Lea e Lep: ecco perché l’autonomia differenziata sarà un disastro

22 giugno 2024, 13:08 Opinioni&Contributi

I Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) sono delle prestazioni tipo sanitario che lo Stato deve garantire a tutti i cittadini per una assistenza sanitaria efficiente. Sono un insieme di prestazioni che danno ognuno un punteggio e la sufficienza si raggiunge con 160 punti. Purtroppo l’ultimo punteggio della Calabria dei Lea è di 125 che denota una sanità regionale assolutamente insufficiente. I Lep sono invece prestazioni che lo Stato deve garantire a tutti i cittadini e riguardano sanità, istruzione, formazione, assistenza sociale, mobilità, trasporti etc. Fanno parte della legge appena approvata dell’Autonomia Differenziata ma la loro definizione e finanziamento è previsto entro 24 mesi dall’approvazione della stessa.


di Giacinto Nanci*

Per quanto riguarda i Lea (Livelli Essenziali di Assistenza) la Calabria ha totalizzato il punteggio di 125 che indica una sanità allo sbando.

La cosa drammatica è che questo punteggio è stato realizzato dopo 15 anni di applicazione del piano di rientro sanitario, dopo 13 anni di commissariamento e cinque di commissariamento di tutte e cinque le Aziende Sanitarie calabresi e dei tre maggiori ospedali regionali.

La domanda da porsi è: se la situazione della sanità calabrese è così drammatica dopo tutti questi anni di onnicommissariamento, i Lep di cui ancora sono da individuare bene sia le tipologie e ancora di più i finanziamenti quali altri danni aggiungeranno a quelli prodotti dall’applicazione dei Lea alla Calabria?

Il piano di rientro e i commissariamenti sono stati imposti alla Calabria perché spendeva per la sanità più soldi di quelli che riceveva. Ma se fosse stata una cattiva amministrazione dei calabresi i commissari, che per loro natura sono istituiti per brevi periodi in cui risolvono i problemi che altri non sono stati in grado di risolvere, avrebbero dovuto risanare la sanità calabrese da più di dieci anni.

Se non è stato così vuol dire che il problema non era la cattiva amministrazione ma altro. Ed in effetti il problema della sanità calabrese è il suo ventennale sotto finanziamento a fronte di una maggiore presenza di patologie croniche rispetto al resto d’Italia. Dove ci sono più malati invece di arrivare più fondi ne sono arrivati di meno.

La cosa grave è che di questo sotto finanziamento sono stati e sono al corrente tutti: Governi, Regioni e Conferenza Stato Regioni. A certificarlo ci sono, oltre i dati di statistica sanitaria, perfino documenti ufficiali.

Ne citiamo solo due. Il primo è il DCA n. 103 del 30/09/2015 in cui nell’allegato n. 1 alla pag. 33 l’allora commissario al piano di rientro ing. Scura scriveva “…si registrano (in Calabria) valori di patologie croniche intorno al 10% maggiori del resto d’Italia…”.

Visto che il DCA è fornito di tabelle si è potuto calcolare in 287.000 i malati cronici in più nei circa due milioni di calabresi rispetto ad altri due milioni di altri italiani.

Non il 10% in più bensì il 14,5% in più. E visto che i DCA dei commissari alla sanità calabrese prima di essere pubblicati devono essere vidimati dal governo, il n. 103 dell’ing. Scura è stato vidimato prima dal Ministero Dell’Economia (infatti è questo ministero che lo vidima per primo perché, per i governi, è più importante che sia un decreto che fa risparmiare) e poi da quello della Salute.

Della serie tutti sapevano e sanno che la Calabria a fronte di questi 287.000 malati cronici in più è la regione che ha ricevuto meno fondi pro capite in assoluto.

Il secondo documento certificatore è la stessa Conferenza Stato Regioni che nel 2016 ha fatto per come detto dal suo presidente on. Bonaccini...una parzialissima modifica al criterio di ripartizione di fondi sanitari alle regioni introducendo il criterio della deprivazione...”.


In Calabria

si muore prima

che non

nel resto d’Italia


Ebbene in base a questa parzialissima modifica alla Calabria nel 2017 sono arrivati 29 milioni in più e in tutto il sud ben 408 milioni in più. Fosse stata non parzialissima ma totale si potrebbero moltiplicare queste cifre almeno per quattro e per gli anni a seguire. Ovviamente la modifica non è stata né ampliata né riproposta.

Da notare che i calabresi per “risanareil presunto deficit sanitario sono quelli che pagano più tasse di tutti, infatti un lavoratore con un imponibile lordo di 20 mila euro paga 400 euro di Irpef in più di un lavoratore lombardo o piemontese e un imprenditore con un imponibile lordo di un milione di euro paga ben 10 mila euro in più di Irap di un imprenditore veneto o ligure, inoltre ogni anno vengono alla sottratti sanità calabrese dai 200 ai 300 milioni di euro per le cure fuori regione e l’aspettativa di vita alla nascita da quando è in vigore il piano di rientro, in Calabria, invece di aumentare è diminuito e a parità di patologia, specialmente tumorale: qui si muore prima che non nel resto d’Italia.

Se questo è il risultato dell’applicazione dei Lea basato in pratica sul concetto della spesa storica ci domandiamo con l’autonomia differenziata quali danni provocheranno i Lep che sicuramente verranno (chissà quando!) fatti in base al concetto della spesa storica e non in base ai bisogni delle popolazioni?

Verranno finanziati i 25 asili nido di Reggio Emilia e i soli 3 di Reggio Calabria a parità di popolazione? Se si farà così negli altri campi di applicazione dei Lep quali drammatici danni saranno fatti alle popolazioni del meridione?

Proposta: 1) per il Lea finanziare la sanità in base al numero delle patologie, oggi si sa quanto costa curare una malattia cronica, si sa quante malattie ci sono nelle diverse regioni e quindi basterebbe una semplice moltiplicazione, 2) per i Lep finanziare non in base alla spesa storica ma in base ai bisogni, ad esempio gli asili nido in base a numero dei bambini etc. per gli altri Lep. Ma abbiamo capito che la legge per l’autonomia differenziata non è stata fatta per questo scopo.

*Mediass, Associazione Medici di Famiglia