Crotone vive una condizione di emarginazione e sofferenza che non accenna a migliorare. La città è il fanalino di coda delle province su scala nazionale, bloccata da un centralismo che continua a privilegiare Catanzaro. Un destino simile tocca anche a Corigliano Rossano, tenuta sotto il giogo di Cosenza. Eppure, la creazione di una nuova provincia con doppio capoluogo, Crotone e Corigliano Rossano, rappresenterebbe una svolta storica per queste aree, risollevando le comunità costiere, spesso schiacciate dalle logiche dell’entroterra. Ma cosa si sta facendo per questo? Nulla.
di Matteo Lauria*
I due sindaci, accumunati dall’essere espressione di movimenti civici, avrebbero dovuto rappresentare una novità, una rottura con il passato e con le vecchie logiche del centralismo partitico.
Invece, la realtà è che non hanno mosso un dito per portare avanti una strategia di sviluppo delle aree costiere, sempre più sacrificate in favore di un centralismo che favorisce l’entroterra. La “politica valliva” continua a vincere, mentre le coste vengono lasciate indietro.
Chi oggi governa Crotone e Corigliano Rossano preferisce il silenzio, la comodità delle alleanze politiche tradizionali e il mantenimento dello status quo.
Eppure, la creazione della provincia Magna Graecia non porterebbe altro che benefici: nuove opportunità economiche, maggiore rappresentanza politica, omogeneità territoriale, il rilancio di territori che, pur avendo risorse e potenzialità enormi, vengono sistematicamente ignorati.
Si tratta di un’occasione storica che viene lasciata sfuggire. Crotone, da sola, non ha la forza per scrollarsi di dosso decenni di marginalizzazione.
Corigliano Rossano, da sola, non riuscirà mai a liberarsi del dominio di Cosenza. Insieme, però, potrebbero davvero fare la differenza. E non solo per i loro cittadini, ma per l’intera Calabria, che avrebbe finalmente due poli costieri capaci di trainare l’economia e la politica regionale.
La domanda, quindi, è una: perché non si sta facendo nulla? Perché i sindaci non si battono per questo progetto? La risposta è amara.
Sembra che non ci sia interesse a cambiare le cose. La politica calabrese è ancorata a un sistema che penalizza le aree costiere a vantaggio di un centralismo che oggi appare sempre più anacronistico.
E i sindaci, piuttosto che opporsi, sembrano assecondarlo, forse con la speranza di una carriera politica più lunga all’interno dei partiti. Bisognerà attendere le prossime generazioni per un vero cambiamento. Nel frattempo non ci resta che sensibilizzare.
*Comitato Magna Graecia