La bussola dell’ammiraglio Agostinelli e l’inchiesta del giudice Festa sull’oscura gestione del Porto di Crotone

26 agosto 2021, 15:30 100inWeb | di Vito Barresi

Dove segna la bussola dell’ammiraglio Andrea Agostinelli, nominato dal Governo Draghi, in testa al porto più discusso d’Europa che si slancia in mare dalla famosa Piana del Tirreno calabrese? Partiamo dal Porto industriale di Crotone, limite a sud-est della ciclopica Autorità Portuale di Gioia Tauro, forse la più grande d’Europa per estensione geografica. Bacino jonico per anni in mano a una misteriosa società a responsabilità limitata, denominata Isia Global Service, con sede nella Capitale, prima in via Flaminia poi nella più vip via Cola di Rienzo. Una società onnipotente, sembra con ampie coperture intelligenti, adesso apparentemente, improvvisamente, scomparsa nel nulla.


di Vito Barresi

Forse perché ora che c’è l’ammiraglio Agostinelli e le cose dovrebbero essere cambiate tutto d’un colpo, anche se l’andazzo al Porto di Crotone, dopo dieci anni misteriosi e oscuri di affidamento incondizionato dello scalo nelle mani di una strana società sembra più o meno uguale a quello di prima?

Sui rapporti intercorsi tra l’Autorità Portuale di Gioia Tauro e la ditta ormai “canaglia” Isia in odore di Servizi, tante domande senza risposta, ombre e dubbi, perplessità, persino omertà e “non ricordo”, mattoni di un muro di silenzio istituzionale, si proprio così dello Stato Apparato, denso come il fumo dei rifiuti tossici industriali nascosti nella vegetazione di un vasto retroporto abbandonato.

Attualmente, lo statino di Isia Global Service S.r.l. con unico socio appare in un dettaglio di procedura fallimentare che ne segnala la ragione sociale, il tipo di società, l’indirizzo romano, il codice fiscale, la partita Iva e il tipo di procedura cioè il fallimento dichiarato dal giudice delegato il 9 ottobre del 2020 con numero 251/2020.

Poi, ci vorrebbe la penna di Carlo Lucarelli o di Loriano Macchiavelli per lumeggiare questo autentico ed esemplare giallo mediterraneo” che ha virato la cartolina di un porto del Sud Italia, rimasto per oltre un decennio nella nebbia dei misteri e nella melma inquinata delle anomalie.

E, quindi, i due grandi autori di thriller avrebbero di che divertirsi leggendo i resoconti e i report degli investigatori che hanno ricostruito il profilo e la forma strutturale del monopolio della filiera delle biomasse a Crotone e nel crotonese (vedi Strongoli, Cutro e Roccabernarda) a partire dal ritratto di un uomo dal profilo professionale molto ambiguo e sfuggente e dalla configurazione del suo modello operativo, cioè di colui che hanno indicato come il “dominus” del porto di Crotone in questi ultimi 15 anni.

Il fascicolo, depositato negli archivi della Guardia di Finanza dello scalo pitagorico, riguarda Alfredo Leto, rappresentante legale di Isia Global Service, alla quale gli inquirenti che hanno condotto l’indagine, all’epoca a carico di altri funzionari dell’Autorità portuale di Gioia Tauro, tra cui uno di Reggio Calabria, già dirigente dell’area periferica di Crotone e successivamente quadro area di presidenza con qualifica Psfo (Port Facility Security Officer).

Un altro di Cirò Marina, segretario generale dell’area tecnica; e ancora un dipendente di Palmi, dirigente dell’area amministrativa; un impiegato di Rende, funzionario del settore Demanio; e, infine, un soggetto di Palmi, ex segretario generale.

In quelle pagine vengono minuziosamente dettagliate le fasi, i momenti e le occasioni di un descritto “rapporto distortotra Autorità portuale di Gioia Tauro e Isia, anche sulla scorta di un’intercettazione del dirigente dell’ente della Piana e un dipendente di Isia che proponeva vari escamotage per tenere occupate le banchine nel mentre il funzionario si mostra disponibile a firmare proroghe a soste temporanee senza nemmeno informarsi sul motivo che le giustificherebbe, cosa che avrebbe dovuto fare, ad avviso della Finanza, nella veste di deputato al controllo e alla sicurezza.

Tutte cose che sarebbero state riconducibili a un “monopolio”, termine utilizzato nell’informativa denominata Hybris, per aver gestito da sé la filiera di approvvigionamento del cippato da parte di Biomasse Italia Spa, che ha due centrali nel Crotonese, a Strongoli e Crotone.

L'inchiesta circa l'operato dell'Autorità Portuale di Gioia Tauro sul principale scalo ionico venne aperta dal magistrato Gaetano Bono, poi passata al pubblico ministero Alfredo Manca, due giudici in seguito trasferiti, per approdare sul desktop del magistrato Pasquale Festa, ravvisando una serie di omissioni reiterate nel tempo che avrebbero causato distorsioni nel mercato annichilendo le potenzialità dell' infrastruttura portuale crotonese.

In essa si adombra l'esistenza di un vero e proprio 'sistema porto' che avrebbe il totale controllo di un'infrastruttura strategica, in cui operano importanti multinazionali dell'energia che vanno dall'Eni a Syndial, dall'Agip ai grandi gruppi del settore eolico, anche in presenza di varie cosche della 'ndrangheta radicate nel Marchesato.

Nel 'sistema porto' sarebbe da includere pure l'amministrazione pubblica locale, vale a dire il Comune di Crotone, dove si svolge buona parte di quelle pratiche amministrative riguardanti licenze comunali, rinnovi di autorizzazioni, concessioni e quant'altra produzione documentale, oltre che attività di controllo e monitoraggio ambientale.

Ecco perché sarebbe il caso di far conoscere alla città e al consiglio comunale a quale assessore e ufficio competente sia stata assegnata, dall'attuale Sindaco Voce Vincenzo, la delega e l'incarico di seguire le attività portuali che potrebbe rientrare sia in quelle delle attività produttive, ora in testa al neofita politico ingegnere Luca Bossi, un esperto che secondo curriculum, vanterebbe nel settore delle telecomunicazioni marittime una forte esperienza, sia in quelle del settore 'Ambiente' ritenuta a se dallo stesso ingegnere propagandista dell'associazione 'La Collina dei Veleni'.