamento e favorire una transizione verso tecnologie innovative e sostenibili. Al contempo, però, chi inquina e danneggia l'ambiente non va in contro a pene certe.


di Francesco Placco

Sversamenti di liquami, quando in mare quando in fiumi, torrenti o terreni agricoli. Smaltimento illecito di rifiuti pericolosi, interrati in campagne o in piena città. Inquinamento diffuso di terreno e falde acquifere a causa del mancato recupero del percolato. Abbandono indiscriminato di rifiuti di ogni genere su terreni demaniali. Abusivismo edilizio. Modifica irreversibile del paesaggio tramite sboscamenti o svettamenti di colline. Discariche abusive. Ed in ultimo, come purtroppo è evidente negli ultimi incendi, incendi boschivi che minacciano pericolosamente l’abitato ed uccidono flora e fauna.

Sono questi solo alcuni dei più noti ecoreati, quelli più chiacchierati e conosciuti dal grande pubblico, per i quali basta sfogliare le pagine di un giornale per trovare decine e decine di casi. Ne leggiamo quasi ogni giorno, e sembra che non ci si stupisca più di tanto, quasi come fossero diventati una cosa “normale”.

Il tema ambientale è tornato in auge negli ultimi anni, ma nonostante l’interessamento generico si fa ancora troppo poco per contrastare i crimini ambientali. Una sorta di “zona franca” che nonostante gli appelli sembra essere inviolabile, e che con l’ultima riforma sulla giustizia diventa ancora più impenetrabile.

Non è mai gradevole fare un elenco della gravità dei reati. Cercare di definire cosa sia “peggio”, dare una scala gerarchica: tutti i reati vanno perseguiti, ma se c’è una critica diffusa alla recente riforma Cartabia è quella di creare reati maggiori e minori, di serie A e di serie B. L’esempio per eccellenza è dato proprio dai reati ambientali: da crimine da contrastare senza se e senza ma, sono stati derubricati e “sottomessi” ai tempi – puramente indicativi – posti dalla riforma. Ed il rischio, neppure troppo velato, è quello di garantire l’impunità nella maggior parte dei procedimenti.

Nel corso del voto alla Camera dei Deputati, è stata “smantellata” in pochi minuti una battaglia durata vent’anni, che nel 2015 portò all’approvazione della legge sugli ecoreati. Per soli 5 voti i delitti contro l’ambiente saranno sottomessi alla tagliola dell’improcedibilità. La politica – compresi i suoi esponenti calabresi – si è voltata dall’altra parte, sacrificando ancora una volta il tema ambientale sull’altare della propaganda, magari proprio in vista di una imminente campagna elettorale dove l’ambiente tornerà al centro di programmi, slide e dirette social.

Ma non tutta la politica, perché c’è anche chi ha detto no. Ecco allora che abbiamo deciso di contattare l’unico gruppo parlamentare che ha votato apertamente contro la riforma non per strategie politiche o partitiche, ma per l’evidente torto in campo ambientale. La deputata Rossella Muroni di FacciamoEco ha ribadito in corso di votazione l’errore madornale che si stava per compiere, ma il suo appello è caduto nel vuoto. Abbiamo deciso di contattarla per farci spiegare il perché del suo voto contrario, e come si ripercuoterà, concretamente, la nuova riforma in campo ambientale.

Nella riforma riforma Cartabia, approvata lo scorso 3 agosto alla Camera ed in attesa adesso del voto al Senato, è stato commesso quello che è stato definito “un errore madornale” denunciato in più occasioni, ripetutamente, ma purtroppo caduto nel vuoto. Di cosa si tratta, che tipo di errore è stato commesso?

Noi di FacciamoEco chiedevamo che i reati ambientali, i cosiddetti ecoreati previsti dalla legge n.68 del 2015, fossero inseriti tra quei reati per cui non è prevista l’improcedibilità. Ossia che per questi delitti, al pari di quelli per mafia terrorismo droga e violenza sessuale, non fosse prevista la tagliola di tempo che la riforma Cartabia introduce. Cioè, una volta passato il primo grado di giudizio, in appello si hanno 2 anni di tempo e poi in cassazione 1 anno per compiere i 3 gradi di giudizio. La stessa richiesta, fuori dal Parlamento, l’hanno fatta con un appello al governo e alla maggioranza Legambiente, Libera, Gruppo Abele, Greenpeace, WWF e molti cittadini.

