Per la Calabria last train home? In uno dei più recenti “ritratti glamour” che effigiano il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, i calabresi hanno potuto apprendere via social che il “novello” Governatore, oltre a lavorare anche di domenica, preferisce quale mezzo di mobilità piuttosto il treno che altro, partendo spesso e di buon mattino dalla stazione cosentina in Vaglio Lise per quel di Roma Termini.
di Vito Barresi
Scelta, evidentemente, molto “eco-friendly” assolutamente condivisibile e che si auspica sia prodromica di una dovuta quanto “rapida” attenzione per la disastrosa condizione in cui si trovano le strade ferrate regionali, specialmente il versante jonico.
Carte e vento volan via nella stazione, case intraviste da un treno, lasciano immaginare che, dondolato dal vagone, il calviniano viaggiatore abbia avuto tutto il tempo di leggere e approfondire il report di Nino Costantino, segretario Cgil dei ferrovieri della Calabria, sullo stato indecoroso della principale infrastruttura della mobilità civile di questo ultimo lembo d’Italia.
A dire del sindacalista sarebbero infatti “quarantotto i guasti sulle linee ferroviarie calabresi, per 2.377 minuti di ritardi per 415 treni, a cui si aggiunge la cancellazione di 94 treni e la soppressione totale di altri 40 mezzi, tanto da chiedere ‘un cambiamento tra i dirigenti’ e una ‘nuova strategia aziendale”.
Senza nulla togliere a quel che manca e non funziona sulla dorsale Adriatica, volgendo lo sguardo su una disarticolata e persino pericolosa stazione di Lamezia Terme, a quella di Vibo, e fin giù alle altre importanti fermate fino a Villa S. Giovanni, gli squilibri, la mancata programmazione reticolare, l’assenza di una vera e funzionale interconnessione tra città e territori della regione, appaiono evidenti a fronte degli enormi investimenti effettuati a favore della stazione di Paola e Sibari, con in mezzo Castiglione Cosentino e persino Cosenza.
Ma è sulla ferrovia Jonica che, a mio parere, dovrebbe essere implementata l’attenzione e il lavoro di Occhiuto, perché è questa e non altro lo scandalo e la vergogna della Regione Calabria, in quanto emblema negativo, simbolo nazionale della diseguaglianza tra la Calabria e il resto del Paese.
Su questa linea ferroviaria succede di tutto come in un film d’epoca.
Lo raccontano i tanti lanci di cronaca che ora sono autentici capitoletti di un romanzo che nulla invidia all’epopea ferroviaria dei pionieri ottocenteschi da cui si possono trarre veri e propri stralci a puntate per uno sceneggiato sui vecchi e nuovi viaggiatori della strada ferrata non elettrificata che va da Taranto a Reggio Centrale.
Tra latitanti in fuga, mandrie e greggi che scappano dai recinti e dagli ovili almeno c’è il brivido di sentirsi sul set di un bel western all’italiana.
Cose indimenticabili che hanno fatto perdere ogni speranza agli utenti e alle popolazioni locali come quando avvenne che un treno regionale delle Ferrovie dello Stato, in transito tra Roccella Ionica e Riace, nel Reggino, intorno alle 8.15 del mattino, fece strage di ovini.
Circolazione ferroviaria interrotta, disagi per i viaggiatori. Numerosi i capi di bestiame travolti dal convoglio 3743 proveniente da Reggio e diretto a Crotone.
Sul posto tecnici delle Ferrovie dello Stato per la rimozione delle carcasse degli animali morti. Circolazione ferroviaria sulla linea Reggio Calabria-Catanzaro Lido ripresa alle 11.30. Cancellati tre treni regionali e forti ritardi per altri cinque.
Questo il diario quotidiano di una ferrovia solitaria dove fischia il vento dell’abbandono e della dismissione. Eppure si contano fior di contratti di Programma tra lo Stato e Rete Ferroviaria Italiana (Gruppo FS Italiane), realizzazioni e finanziamenti di interventi strategici.
Con molto ma molto pessimismo pensiamo che Occhiuto si dovrebbe muovere nella giusta direzione di dotare la Calabria di una rete ferroviaria e di una mobilità all’altezza di una qualsiasi regione europea.
Per farlo magari può invitare Draghi a farsi un giro come Zanardelli agli albori dello stato unitario, affacciarsi sulla riva sud di un’Italia dove non fischia più neanche la locomotiva di un treno a vapore.