Non capita tutti i giorni di avere un papa a Serra San Bruno. Anzi due nel giro breve di pochi decenni. Tanto che, avvenimento insolito, sembrò ad alcuni addirittura un impossibile, un troppo, comunque un segno della Provvidenza, a dir poco quasi miracoloso. Prima Giovanni Paolo II, fu il venerdì 5 ottobre del 1984, poi ancora per incomprensibile quanto gioiosa sovrabbondanza di grazia, suonarono le trombe per quei boschi, uno squillo rimbombato solenne tra quelle mura antiche, racchiuse nel loro religioso silenzio secolare e naturale.
di Vito Barresi
Certosa luogo speciale dello Spirito, fondata da quel monaco venuto a vivere nei territori calabresi tanto incantato di bellezza che non sapeva come lodare scrivendo al suo amico francese Radolfo le Verd, se “per la piacevolezza dell’aria, della temperatura e della sicurezza, o della vasta e piacevole pianura, distesa a lungo tra le montagne, dove sono i prati verdi e i pascoli fioriti” godendo “una vista di colline che si innalzano dolcemente da ogni parte, e un arretramento di valli opache, con una bella abbondanza di fiumi e torrenti e sorgenti” come si legge in latino, nel testo di S. Brunonis, Ep. ad Radulphum, “Lettres des premiers Chartreux”, Sources chrétiennes, Paris 1962, a pagina 68.
Nella splendida nicchia ecologica delle Serre vibonesi, era di domenica, il 9 ottobre del 2011, dieci anni fa (QUI), ecco scendere dal cielo il manto bianco del Santo Padre Benedetto XVI che volle far tappa, dopo Lamezia Terme, alla Certosa di San Brunone.
Qui, nella Chiesa del Santo che iniziò la sequela certosina nella Chartreuse di Grenoble, Joseph Aloysius Ratzinger pronunciò con la tipica dolcezza litanica della sua voce inconfondibile, rispettosa e tremolante, parole profetiche, toccanti, che rilette oggi più che mai riecheggiano quel che poi sarebbe stato il suo storico, inaudito abbandono del soglio di San Pietro:
“Sono venuto qui, cari Fratelli che formate la Comunità certosina di Serra San Bruno, per dirvi che la Chiesa ha bisogno di voi, e che voi avete bisogno della Chiesa. Il vostro posto non è marginale: nessuna vocazione è marginale nel Popolo di Dio: siamo un unico corpo, in cui ogni membro è importante e ha la medesima dignità, ed è inseparabile dal tutto. Anche voi, che vivete in un volontario isolamento, siete in realtà nel cuore della Chiesa, e fate scorrere nelle sue vene il sangue puro della contemplazione e dell’amore di Dio”.
“Stat Crux dum volvitur orbis – così recita il vostro motto. La Croce di Cristo è il punto fermo, in mezzo ai mutamenti e agli sconvolgimenti del mondo. La vita in una Certosa partecipa della stabilità della Croce, che è quella di Dio, del suo amore fedele. Rimanendo saldamente uniti a Cristo, come tralci alla Vite, anche voi, Fratelli Certosini, siete associati al suo mistero di salvezza, come la Vergine Maria, che presso la Croce stabat, unita al Figlio nella stessa oblazione d’amore”.
In quella sua riflessione sul senso straordinario della vita contemplativa, alla quale Dio chiama, in ogni epoca della storia, le anime generose, vi era forse da scorgere il qualcosa che verrà, il sedimentarsi nella profondità del suo animo, l'anteprima e l’annuncio di una era nuova dello Spirito Santo nella Chiesa, con l'avvento di un inspiegabile, misterioso, enigmatico dualismo tra un papa attivo e un papa contemplativo?
Angolo di paradiso in terra, giardino di splendore e luce mediterranea dove i certosini inquadrati nell’ordine fondato, orsono quasi un millennio d’anni, dal 24 giugno del 1084, ancore oggi conducono una vita “nascosta in Cristo” in un punto ormai perenne in cui spazio e tempo diventano memoria non solo dell’origine storica dell’eremo, ma della vocazione profonda e sincera dei monaci chiamati a “dedicarsi al silenzio e alla solitudine della cella” allontanandosi “dalla tempesta di questo mondo nella sicura e serena stabilità del porto”, nella piena contemplazione del sacro con letizia e gioia interiore.
Neanche noi calabresi che abitiamo di dipresso alla Certosa talvolta riusciamo a comprendere a pieno quanta preziosa risorsa mentale, sapienziale, persino sociale, relazione, politica, evangelica c’è dentro questo giacimento dello spirito, che è unico al mondo, ma riservato a pochi “uomini forti (pauciores enim sunt contemplationis quam actionis filii) chiamati a formare una sorta di scolta avanzata nella Chiesa, con il loro quotidiano lavorio sul carattere, impegnandosi a ottenere il pieno superamento di se stessi e a coltivare i germi di ogni virtù, nutrendosi copiosamente dei frutti celesti”, ebbe a osservare con il suo proverbiale e incisivo giudizio Giovanni Paolo II.