Calabria carbonizzata dal fuoco colonia del gas metano. L’invisibile lobby dei combustibili fossili ostacola i progetti di transizione ecologica

1 settembre 2021, 18:45 100inWeb | di Vito Barresi

La Calabria è una terra nelle mani della potente lobby dei combustibili fossili. In testa i grandi signori mondiali del gas metano, le società proprietarie delle principali reti di attraversamento del territorio regionale, le imprese di produzione, servizi e distribuzione energetica. Sono proprio questi cartelli oligopolistici che puntano a “concupire” la lauta “bacinella” dei fondi previsti dal Pnrr, quelli provenienti dal Recovery e dal Green New Deal.


di Vito Barresi

Per gli altri, intesi gli enti locali vari e le piccole e medie imprese ci saranno le solite briciole, i prevedibili finanziamenti a sponda e a pioggia per piccoli lavori di pubblica utilità, senza alcuna vera speranza di sviluppo ecologicamente sostenibile.

Il rischio concreto è che mentre il resto dell’Italia imboccherà l’autostrada europea della transizione ecologica, la Calabria, invece, della decarbonizzazione del territorio dovrà subire l’arroganza dei furbi profittatori di ogni colore che piangono lacrime di coccodrillo sulla mesta “carbonizzazione” antropocenica del bosco e della foresta regionale.

Sulla vera posta in gioco, quella sostanziosa e invisibile che sta al centro dei giochi di potere per diventare Governatore della Calabria, il montepremi finanziario disponibile per infrastrutturare tutto il settore regionale dell’energia idrica, metanifera, eolica, solare, forestale, minerale, compresi i rifiuti solidi urbani, nessuno parla.

Anzi se qualcuno dei potenti manager di ditte del calibro Eni, Snam, Italgas, Enel, Terna, A2a, Biomasse Italia, Marcegaglia, Veolia, ecc. ecc., propone qualcosa, i politicanti di ogni contrada gli fanno pure applauso e tanti complimenti, con il cappello e l’urna in mano.

Osservare le prossime scadenze politiche regionali volgendo lo sguardo agli scenari “oil&gas” del bacino euromediterraneo è un dovere ma anche una condizione necessaria per comprendere meglio gli interessi in campo, quelli in “piccioli” che si celano dietro la conquista di palazzo Germaneto.

Ecco perché tra gli appuntamenti in evidenza sull’agenda autunnale, la COP 26 fissata a Glasgow per il novembre 2021, è sicuramente quello di maggior spicco e importanza strategica anche per la vicenda regionale calabrese.

Le sfide poste dal cambiamento climatico richiedono di avviare e accelerare i processi necessari di transizione ecologica ed energetica, con scelte economiche chiare e senza ambiguità, in base all’obiettivo di limitare e non superare un aumento delle temperature medie di 2°C.

In Europa l’attenzione è alta circa gli esiti di questi colloqui poiché la vasta platea della cittadinanza, della rappresentanza istituzionale ed economico-sociale, attende posizioni chiare e non più controverse sulle politiche ambientali comuni.


Le 35 principali banche del mondo

hanno investito nel fossile

2.700 miliardi di dollari


Specialmente dopo il pesantissimo impatto di Covid-19, i cui effetti distruttivi e destrutturanti devono essere superati solo con adeguati programmi di sostenibilità e compatibilità ambientale, gli unici che potranno mettere in sicurezza la biovidersità e la vita, a partire da quella umana che è garante tecnica, morale, culturale, materiale e spirituale, della sopravvivenza pacifica di ogni specie animale, vegetale e minerale presente sul pianeta.

Tuttavia per le politiche di svolta ecologica non sarà facile vincere le molteplici e tenaci resistenze, tenuto conto che ancora oggi le principali 35 banche del mondo hanno investito nel fossile 2.700 miliardi di dollari e nell’ultimo anno, hanno aumentato del 34% i loro investimenti nella ricerca ed estrazione di petrolio e gas nell’Artico e del 134% nella ricerca ed estrazione di petrolio e gas offshore.

Nel corso della pandemia, il nostro Paese ha fatto registrare la seconda percentuale più alta di finanziamenti (3,8 miliardi di dollari, il 72% del totale) per i combustibili fossili delle economie del G7, secondo i dati forniti del Tearfund, l’Istituto internazionale per lo sviluppo sostenibile e SDA Bocconi School of Management.

L’analisi che ha soppesato i finanziamenti pubblici forniti dai paesi del G7 alle fonti fossili dall'inizio del 2020 al marzo 2021, purtroppo, conferma che carbone, petrolio e gas hanno ricevuto 189 miliardi di dollari di finanziamenti governativi, rispetto ai 147 miliardi di dollari per l'energia pulita. In Italia 911 milioni di dollari (17% del totale) sono stati destinati ai settori “verdi”.

Tanto da far commentare a Greenpeace che le pressioni esercitate sul governo dall'industria dei combustibili fossili sono riuscite a quadruplicare gli investimenti destinati all’idrogeno, lievitati da uno a quattro miliardi di euro attraverso l'inclusione nel Pnrr dell’idrogeno “blu”, che a differenza dell’idrogeno “verde” è ricavato dal gas fossile, confermando che la lobby dei combustibili fossili gode di una corsia preferenziale presso il Ministero della Transizione Ecologica, con una media di tre incontri a settimana, con Eni, Snam Enel sempre presenti a quasi tutti gli appuntamenti con il ministro Roberto Cingolani.