Trame festival, “l’anti ‘ndrangheta esiste e l’Italia non lo sa”
Sul palco di Trame confronto tra Danilo Chirico ed Enzo Ciconte, moderato da Nuccio Iovene. Il dibattito è di natura storica e simbolica: l’importanza della memoria della ‘ndrangheta ma soprattutto della memoria dell’anti ‘ndrangheta, termine è relativamente nuovo.
Come spiega Chirico, al momento della scrittura del suo libro non esisteva un referente linguistico per indicare questa realtà fatta di moti sociali, battaglie, attori: la stessa ideazione del termine si pone con fare innovativo; e a cambiare è l’approccio stesso nei confronti del tema. Il problema di fondo è che non si porta memoria del passato di ‘ndrangheta e di anti ‘ndrangheta e, dimenticandoci degli eventi il passato si ripete. È importante porre le fondamenta per la memoria. È importante fornire i termini per riferirsi a questi concetti. La storia è piena di battaglie di anti ‘ndrangheta che sono state quasi vinte, di piccoli risultati che sono stati raggiunti. È importante ricordare, avvalorarle, ripartire da lì.
Ciconte nota come soprattutto i giovani siano quelli che fremono per conoscere di più questi temi. Sono i giovani che a suo parere stanno in prima fila ai suoi eventi, che vogliono conoscere per ricordare, capire, impegnarsi.
Pone il problema dell’anti ‘ndrangheta come lotta sociale, non delegabile alla sola magistratura: è già accaduto nella storia che in questa battaglia i calabresi non fossero lasciati soli e questo può e deve ripetersi. L’anti ‘ndrangheta ha un enorme potenziale di collante sociale, non solo a livello regionale e questo deve essere avvalorato. L’antimafia è stata forte nel nostro paese quando colpiva cose vicine al popolo, ha permesso che milioni di persone mantenessero la fede nella democrazia.
Uscito nel giugno 2021, l’ultimo libro di Chirico, “Storie dell'anti ‘ndrangheta”, ricostruisce i movimenti per l’occupazione delle terre, le lotte politiche e per il lavoro, le vertenze ambientaliste, le denunce della Chiesa, i conflitti sociali, i cortei studenteschi, le vicende personali e collettive di tutti coloro che in Calabria hanno combattuto una rischiosa battaglia contro la criminalità organizzata.
Il saggio raccoglie storie dimenticate, indica percorsi di lotta per il movimento antimafia non solo in Calabria o nel mezzogiorno, ma per tutto il Paese. È descritta una Calabria diversa, una Calabria che si ribella e lotta contro il male guardandolo in faccia. Il merito di Chirico è quello di evidenziare l’importanza di un fenomeno che è cresciuto insieme alla 'ndrangheta, un fenomeno che Enzo Ciconte definisce "imponente", capace di smuovere diverse realtà che parevano inaccessibili.
Ciconte, in prefazione, indica tre di queste realtà: la Chiesa, che per oltre un secolo non ha contrastato la 'ndrangheta facendo finta di non vederla; le donne, figure potenti che incitano i propri uomini a staccarsi dai loro mondi e collaborare per la lotta alla libertà e che diventano parte attiva delle proprie realtà assumendo ruoli importanti a livello politico; i minori, i figli di mafiosi e i tentativi di strapparli da quei contesti di criminalità che, in un certo senso, gli vengono imposti. Tra gli episodi narrati e analizzati è fondamentale la manifestazione “Reggio-Archi” del 6 ottobre 1991, una ricostruzione della tradizionale Marcia per la Pace "Perugia-Assisi". Chirico è nato e cresciuto nel quartiere Archi di Reggio Calabria, una delle capitali mondiali della ‘ndrangheta.
La sua è una generazione cresciuta in una “grande mistificazione” considerando normalità gli omicidi per le strade – “ne ammazzavano uno al giorno, nel 1991 in venti giorni ventidue omicidi”. Il ’91 è anche l’anno in cui si prova a rompere questa mistificazione a due facce: la prima locale, di calabresi su calabresi che considerano la ‘ndrangheta normale e l’anti ‘ndrangheta inesistente; la seconda, a dimensione nazionale, che considera i calabresi un ammasso indistinto di ‘ndranghetisti che non si ribellano alla criminalità organizzata.
