Come eravamo, come siamo. La pacata serenità del disimpegno

14 novembre 2023, 17:10 Opinioni&Contributi

Oggi, improvvisamente, mi ha assalito un dubbio, anzi “il” dubbio principe essenziale: noi, in realtà, cosa siamo? No, me lo chiedo perché, a prescindere dall’azione contro di forze malevole, abbiamo autonomamente perso interesse alla nostra stessa esistenza.


di Luigi Dell’Oglio

Siamo da tempo divenuti cultori delle abitudini meno impegnative, anche il nostro “particulare” si è derubricato a manutenzione del minimo possibile sindacale.

Non abbiamo slanci, non abbiamo sogni, non riusciamo più a pensarcial pluraleal futuro, ci siamo rincattucciati nella non impegnativa condizione di gregge, galleggiando in una palude orizzontale e stanza di mancanza d’immaginazione.

Ecco, la dimensione più accettata è la pacata serenità del disimpegno e della delega, che in malti casi ci rifiutiamo persino di conferire, accettando che altri se ne impossessino grazie alla nostra astensione.

D’altronde, basta considerare le percentuali di voto che fotografano il disinteresse di quanti sono ormai assuefatti alla propria irrilevanza e con essa trascinano nel baratro il diritto di cittadinanza di tutti.

Ora che questi pensieri gravino l’amarezza di una persona è fatto preoccupante ma marginale, grave è che queste considerazioni non trovino albergo nelle forze preposte al quadro politico nazionale.

Sorvolati i partiti attualmente al Governo, da sempre attenti a ben altre priorità censuarie, sconfortante è che il Pd, partito attualmente d’opposizione ma con un passato di dominante cultura politico-istituzionale, osservi distrattamente la società e le sue istanze reali.

Il sullodato partito non può ritenere che l’indirizzo d’un processo di governo della società passi unicamente attraverso l’individuazione di qualche leader in prova da proporre a sudditi di ritorno, né che le problematicità esistenziali di gran parte del popolo siano scandite dal riconoscimento di costumi sessuali all’avanguardia o da generici richiami pacifisti, lasciando fuori campo l’angoscia di quel 60% della popolazione impegnata a darsi una possibilità quantomeno di vita dignitosa o, addirittura, di sopravvivenza.

Si avrebbe più prosaicamente bisogno di qualcosa che dia speranza, che indichi un orizzonte possibile e rassicurante, che costruisca un domani comune e giusto, non i caporali che rastrellino semplici e derelitti per inquadrarli nell’acclamazione di un altro Duce e un altro Re”.

Ho sempre amato la Democrazia e la Libertà, ma oggi mi accorgo che sono ormai in troppi a non meritare né l’una né l’altra.

Sarà paradossale, ma a questa società disfatta andrà già bene se non sarà deportata in qualche lager pietroso in Albania ad attendere esami che stabiliscano se si è quantomeno utili per soggiornare in Italia o no!