Gli ecoreati sono i delitti contro l’ambiente, contro gli animali, contro le persone, ricordiamolo. Soprattutto quando si parla di disastro ambientale parliamo di storie di territori in cui, ad esempio, vengono seppelliti veleni che poi vengono piano piano fuori dal sottosuolo, ma sotto forma di malattie per gli abitanti. Penso alla vicenda della Terra dei Fuochi, o anche a vicende che riguardano la Calabria.

Il traffico illecito dei rifiuti, l’abusivismo edilizio, altro tema purtroppo presente anche in Calabria, o gli incendi boschivi di questi giorni. Ecco, per tutti questi reati ci sarà molto meno tempo per fare giustizia. La legge sugli ecoreati è stata fortemente voluta da associazioni, società civile e cittadini e ci abbiamo messo vent’anni per farla approvare, è una legge in nome del popolo inquinato. Con il Ddl di riforma del processo penale si depotenziano egli ecoreati, che con l’improcedibilità diventano ‘un’arma spuntata’. Prima che venisse approvata nel 2015, le Forze dell’Ordine, i magistrati, usavano proprio questa espressione: “Noi abbiamo le armi spuntate verso la criminalità organizzata che delinque in campo ambientale”. La legge Realacci sui delitti ambientali è stata pensata anche per andare incontro alle esigenze di magistratura inquirente e Forze dell’Ordine che avevano bisogno appunto di nuovi strumenti per combattere le ecomafie e la corruzione ambientale, che spesso vede protagonisti imprenditoria senza scrupoli e funzionari pubblici disonesti.

Ecco, su questi fronti delicatissimi, la riforma Cartabia ci fa fare un enorme passo indietro. Quelle sui crimini ambientali, infatti, sono indagini molto complesse, in cui il dato scientifico, gli approfondimenti, le perizie di parte, richiedono tempi lunghi. Mentre con questa riforma, se il ricorso in appello dura più di due anni, decade tutto il processo. Paradossalmente ai cittadini inquinati, a quel punto, non rimarrà che ricorrere in sede civile con ulteriore dispendio di soldi, tempo e burocrazia.

Ecco perché è una grande ingiustizia, un grande errore quello che è stato compiuto da governo e maggioranza.

Di esempi di ecoreati ce ne sono molti da nord a sud, in particolare anche nel sud Italia ci sono numerosi elementi, tra cui gli incendi boschivi degli ultimi giorni, che tuttavia non sembrano essere particolarmente sentiti in questo momento, anche dalla popolazione (intesi come veri e propri reati ambientali). Secondo lei, come è opportuno agire per sensibilizzare la popolazione, in particolar modo nel Sud?

Se da una parte sulle questioni ambientali c’è una sensibilità crescente, dall’altra quanto sia profondo il danno dei delitti contro l’ambiente lo si capisce solo sulla propria pelle o parlando con le popolazioni che subiscono la presenza di una discarica abusiva, o che si sono viste inquinare le acque. Storie che si leggono sui giornali, che purtroppo spesso bisogna vivere in prima persone per capire quanto un’offesa all’ambiente sia un reato non solo verso il singolo cittadino ma contro l’umanità – così l’ho definito intervenendo in Aula alla Camera. Perché, specie nel caso del disastro ambientale, non solo si fa un danno all’ambiente, ma si danneggia anche la salute dei cittadini di oggi e soprattutto si mette a rischio la possibilità di un territorio e dei cittadini di domani di crescere e di svilupparsi nel benessere e in salute. Quindi davvero un crimine contro l’umanità.

