Da qualche giorno il licenziamento in tronco di una Dirigente del Comune di Crotone sta monopolizzando la curiosità di quanti, almeno per informarsi, seguono le vicende cittadine. E, dopo un primo momento di sadica curiosità pruriginosa, ci si è già resi conto che qualcuno deve averla fatta fuori dal vaso. Infatti, mentre le nebbie diradano, stanno emergendo nitidamente contorni se non proprio aberranti quantomeno grotteschi del provvedimento disciplinare.
di Diderotto
Premesso che, come affermato dal legale della Dirigente, il Segretario comunale cittadino ha inteso attivare la procedura prevista dall’art. 36 del C.C.N. della Dirigenza pubblica, la norma, a parere non solo dello scrivente, non pare applicabile ai vincitori di Concorso, come la Dirigente di che trattasi, ma ai Dirigenti di nomina fiduciaria, riservandosi ai vincitori di concorso l’iter della sospensione dall’incarico e dal lavoro fino all’esaurimento dei gradi di giudizio, come per gli ordinari dipendenti pubblici.
Ma, ciò detto, suscita sconcerto il fatto che, dopo aver gratificato la “licenziata” di incarichi sempre più gravosi e prestigiosi, anche nell’ultimo anno, si sia deciso di allontanarla proprio quando è stata pronunziata sentenza d’Appello di proscioglimento per intervenuta prescrizione, e, cosa ancor più eclatante, quando è passata la Riforma Nordio, con la cancellazione del reato di abuso di ufficio, reato per cui la Dirigente era andata a processo.
Ciò senza considerare il ricorso per Cassazione interposto dalla Dirigente contro il proscioglimento per intervenuta prescrizione vantando la legittimità di ogni suo atto e che, paradossalmente, non potrà produrre pronunzia alcuna stante la cancellazione del reato, con ciò cristallizzando la non perseguibilità della imputata.
Qual è allora il motivo scatenante l’ira funesta che ha prodotto il provvedimento di licenziamento in tronco? E, soprattutto, chi è l’autore vero dello sbrego giuridico?
Fossi Shakespeare mi verrebbe da dire che “c’è del marcio in Danimarca”, ma da tutt’altra parte!