Se la scuola è accusata di non fare il suo dovere: sei giudizi per ristabilire la verità, la versione dell’Abate Fabio Di Bona

20 gennaio 2024, 10:29 Opinioni&Contributi

Egregio Direttore, penso sia arrivato il momento di prendere carta e penna e far conoscere anche il punto di vista mio e, soprattutto, di tutti quei docenti che ogni giorno entrano in classe facendo tutto il possibile per educare al meglio i nostri ragazzi, nonostante, a volte, si trovino di fronte a realtà e situazioni molto complesse. Da uomo di scuola - professore prima, dirigente poi - ho sempre avuto a cuore l’educazione delle giovani generazioni e ho sempre cercato di mettere in pratica (si intende: con tutti gli umani errori che il delicato ruolo comporta) l’insegnamento di Don Lorenzo Milani. Ho sempre avuto come faro quella cura educativa di una scuola attenta e rispettosa, orientata a promuovere una forma di sollecitudine per l’altro. I care («ho a cuore, mi importa di te») recitava il cartello all’ingresso della scuola di Barbiana. I care è il motto mio e, ne sono sicuro, di quanti operano nell’Istituto che mi onoro di dirigere. Ciò premesso, vado al punto.


di Vincenzo Corigliano*

Il 31 agosto 2023 un quotidiano locale pubblicava un articolo, informando sulla non ammissione di una nostra alunna alla classe successiva. Quello che, a una prima lettura, sembrava un normale articolo di cronaca bianca, già nel sommario, però, evidenziava una grave inesattezza su quanto realmente accaduto.

Il sommario recitava così: «Accolto il ricorso presentato dai legali dei genitori. Per i giudici la bocciatura è da imputare all’inerzia della scuola».

Quale scuola? Si chiederà. Bastava scorrere di poche righe l’articolo ed ecco svelato l’arcano: «istituto comprensivo ‘Di Bona di Cutro’» con tanto di grassetto! Seguivano una serie di giudizi affrettati e mezze verità estratti dall’ordinanza del Consiglio di Stato - che si era espresso nel merito - decontestualizzate a tal punto da rischiare di impressionare e dirottare l’opinione pubblica verso quei luoghi comuni, ahimè non certo lusinghieri, che quotidianamente avvolgono il mondo della scuola. Il tutto inframmezzato dai nomi dei legali di parte ricorrente.

Risultato: da una parte la Scuola, l’Istituto scolastico “Abate Fabio Di Bona”, che non avrebbe svolto il suo dovere; dall’altra i difensori, moderni ‘Robin Hood’ pronti a portar giustizia laddove essa venga negata.

Conseguentemente, si sono generati intorno al mio Istituto sentimenti di disistima e voglia di rivalsa su dei docenti che non saprebbero gestire i bisogni dei ragazzi.

Ce ne siamo fatti una ragione, abbiamo tirato dritto e in silenzio; forti del nostro lavoro, in questi mesi abbiamo continuato a fare il nostro dovere, confidando che la giustizia ci avrebbe dato ragione. E così in effetti è stato.

C’è una cosa che più di tutto mi fa indignare e al contempo dispiacere: è la parola inerzia, che compare più volte nell’articolo citato. La Scuola sarebbe rimasta inerte davanti a un bisogno educativo speciale dell’alunna e l’avrebbe lasciata priva del piano individualizzato che in questi casi la norma prevede.

Sarebbe stato naturale, nell’immediato, intervenire per confutare quella parola e sostituirla con cura, dedizione, fatica, passione. Ho sempre desistito perché era la cosa più giusta da fare. Era giusto innanzitutto per l’alunna presa in causa: bisognava tutelarla e fare in modo che non subisse alcuna ripercussione da quell’insensato ricorso; era giusto per i docenti, che, anche davanti a qualche malcelato disappunto, seguitavano a lavorare con coerenza e dedizione; era giusto soprattutto in nome di quella legalità che noi che lavoriamo a scuola andiamo insegnando ogni giorno ai nostri ragazzi.

C’era stato un ricorso giurisdizionale? Bene: era nostro dovere di cittadini prenderne atto prima, e difenderci poi; e lo dovevamo fare nelle sedi opportune e nei modi più consoni, non certo strombazzando nella ‘pubblica piazza’ o dalle pagine di un giornale.

Aggiungo, per completezza, che i ricorsi, a partire da giugno 2023 e fino al mese di novembre, sono stati ben sei, tre al Tribunale Amministrativo della Calabria e tre al Consiglio di Stato.

Per ben sei volte il nostro Istituto è stato trascinato in giudizio e costretto a difendersi, a dimostrare, prove alla mano, che nel caso di specie ha operato correttamente.

Che poi è il nostro modus operandi: avere come obiettivo i ragazzi, i nostri alunni e la loro crescita culturale e umana. Ogni giorno ci armiamo di professionalità, impegno, dedizione, aggiornamento e formazione continui… non c’è niente di improvvisato, di non calibrato, di non pianificato.

L’insegnamento è una cosa seria e noi lo abbiamo dimostrato, anche in sede di gestione di un contenzioso alquanto spiacevole.

Conclusivamente, ad onor del vero, è d’obbligo far conoscere a quanti leggono che dei sei ricorsi pervenuti, tutti sono stati respinti dagli organi della Giustizia Amministrativa.

Solo uno, il secondo, si è limitato ad ordinare alla scuola di rivalutare l’alunna, cosa che l’Istituto ha prontamente fatto: l’alunna è stata rivalutata e nuovamente non ammessa perché gli obiettivi di apprendimento non erano stati raggiunti e, quindi, vi erano ancora lacune da colmare.

Tutte e cinque le pronunce hanno chiaramente evidenziato come la Scuola abbia sempre operato nell’interesse primario dell’alunna e nel rispetto della normativa scolastica vigente.

Infine, nel ringraziala per lo spazio concessomi, auspico che situazioni del genere non abbiano a ripetersi. Sarà la prova che la collaborazione costruttiva tra Scuola e famiglia avviene in modo efficace e, soprattutto, si riconoscerà alla Scuola, troppe volte bistrattata e scelleratamente depauperata, l’alto valore sociale che porta in sé.

*Dirigente Scolastico dell’I.C. Abate Fabio Di Bona-Cutro