Alla Camera, lo ripeto, creso si sia fatto un errore madornale. Nella mia dichiarazione di voto, spiegando alla ministra Cartabia perché FacciamoECO votava contro la riforma, ho lanciato un appello al governo, provando a chiarire la gravità dello sbaglio ed evidenziando che nessuno avrebbe dovuto permettersi di mettere in discussione una legge fortemente voluta dei cittadini. Con questa riforma governo e maggioranza hanno sostanzialmente “tagliato le gambe” ad una legge che il popolo ha atteso per oltre venti anni e che quando è stata approvata, nel 2015, è stata davvero una grande conquista.

La riforma Cartabia renderà più complicato indagare su quello che è successo ed arrivare ai 3 gradi di giudizio in tempo utile, ad esempio, nella vicenda del centro olii di Viggiano in Basilicata, così come tante inchieste. Ricordo che nel 2019, secondo i dati del rapporto Ecomafia 2020 di Legambiente, in Italia sono stati 34.648 i reati ambientali accertati, in media uno ogni 4 ore. In Calabria 2.963, l’8,6% del totale, sono state 2.531 le persone denunciate, 47 le persone arrestate e 974 i sequestri. Come si evince dai numeri è un fenomeno che ha una sua consistenza. Ma, a differenza degli altri reati, i delitti ambientali non si consumano solo qui ed ora: si consumano anche nel futuro. Cioè, per definizione non possono essere prescritti, mettiamola così.

Visto che in questo periodo si parla molto di “transizione ecologica”, e c’è comunque anche una maggiore attenzione verso questi temi: secondo lei, questa riforma mina in qualche modo alla transizione ecologica che anche l’Italia, come paese, sta cercando di fare?

Io penso di si, anche perché la dobbiamo vedere in combinato disposto con il decreto sulla governance del Pnrr e le Semplificazioni. Che in Italia sia necessario semplificare gli iter burocratici, come dire, ormai è saggezza popolare. Peccato però che con questo decreto si sono semplificate maggiormente le norme per le grandi opere impattanti: quelle che, per intenderci, nel Sud come nel resto del Paese attraggono gli appetiti della criminalità organizzata (e non dico una cosa sconosciuta né offensiva verso nessuno, gli abitanti ed i cittadini del sud sanno benissimo che cosa succede quando si apre il cantiere di una grande opera, tanto più se pubblica).

Quindi abbiamo semplificato questo settore, ma contemporaneamente non sono stati aumentati i livelli di controllo, neanche quelli ambientali, e adesso con la riforma Cartabia abbreviamo i tempi della giustizia.

Insomma, sicuramente è un po’ più facile di prima compiere un illecito ambientale. E il rischio potrebbe valere la candela, perché il combinato disposto tra semplificazioni, controlli non rafforzati e depotenziamento degli ecoreati potrebbero far pendere la bilancia dalla parte dell’impunità.

Come gruppo parlamentare, dopo questo “smacco”, questo mancato ascolto alla Camera: quali sono i vostri prossimi obiettivi? L’impegno da portare avanti fino alla fine della legislatura?

Il nostro obiettivo è di continuare a denunciare quello che non va e a fare proposte concrete. Non dimentico che siamo in mezzo ad una pandemia, e che questo è un Governo voluto dal Presidente della Repubblica con un appello drammatico, quindi voglio essere assolutamente responsabile ma, come ho detto in Aula, non credo di dovere lealtà al Governo. Come deputata della Repubblica sono leale verso i cittadini e le cittadine italiane, quindi sicuramente l’impegno è continuare a fare proposte e, contemporaneamente però, denunciare dall’interno cosa succede, quali sono le occasioni perse o gli errori commessi.

Più a lungo termine penso che sia importante vedere la legge di Bilancio. Noi di FacciamoEco faremo delle proposte molto precise sul fronte ambientale, dell’innovazione, della formazione, della sostenibilità sociale e della transizione ecologica, metteremo il Governo di nuovo alla prova su questo.

E seguiremo con attenzione tutta la partita del Pnrr e delle riforme, svolgendo con rigore il ruolo di parlamentari, proprio come dice la Costituzione. Continueremo quindi a dare il nostro contributo, figlio di una cultura ecologista radicata, pensando non a interessi di parte ma all’interesse del Paese.