Difendere le produzioni locali è importante per tanti fattori, che vanno dalla difesa dell'economia locale alla tutela ambientale. Ma al contempo la crociata contro i prodotti esteri è una foglia di fico dietro la quale nascondere una realtà che ci rifiutiamo di riconoscere: la maggior parte di ciò che mangiamo viene già da altrove.
di Francesco Placco
Nei giorni scorsi si è svolta una curiosa protesta organizzata da Coldiretti - alla quale hanno partecipato anche 200 agricoltori calabresi (LEGGI) - durante la quale all'associazione di categoria è stato permesso di partecipare a dei controlli delle forze dell'ordine nei pressi del passo del Brennero, che collega l'Italia all'Austria. Da li transitano ogni giorno merci (in entrata ed in uscita) per milioni di tonnellate e miliardi di euro.
I vari prodotti "intercettati" sono stati commentati dagli stessi agricoltori (LEGGI), che giustamente lamentano una produzione ed un'importanzione al ribasso che finisce inevitabilmente per avere ripercussioni sui prezzi di vendita e sul comparto. Al contempo, però, al netto dei toni sensazionalistici - si è parlato addirittura di orrori - nessuno dei tir fermati per i controlli avrebbe presentato irregolarità.
Ma il mondo è piccolo, è persino sul sito dell'associazione (QUI) è stato specificato il rinvenimento di un carico da 21 tonnellate di patate provenienti dalla Germania e dirette a Crotone. Si tratterebbe di patate stick precotte e surgelate, dirette ad una non meglio specificata azienda industriale del posto. Tanto è bastato per far gridare allo scandalo, perché il timore è che poi le patate surgelate possano essere spacciate come patate della Sila.
A questo punto, bisogna prendere un bel respiro ed affrontare un tema spinoso. Perché di fatto la quasi totalità di pizzerie, ristoranti e locali vari parla indiscriminatamente di "patata silana" quando serve qualsiasi prodotto da forno precotto (indipendentemente dalla provenienza). Ma davvero c'è qualcuno che crede che le patate tagliate a tocchetti e servite fritte un po' dovunque siano un prodotto locale? Davvero pensate che tutti quei patatàri (come amano definirsi loro stessi) fermi agli angoli di ogni strada vendano patate silane? Sembra quasi che i 73 mila ettari del parco della Sila siano tutti coltivati a patate.
I numeri però sono ben diversi. Come specificato in un articolo di qualche anno fa (QUI) in Sila sono coltivati a patate circa 800 ettari, che garantiscono all'incirca 300 mila tonnellate di patate igp all'anno. Dal conto ovviamente sono escluse le numerose altre coltivazioni non incluse nel marchio igp (ma ugualmente buone e valide) che si estendono in tutta la regione, anche a ridosso del mare: e spesso sono proprio queste patate ad essere poi spacciate come "silane", anche se coltivate lungo la fascia jonica.
Inoltre, vale la pena ricordare che le varietà di patate usate sono tutte varietà "nordiche", per usare il termine di Coldiretti. C'è infatti la varietà Agria (tedesca), la Ditta (olandese), la Majestic (scozzese), Marabel (tedesca), Desiree (olandese) e Nicola (che a discapito del nome, è sempre tedesca), tutte espressamente citate nel disciplinare di produzione (QUI). E non c'è da stupirsi, visti i numerosi incroci ed ibridi sviluppati nel corso dei secoli proprio da quei paesi che erano i maggiori importatori - e consumatori - di patate, vista la facilità con cui possono essere prodotte e conservate anche nei climi più rigidi.
Sarebbe utile sapere, a questo punto, se la produzione di patate (sia a livello regionale che nazionale) sia in grado di sopperire al nostro consumo. Un dato sicuramente interessante, per comprendere se il continuo aumento delle importazioni (QUI) sia dovuto ad un calo di produzione nazionale o ad una semplice questione di prezzi. Al contrario, sappiamo da almeno vent'anni che quanto lamentano gli agricoltori e l'associazione è una "stortura" del libero mercato. La stessa che ogni anno porta sulle tavole calabresi quintali e quintali di mandarini... spagnoli.
Ma d'altra parte, se si chiama libero mercato un motivo ci sarà. E sta proprio nella libertà di scegliere, che è messa nelle mani dei consumatori - sia come privati cittadini che come imprenditori - quando vanno a fare la loro spesa.