Ritorna, nuovamente, alla ribalta un argomento su cui si dibatte da tempo. L'idea, che si ritaglia sempre più spazio tra Catanzaro e Lamezia, è quella di un rilancio amministrativo del punto più stretto d'italia: l'istmo. Questa volta, a riproporre il tema è un'associazione lametina che promuove la volontà di costituire una nuova grande Città nella lingua di terra compresa tra il Tirreno e lo Jonio.
di Domenico Mazza
Mi hanno colpito molto le spiegazioni fornite dai referenti del movimento per il rilancio della prospettiva: "Dare un volto nuovo alla Calabria nella parte centrale del suo territorio".
Motivazioni affatto peregrine, piuttosto dettate dalla constatazione di un ritardo che l'area centrale della Calabria sconterebbe rispetto ai più emencipati contesti di Cosenza-Rende e della città metropolitana di Reggio Calabria. Si profila, quindi, una nuova narrazione finalizzata a costituire il primo ambito urbano della Regione. Quanto asserito, affinché l'area istimica ritorni in maniera dirompente nelle dinamiche decisorie del centralismo storico calabrese.
Lo stesso sistema di potere politico che, storicamente, ha caratterizzato la regione Calabria come territorio suddiviso a tre teste. Dunque — appurate una serie di variabili che nell'ultimo decennio avrebbero arriso alla città bruzia e a quella dello Stretto, contrariamente a quanto avvenuto su Catanzaro e Lamezia — è stato tracciato un segmento di pensiero per immaginare una rinascita del contesto centrale regionale.
In tutto questo ragionamento le aree direzionali della Regione (RC, CZ-Lamezia, CS-Rende), ognuna per propria parte (Reggio già Città Metropolitana, CS-Rende-Castrolibero prossime alle fusione amministrativa e CZ-Lamezia in procinto di porre le basi per la costituzione di una nuova Città dell'istmo), continuano a disegnare strategie politiche atte a mantene ruoli di centralità nei processi decisori regionali.
Le periferie joniche, invece, probabilmente perché ancora non consce di rappresentare un quarto dell'intera popolazione regionale, quisquiliano alla ricerca di qualche Santo a cui votarsi. Alludo al crotonese e alla sibaritide, storiche appendici marginali dei rispettivi centralismi storici.
Eppure, i dati raccolti nell’ultimo Rapporto Svimez sul reddito Irpef pro-capite non lasciano spazio a fraintendimenti: Crotone é ultima fra i capoluoghi e Corigliano-Rossano fanalino di coda delle città calabresi per reddito pro-capite. La prima registra circa 17mila e la seconda non va oltre i 14mila, a fronte di una forbice compresa tra 21 e 19mila euro pro-capite nei capoluoghi storici. Quanto riportato, dovrebbe invogliare le classi dirigenti joniche a studiare soluzioni per allontanare le due città e le comunità ad esse dirimpettaie dal ciglio del baratro. La creazione di nuova e più qualificata offerta di lavoro, dovrebbe essere un imperativo per frenare il dilagante depauperamento demografico di un contesto che oggi appare senza la benché minima prospettiva di crescita.
Anche un bambino capirebbe che, nel caso di Corigliano-Rossano, la sola fusione amministrativa non basta. Così come, nella contingenza pitagorica, non sarà certo la prossima reintroduzione del suffragio universale all'Ente intemedio a cambiare la narrazione dei luoghi. È quanto mai necessario un processo di risorgimento amministrativo che restituisca all'Arco Jonico la spettante centralità. È tempo che a Corigliano-Rossano si inizi seriamente a parlare di Capoluogo e a Crotone di allargamento di un succinto e impalpabile ambito provinciale. Se non altro, per costituire un embrione gestionale che possa, ragionevolmente, porsi come collettore tra i contesti lucano, bruzio e dell'istmo e come cerniera funzionale tra l'area dello Stretto e la Puglia.
È improcrastinabile porre le basi per la creazione di un humus direzionale lungo l'area compresa tra la Sibaritide e il Crotonese. I prossimi investimenti previsti in campo infrastrutturale, d'altronde, non arridono ai nuclei urbani jonici. I preventivati inteventi lungo la statale 106 non avvicinano le città di Corigliano-Rossano e Crotone. Ancora, lo scriteriato tracciato della nuova AV taglia fuori lo Jonio. È necessaria una presa di coscienza da parte degli Amministratori. C'è bisogno di più Stato lungo l'Arco Jonico…
C'è bisogno, soprattutto, di ristabilire processi di pari dignità ed equità territoriale tra l'estremo levante calabrese ed il resto dei territori regionali. Non è possibile assistere al solito riassunto che vede nella Calabria del nord-est la narrazione della cenerentola d'Europa. Bisogna avere il coraggio d’osare: servono idee sfidanti, non miserie progettuali. La politica si rimbocchi le maniche e provi a mappare un nuovo orizzonte di crescita sociale. Siamo in estremo ritardo, ma ancora in tempo per declinare una rinnovata prospettiva di rilancio che restituisca all'Arco Jonico sviluppo e benessere.