Fu Beniamino Andreatta ad offrirmi, con la generosità e la lungimiranza che erano in lui doti naturali, il mio primo incarico universitario ad Arcavacata, all’Università della Calabria, quando appena di ritorno dagli Stati Uniti un giovanissimo Mario Draghi si apprestava a fare i suoi primi passi nella carriera universitaria. Questo il ricordo svelato del Presidente del Consiglio, nel corso del suo intervento alla cerimonia di intitolazione dell’Aula magna di Bologna Business School al Ministro e uomo politico democristiano.
di Vito Barresi
Con un intervento non convenzionale questa volta Draghi si è lasciato andare ad una più calda rievocazione umana, che è poi il cuore di una sua riflessione di portata politica più ampia, richiamando i valori che Andreatta incarnava, evidentemente, all’origine di quel
“fascino straordinario che ha esercitato su di me, appena giovanissimo assistente, cioè qualcosa che è difficile dimenticare, perché non era un fascino solo di attrazione intellettuale ma anche un appello, un richiamo al rigore morale, tanto che quell’epoca della mia vita è stata una lezione di vita che non ho dimenticato.”
Andreatta - ha sottolineato Draghi - era uso dare un enorme valore alla vocazione dell’insegnamento tanto che nella storia dell’università italiana egli va annoverato non solo come un laborioso e alacre fondatore e creatore di istituzioni pubbliche, fondazioni scientifiche e culturali, istituti di studio e di ricerca, ma essenzialmente in quanto straordinario innovatore che
“ha trasformato anzi ha creato l’università di Trento, che a Bologna ha riformato la Facoltà di Scienze Politiche, ha fondato l’Istituto di Scienze economiche, e nel Mezzogiorno ha creato l’università di Arcavacata, in Calabria che ancora oggi è francamente una delle più belle università del Sud”.
Così, al netto dei prezzi d’inflazione di quella che si chiama la maturità, senza star lì una certa, filosofando pure sui perché, Mario Draghi, sempre tutto d’un pezzo, banchiere d’Europa, scopre dietro l’etichetta e il protocollo che, come propugnava Beniamino Andreatta (http://www.cn24tv.it/page/3409/il-sogno-di-beniamino-le-beatitudini-di-andreatta-il-magnifico-cattolico-che-immagino-un-futuro-per-la-calabria.html) nei suoi sogni concreti di grande realista democristiano.
Cioè che le istituzioni devono sempre evolvere nel futuro affrontando con coraggio i mutamenti economici e sociali, anche a costo di andare contro corrente e dire più no che sì, proponendosi costantemente e preliminarmente prima di tutto e sempre in quanto luoghi aperti, autentici open space, punti di inclusione e non elisione o esclusione, in cui accogliere le soggettività vive, la società contraddittoria, i problemi e le tematiche del pluralismo, la diversità dei punti di vista, i bisogni e le necessità sociali, non da smussare semplicemente ma da amalgamare nelle nuove sintesi, esercitando l’arte della confronto democratico, premessa del consenso e del governo della trasformazione.
Città emiliana che sollecita ricordi formativi indimenticabili, quasi come nel testo di una ballata Gucciniana, quella che poi sempre qui ti ritorna in mente, spizzichi di gusto e strofe di amicizia, vedi cara, le stagioni ed i sorrisi son denari che van spesi con dovuta proprietà vedi cara è difficile a spiegare è difficile capire se non hai capito già… tanto che il Presidente si concede al racconto biografico degli anni giovanili, pagine di trasognane rimembranza, quando
“la generosità di Andreatta ha anche toccato la mia carriera. Senza conoscermi personalmente, come era poi nel suo stile, prima mi segnalò per l’Università della Calabria e poi indicò a Federico Caffè l’esistenza di una posizione di Politica Economica alla facoltà di Sociologia dell’Università di Trento. E fu il mio primo incarico di ritorno dal MIT. Per inciso, un anno prima in quell'università si era laureato Renato Curcio e vi potete immaginare la difficoltà di adattare i modelli intellettuali del MIT a quel tipo di studenti, ma è stata un’esperienza straordinariamente fertile…”
Viene da annotare che a Bologna si ritorna sempre con toni e accenti di rari affetti e nostalgia. Frequentarla molto spesso, riandare al ritmo della vita intellettuale dell’università che era molto, molto vivace a quell'epoca, riconnettersi alla ricchezza culturale della città in quegli anni dove primeggiava la figura di Nino Andreatta è stato per Mario Draghi una vera sosta rigenerativa in questi mesi del suo impegno di governo.