La Calabria alle urne senza l’art. 49 della Costituzione. Democrazia bruciata dall’egotismo sfrenato del voto ‘ad personam’

25 settembre 2021, 12:15 100inWeb | di Vito Barresi

Chiunque voglia trovare la conferma empirica dell’assunto teorico secondo cui “la cattiva politica è sempre una contraddizione in termini”, basta che venga ad effettuare qualche giorno di “osservazione partecipante” in Calabria per valutare l’andatura scialba di una disordinata, confusionaria e nullificante campagna elettorale regionale, la prima in Italia che si svolge quasi alla fine dell’emergenza sanitaria, istituzionale e sociale, imposta al Paese dal dilagare incontrollato delle infezioni Covid-19.


di Vito Barresi

In Calabria la convulsa e disgregante moda della “movimentizzazione” qualunquistica della politica ha finito per abrogare materialmente l’articolo 49 della Costituzione che recita:

“tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Sono saltate tutte le antiche marcature, i partiti non contano un beato cavolo. Tutta la campagna elettorale si sta avviando a conclusione in un surplace irreale, una specie di ultra dimensione di “folle anarchia”.

Siamo all’acme ma senza apoteosi di un macroscopico epifenomeno di “egotismo elettorale”.

Lo stesso che si può leggere negli slogan stinti e passatisti, nelle loro immagini sui santini e sui manifesti murali, le pose, l’abbigliamento, lo stile propagandistico di quella che tra qualche giorno dovrà assumere il ruolo e le funzioni di nuovo ceto politico amministrativo, la classe dirigente della Regione Calabria.

In questo quadro “estetico desolante nessuno si salva, neanche i quattro candidati a Presidente che sono icone drammatiche del fallimento della politica italiana rispetto alla regione più inquietante del Paese e dell’Unione Europea.

Il sentimento prevalente che si intuisce, e a volte si riesce anche a cogliere netto e balenante, è una strana e febbrile attesa di uscire in pompa magna dal tunnel della pandemia, con squilli di tromba e canti alpini e partigiani, una catastrofe psicosociale con evidenti riflessi tutti da verificare e valutare sulla struttura e sulle forme stesse della libertà e della democrazia proprio in una regione al limite dell’umana convivenza civile, criminalizzata e criminalizzante, come la Calabria.


Dal “Franza o Spagna,

purché se magna” al

“partito unico della torta”


La politica italiana si presenta disarticolata, balbettante, insicura, un rabberciato carrozzone circense che scende da Roma per partecipare a una specie di periodica fiera delle vanità in mostra davanti ai social e ai media convenzionali.

I leader nazionali si trovano catapultati tra un volo di arrivo e uno di rientro da Lamezia a Roma, in una grande galleria della vacuità, un vuoto programmatico, ideale ed ideologico, comunicativo e relazionale, che li rende ancor di più ciechi davanti alla totale assenza di un personale politico sicuro, di uomini fedeli alla linea, in mezzo a figure occasionali, essi stessi chiamati ad affrontare il buco nero del sistema dei partiti al collasso, nel totale dissolvimento dello spirito di fazione.

Tutto sembra avvenire nella schizofrenica e angosciante attesa di salvarsi dal contagio, alla ricerca spasmodica delle folle scomparse, in una folle corsa ad accaparrarsi il voto “ad personam” da parte degli utili candidati da un versante e la conquista della maggioranza in Consiglio Regionale che garantirà ai “padrini” romani di portare in dote i tre delegati regionali per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica.

A tal punto da appigliarsi all’ipocrita declamazione di qualche ambigua appartenenza, tanto che chi stava da una parte ora sta da un’altra, nel mentre in altri casi si strumentalizzano vecchi e nuovi simboli, con un evidente abuso carrieristico, al fine della conquista di un posto al sole in Consiglio Regionale a Reggio Calabria o nella Giunta Regionale a Catanzaro, mirando alla pagnotta del sotto governo.

Capita così che anche quelli che prima urlavano e si stracciavano le vesti, gridando contro un presunto “partito unico della torta”, più prosaicamente definito “partito della pagnotta”, trascrizione odierna del detto guicciardiniano “Franza o Spagna, purché se magna”, si sono comodamente accucciati alla greppia del potere, assecondando l'andazzo che alla fine premia i soliti furbi che neanche si applicano alle fatidiche tre cotte.

Tra mancanza di progetto e trionfo possibile del proprio tornaconto elettorale si entra nel pericoloso imbuto del rush finale di una competizione amministrativa regionale indetta e realizzata nella fase conclusiva dell’emergenza nazionale Covid-19.

Per salvare o guarire la Calabria dalla malattia cronica della democrazia ci vorrebbe qualcosa di veramente messianico e diverso per superare la logica dell’uno contro l’altro, cioè una politica intelligente e innovativa che sappia offrire qualcosa di vero, autentico nei valori, non cianfrusaglie false e dozzinali svendute su un mercato sottostante.

Per questo il baratro sarà, molto probabilmente, ancora più profondo tra chi andrà a votare e quanti diserteranno ancora una volte le urne.