Cataldo Intrieri il giurista calabrese contro la pericolosa convergenza degli opposti populismi referendari

23 agosto 2021, 18:50 100inWeb | di Vito Barresi
Cataldo Intrieri

La bonomia e la fisionomia sono il lascito indimenticabile del suo papà e della sua mamma. Quelli che in tanti nella sua città d’origine, a Crotone, riconosceranno come il timbro degli Intrieri, la famiglia del preside, il papà di Cataldo, memoria che ha accompagnato la crescita di qualche generazione di giovani e ragazze, pronti ad abbracciare l’esercizio dell’olio di gomito pomeridiano sui libri delle medie e delle superiori.


di Vito Barresi

Insomma, la family del giurista qui in “soggettiva” è un po’ la foto ricordo della meravigliosa avventura della scolarizzazione di massa che ha fatto grande questa città del sud, portandola dentro il successo dell’Italia del dopoguerra e del boom economico, sulla scia della poderosa ondata della mobilità e del progresso personale, tutti a bordo dell’ascensore sociale.

Avvocato nel settore penale, presidente Lapec sezione di Roma, membro del direttivo della Società di Psicologia Giuridica, docente presso la Scuola Superiore Magistratura, Cataldo Intrieri, a buon titolo, si può attualmente annoverare non solo tra i più insigni giuristi calabresi contemporanei, un “continuatore”, almeno per comune appartenenza territoriale, di quella sequela variegata di studi e tradizione, una successione di lunga durata generazionale, che poi si consolida in una “immateriale” scuola di professori meridionali della Legge che, nello loro eterogenea diversità ideologica e politica, si raccoglie in grandi nomi, da Francesco Alimena a Bruno Chimirri, da Bernardino Grimaldi a Luigi Fera, da Maurizio Maraviglia a Titta Madia, da Luigi Gullo a Stefano Rodotà.

Ma anche come tenace avversario dei sei referendum sulla giustizia promossi e sostenuti dalla Lega di Salvini e dal Partito Radicale, da lui intesi come il paradossale “limite costituzionale del populismo forcaiolo della estrema destra, invalicabile anche per gli stessi radicali che 40 anni fa si schierarono con Enzo Tortora e con Toni Negri”.

Ma giusto per non cadere in quella “confusione di genere” a cui il catalogo storico potrebbe fare alludere, giova subito precisare che la posizione di Cataldo Intrieri sul referendum proposto da Radicali e Salviniani è limpida e stagliata tanto da scrivere (cfr. Il Foglio Quotidiano, 6 agosto 2021) che “chi oggi firma i referendum è probabilmente lo stesso pubblico che si schiera con Gratteri, De Raho e tutti i paladini del carcere ‘infinito’. Da questo eterogeneo pubblico di No vax antigarantisti senza un progetto e un’idea organica difficilmente può venire qualcosa di buono: lo scorpione giustizialista affogherà alla fine l’illusione garantista di chi se lo mette sulle spalle”.

È proprio questo suo pararsi davanti e in contrasto dei tanti, forse troppi ed enfaticamente medializzati, “non luoghi giuridici”, evidentemente, slegati non diciamo con la filosofia del diritto ma con la logica di quella Grundnorm, la norma fondamentale della legge e della democrazia, che suscita in Cataldo Intrieri ferma ripulsa e ragionata opposizione, indicandoli per quel sono e appaiono, piazze reali e ancor più virtuali in cui si celebra e sancisce la pericolosa convergenza tra due opposti populismi, quello della Lega e quello radicale”.

Viceversa il suo appoggio alla riforma del ministro Cartabia, da 'condividere e salutare con favore’, che introduce nel ddl il modello della ‘giustizia riparativa’, lo spinge a illustrare in sintesi cosa sia oggi questo concetto di ‘legge in azione', anche in base a un cenno di storia del diritto sulla sua genesi sociologica a partire dagli anni ’70, con esordio negli Stati Uniti e successivo approdo in Italia grazie a un libro di testimonianze analitiche sul terrorismo e 'gli anni di piombo’, scritto dal criminologo Adolfo Ceretti e dal gesuita padre Guido Bertagna.

Un diverso paradigma giuridico, quello di ‘giustizia riparativa’ che “vuol dire rifiutare il concetto di giustizia racchiuso nel solo lato della repressione, nella violenza ripagata con la sola violenza, quella della brutalità carceraria di cui ipocritamente si finge di sdegnarsi e di cui sbagliando si ritengono colpevoli i soli agenti di custodia’.

Grazie, dunque, all’impegno di Cataldo Intrieri, oggì chiunque potrà fare le proprie riflessioni su quanto è avvenuto in questi ultimi cinquant’anni in Calabria.

Cioè comparare la lotta alla ‘ndrangheta alla luce di un piano e di una logica alternativa al pensiero unico e totalizzante, propugnato da certa parte di magistratura al potere, della più brutale repressione, nella discutibile argomentazione di una fabbrica della Legge che si impone e si vendica, aggiungendo al dolore disperazione e odio, alle croci del supplizio comunitario ulteriori anatemi statali senza perdono, frantumando i criteri del diritto a pulsioni restitutive, le stesse che continuano a brutalizzare e violentare la Calabria e il Mezzogiorno, infine assecondando i principi della violenza primitiva, nel beffardo trionfo illogico della visione antiumana e fatalistica della mafia.