Reggio Calabria ospita un corteo di decine di migliaia di persone che prese il via dal quartiere Archi, allora protagonista di una sanguinosa guerra di mafia, e cominciò a sfilare per le strade della città, rivendicando la pace e la liberazione dalla dittatura della 'ndrangheta.
Questo libro rivendica ed esalta l’antimafia calabrese e, come afferma Enzo Ciconte “quello di Chirico è un merito importante perché chi leggerà il libro vedrà venire incontro fatti minuti, sconosciuti ai più, fatti importanti che sono stati dimenticati, eventi dirompenti che hanno lasciato una traccia duratura e permanente”.
L’ultimo libro di Ciconte, “L’assedio. Storia della criminalità a Roma da Porta Pia a Mafia Capitale”, traccia invece un percorso sulla storia criminale di Roma, smentendo la teoria che a Roma la mafia non esista. Si riscrive la Storia partendo dall’Unità, scavando fra i documenti, affidandosi agli archivi, facendo luce sull’ “anima oscura” della Capitale. Evidenzia i mutamenti più significativi e l’insediarsi di varie realtà mafiose come Cosa nostra, Ndrangheta, Camorra, fino a giungere alla scoperta di quel “Mondo di mezzo” scoperchiato dall’inchiesta del procuratore Giuseppe Pignatone.
Oltre ad analizzare storicamente la mafia a Roma, si descrive il suo insinuarsi nelle istituzioni attraverso corruzione e intimidazioni. Rilevante da constatare è il fatto che la criminalità a Roma sia stata spesso volutamente non vista o sottovalutata. Si tratta di un fondamentale punto di contatto tra il testo di Ciconte e quello di Chirico, che hanno entrambi il grande merito di portare alla luce una realtà non semplice da definire a causa della natura mutevole del fenomeno mafioso. La ‘ndrangheta, la criminalità organizzata in generale, cambia i suoi metodi di azione, non uccide più.
Diventa sempre più complesso, dice Ciconte, descrivere mafie che si spostano, si radicano e agiscono in contesti molto diversi da quelli di origine, specie senza l’aiuto di una classe politica non responsabilizzata e incapace di imporsi nel rispetto della legge e nell’onestà intellettuale a partire dalla presentazione delle candidature nel clima caldo delle elezioni politiche regionali che a breve coinvolgeranno la Calabria.
Nella terza giornata di Trame festival è stato presentato l’appello “Salviamo una perla della costa tirrenica calabrese” lanciato dall’Associazione Pietro Porcinai e indirizzato alle istituzioni e alle forze economiche e sociali contro ogni speculazione diventi un polo di ecoturismo e sviluppo sostenibile. All’incontro in piazza a Lamezia Terme hanno preso parte Mara Filippi Morrione e Ilaria Rossi Doria dell’Associazione Pietro Porcinai APS onlus, e Nuccio Iovene, già Commissione Parlamentare Antimafia.
La battaglia per salvare il villaggio e il suo habitat è aperta e occorre che le istituzioni (dal Consiglio Regionale al nuovo presidente della Giunta, che sarà scelto nelle elezioni del prossimo autunno, agli enti locali), i partiti, i movimenti politici, le forze economiche e sociali, le associazioni e le energie interessate al riscatto e alla crescita della Calabria si pronuncino e si impegnino con determinazione per sottrarre all’abbandono il bene; si battano per proteggere le bellezze di questa terra e per valorizzarne le potenzialità rispettando – con scelte lungimiranti e coerenti – il suo patrimonio storico, culturale e ambientale.
L’Appello, è stato già sottoscritto da un centinaio di esponenti dell’associazionismo, della cultura e dell’informazione tra cui Piero Badaloni, Leonardo Becchetti, Piero Bevilacqua, Ilaria Borletti Buitoni, Gian Carlo Caselli, Luciana Castellina, Stefano Ciafani, Enzo Ciconte, Nando Dalla Chiesa, Vittorio Emiliani, Roberta Filocamo, Beppe Giulietti, Riccardo Iacona, Daniele Lorenzi, Marcelle Padovani, Tonino Perna, Andrea Purgatori, Sigfrido Ranucci, Pierpaolo Romani, Sandro Ruotolo, Marino Sinibaldi, Giuseppe Smorto, Walter Veltroni, Dario Vergassola, Andrea Vianello, Alberto Ziparo, Margherita Guccione e Riccardo Iacona.