L’inquinamento ambientale è uno dei problemi principali della società moderna; è una forma di contaminazione dell'aria, delle acque e del suolo con sostanze e materiali dannosi per l'ambiente e per la salute capaci di incidere sugli ecosistemi o di compromettere la stessa qualità della vita. Per porre rimedio ai danni prodotti al territorio si ricorre alla bonifica, che secondo la definizione della legge Ronchi è “un’operazione o una serie di operazioni condotte alfine di ottenere la rimozione da una determinata area della fonte inquinata e da quanto da essa contaminata fino al raggiungimento dei valori limiti conformi all’utilizzo previsto delle aree stesse”. Le sostanze inquinanti più frequenti sono i metalli pesanti e i composti organici. Crotone, in questo senso, è una città simbolo. Antimonio, Cadmio, Arsenico, Cobalto, Cromo esavalente, con un pizzico di radioattività, così, tanto per gradire. Questo, infatti, è il mix di veleni, tra i più letali per la salute, che si trovano nei pressi dell’ex fabbrica della Pertusola che, insieme a Montedison, ha rappresentato, fin dagli anni ’30, uno dei rari poli industriali del Meridione d’Italia. Veleni che qualcuno, l’Eni proprietaria delle aree in questione in testa, vorrebbe tombare, cioè, imprigionare in un sarcofago. Soluzione, questa, da molti paragonata a quella della massaia che mette la classica polvere sotto il tappeto, pensando che il non vederla più, possa risolvere il problema. Chi si batte da sempre per questa soluzione è l’associazione “Fabbricando l’avvenire”, composta da ex lavoratori delle fabbriche crotonesi, che si battono per assicurare giustizia ed assistenza a chi, per colpa di questi veleni, si è ammalato o rischia di farlo. Tra le attività di bonifiche, quella che è stata indicata per disinquinare l’ex area industriale, che è anche il sito dell’antica Kroton, è quello della fitorimediazione, che prevede l’utilizzo di piante con tecniche di depurazione basate su processi biologici. Sono altre, invece, le soluzioni prospettate dall’associazione. Del problema ambientale se n’è occupata a Crotone anche la magistratura, in particolare con il sostituto procuratore Pier Paolo Bruni,che ha sottratto dai cassetti un’inchiesta, denominata Black mountain.