L’accelerazione economico e sociale italiana che avvenne all’indomani della seconda guerra mondiale fu allevata all’insegna del risparmio e alla ricerca del bene rifugio per eccellenza, la casa. L’ondata di entusiasmo economico che si registrò dopo gli anni ottanta del secolo scorso, venne stimolata diffondendo nella società occidentale il valore del consumo a qualsiasi costo usando carte di debito e finanziamenti rateali, in questo modo la cultura americana del debito veniva innestata in modo innaturale su quella italiana del risparmio.
di Natale G. Calabretta
Quello che sta succedendo, a cui stiamo assistendo, nel primo ventennio del XXI secolo è un conflitto ideologico tra due mentalità in economia: la mentalità finanziaria e la mentalità dell’economia reale la quale ha una visione molto pratica e tangibile e che vede l’Italia tradizionalmente schierata su queste posizioni di pragmatismo economico e che, per cultura e storia, si rivolge e considera la casa, la propria abitazione, come un bene principale il simbolo della realtà: la casa come sicurezza e indipendenza nel presente e base solida da lasciare alla future generazioni.
Questa visione pragmatica del mondo, questa necessità di concretezza tipica della mentalità diffusa negli italiani dal dopo guerra ad oggi, appare stonata e pericolosa nei riguardi del desiderio di controllo e di un programmato livellamento verso il basso della società messa in atto, ormai da decenni, dall’Unione Europea e dalle forze politiche globaliste seguaci del Nuovo Ordine Mondiale seguaci dell’ideologia neofeudale enunciata a Davos dai potenti oligarchi sovranazionali della terra: “… non avrai nulla e sarai felice…”
Non è un caso, infatti, che recentemente l’Unione Europea abbia dato indicazione al governo italiano di attuare la riforma del catasto da attuarsi entro nel 2026 e che ovviamente non ha solo un fine statistico come lo stesso Primo Ministro Draghi si è affrettato a sottolineare, tanto è vero che su una mera “questione statistica” il Governo era pronto a porre la fiducia alle Camere per far passare il controverso articolo 6 della legge delega fiscale, ossia quello che riguarda la riforma catastale.
Risulta inverosimile e ridicolo tentare di far credere che nel pieno di una crisi internazionale, con l’inflazione alle stelle e aziende e famiglie in ginocchio, il governo sia pronto a cadere se non gli consentono di svolgere un’indagine “statistica”.
Resta poi da spiegare agli italiani come possa ridursi a mera “statistica” l’aggiornamento degli estimi catastali poiché da questi discendono le rendite degli immobili e quindi le tasse da pagare sulla proprietà.
Il progetto di
una vera e propria
patrimoniale
In realtà il governo dei “migliori” sembra decisissimo a procedere, costi quel che costi, all’approvazione della riforma catastale che “ci chiede l’Europa”, ponendo le condizioni per un aumento della tassazione sul bene rifugio per antonomasia, la casa, fino a renderla insostenibile per molti proprietari fiaccati dalle distruttive politiche pseudo-pandemiche e dai recenti effetti suicidi delle sanzioni.
Il progetto, ovviamente, è quello di una vera e propria patrimoniale che colpirà i proprietari delle case alzando il reddito imponibile; ciò servirà, in un primo momento, a compensare i tagli sul costo del lavoro dipendente, il cuneo fiscale, ma poi i prevedibili inasprimenti fiscali sulla proprietà immobiliare serviranno ad estinguere una volta per tutte la categoria tipicamente italiana dei possessori di case.
Ormai l’intento è chiaro: quella anomalia tutta italiana mal sopportata dall’Europa dei possessori di case diffusi in tutti gli strati sociali e su tutto il territorio nazionale è definitivamente, dichiaratamente sotto attacco.
Non è un caso infatti, che proprio in questi bui periodi del governo Draghi, si è fatta circolare una bozza di una direttiva dell’Unione Europea che prevede una riqualificazione energetica totale delle abitazioni che dovranno diventare ad “emissioni zero” entro il 2050.
