A chi potrebbe rassomigliare, dolce dolce mentre piccina piccina racconta le sue belle fiabe dell’antichità, fatina fatina che incanta chi la segue convinta di tanta strabiliante sapienza, ammaliati dallo stile sobrio e seccagno di Margherita Corrado S.P.Q.R. (Senatus Populus Quirites Romani) sempre intenta a ricamare all'uncinetto quei suoi video social prodotti con tanta cura come la pasta fatta in casa dalla Sora Lella e poi gustati dalla sottostante plebe in osteria, ovvero dal gran seguito di massa sulla sua pagina di diario Facebook?
di Giovanna Fichera
Somiglia realmente a una vera “romana de Roma” e non certo a una “burina” sfigata a Palazzo Madama come, invece, vorrebbero far credere certe “invidiose” sue colleghe a cinque stelle, perché non paga più l’obolo fruttifero al partito del “Marchese del Grillo”; le stesse che se la spassano sull’onda lunga della spazzatura intonando le strofe der Piotta. Ma ci ritorneremo presto ... perché comunque vada sarà un successo, anche se gli altri so’ coatti fino all’eccesso.
E siccome la sua vita alta e parallela con quella dei suoi elettori crotonesi non è riuscita a trovare un nesso adatto alla sua eccellenza, adesso tocca a lei battersi coi leoni der Colosseo, sti’ coatti che fanno per tre ma se tu sei potente io so più sapiente…
Alla fine però, la Corrado in lizza per diventare sindaca de Roma fa un po’ tenerezza, perché di tutto dovrebbe parlare ai romani tranne che di Seneca, Cicerone, Tacito…
Per cui, meglio restare ai tempi de noartri, e cioè accontentarci della poesia del Trilussa, perché infondo somiglia davvero a una romana, non una matrona dei Gracchi, non un’Agrippina della gens di Nerone, ma coraggiosa mentre “brucia Roma, brucia Roma!” la calabrisella sembra proprio la Magnani di Mamma Roma di Pasolini, che recita vispa l’aforisma di Trilussa:
“La lumachella de la Vanagloria, ch’era strisciata sopra un obelisco, guardò la bava e disse: già capisco che lascerò un’impronta ne la Storia”.
E per farlo ha dovuto rinunciare con strazio e dolore alla sua natività illustre e crotoniate, lei, figlia di Zeusi, sorella di Teano, amica di Pitagora, chiamando in soccorso il Sindaco vigente per chiedergli, piangente e sottovoce, il cambio di residenza e la rinuncia alla cittadinanza crotonese. Era obbligata dalla Legge.
Lei, sempre coerente, pronta a rispondere moralmente a tutti i suoi elettori, che tanta messe di voti le avevano tributato per portarla nell’Olimpo dei Pentastellati.
Più veloce di un fulmine di Giove, ecco il buon sindaco recarle in dono i documenti necessari per la presentazione alla candidatura a sindaco di Roma, con la definitiva cessazione della sua gloriosa cittadinanza crotoniate.
Come fosse una dea, Hera o Demetra che sia, ora si aspetta l’atto deliberativo, con cui suggellare la monumentale intitolazione della piazza principale alla senatrice Corrado Margherita, per il tanto, intenso impegno parlamentare profuso per il castello di Carlo V, la chiusura dello stadio Ezio Scida, l’erba nel parco di Capocolonna, il definitivo affossamento del progetto Antica Kroton, l’elezione del Sindaco Voce.
Perché quello che abbiamo visto fin qui altro non è che un episodio della serie: prendi i voti e scappa!
Direbbe Woody Allen, stiamo assistendo a un pessimo pseudo-documentario, che dà l’idea di quanta incoerenza e falsità si nasconda nelle parole delle finte fatine di un tempo che fanno politica all'antica.
Anzi giurassica, quella del divo Giulio, “a frà, a sora mia bella ma che te serve?”, cioè da scavo archeologico, con monete, bronzetti, diademi, anfore, bracciali alla bisogna da portare in dono a qualche re di Roma, magari, per trovare posto e sistemazione nelle teche della prossima mostra al Museo Barracco.