E ancora, per andare velocemente in questa direzione, la stessa direttiva impone che le abitazioni dovranno essere portate in classe energetica E (la penultima delle classi energetiche) entro il 2027, in classe energetica D entro il 2030 e il classe energetica C entro il 2033; se queste tempistiche di adeguamento non verranno rispettate le case dei privati e degli italiani in particolare, che le case le posseggono, non potranno essere né fittate né vendute.
Questo vuol dire che il valore di mercato del patrimonio immobiliare delle case degli italiani si ridurrà a zero: un vero e proprio esproprio.
È necessario sottolineare che, in questo momento, i due terzi del patrimonio immobiliare italiano ha una classificazione energetica inferiore alla D e la gran parre di queste sono in classe energetica G.
Quindi è facile immaginare lo sforzo finanziario che ciascuna famiglia o piccolo proprietario immobiliare dovrebbe affrontare per quei lavori di ristrutturazione dell’abitazione necessari ad effettuare il salto di classe energetica o l’adeguamento ai nuovi parametri energetici in scadenza.
Questa è una misura che se applicata favorirà enormemente la speculazione immobiliare perché la maggior parte dei piccoli proprietari non può affrontare quelle ingenti spese di ristrutturazione.
L’introduzione
del tanto seducente
Super Bonus
Tale meccanismo è stato in qualche modo anticipato dal governo Conte con l’introduzione del tanto seducente Super Bonus 110% che ha come scopo non tanto il miglioramento della qualità edilizia ma l’aumento la classe energetica degli immobili.
Come nelle migliori strategie fabiane, tutto sembra apparentemente positivo e lecito se non fosse che, ad esempio, l’Italia è terra a tipica “esposizione mediterranea” e per queste caratteristiche e per i consumi decisamente più bassi rispetto alla media europea, non risulterebbe affatto urgente tale investimento tecnologico sulle abitazioni, ma, pur tuttavia, lo Stato incentiva simili inutili interventi con finanziamenti superiori al loro valore (110% appunto) ottenendo il risultato di creare un bolla speculativa nell’ambito delle lavorazioni e dei materiali per l’edilizia e mettendo sotto esposizione finanziaria i proprietari di casa in caso del mancato raggiungimento delle performance energetiche previste dal finanziamento.
Non è un caso, infatti, che in questi ultimi due anni i costi delle materie prime in edilizia abbiano registrato rincari di punta fino al 400% con un aumento medio di oltre il 170%; alla luce di questo regime di prezzi, è prevedibile che il mercato e i fornitori di materie prime favoriscano la creazione di pochi grossi clienti (banche, assicurazioni, finanziarie, grandi gruppi immobiliari, etc.) sufficientemente solidi dal punto di vista finanziario che gli assicurino loro i pagamenti ai nuovi prezzi di mercato delle merci fornite. Tutto ciò a scapito dei piccoli proprietari.
Ovviamente a conferma del fatto che anche il Super Bonus 110% fa parte della sottile ed inesorabile strategia di esproprio, si è reso necessario smuovere l’inerzia dei possessori delle temperate case italiani, (una casa a Firenze consuma molto molto meno di una casa ad Amburgo), con un esogeno ed ingiustificato aumento improvviso dei costi dei vettori energetici come gas e corrente.
A questo servono gli spauracchi delle conseguenze delle sanzioni alla Russia e i futuri obblighi costituzionali derivati dall’improvvisa modifica ambientalista degli articoli 9 e 41 della Carta Costituzionale ispirati dalla “transizione ecologica” imposta da un più propagandato che probabile apocalittico cambiamento climatico.
Si dimostra così, con la messa in evidenza di questo “concerto di azioni di accerchiamento” alle proprietà degli italiani come la misura proposta dall’Unione Europea e le strategie messe in atto dagli epigoni del Nuovo Ordine Mondiale facciano parte, quindi, di una strategia lucida: passo verso il Grande Reset dell’economia che prevede la spoliazione della ricchezza della classe media per traferire questa ricchezza in pochi grandi centri di potere finanziario; un ulteriore grande passo per la riorganizzazione generale delle nostre economie con cittadini che sono e che dovranno essere sempre meno ricchi, sempre meno proprietari, sempre meno autonomi e liberi dal punto di vista economico e quindi sempre più dipendenti dallo Stato.