Boom del cemento: aumenta l’erosione, in Calabria spariti 10 mila km/q di spiagge
Nel corso del convegno organizzato ad Amantea dalla Cgil per parlare di mare, depurazione e turismo, è emersa anche la questione legata all’erosione costiera dovuta ad un boom di cemento sulle coste calabresi, sia legale che illegale, che non accenna a diminuire, con il rischio di far scomparire per sempre le bellezze naturali della regione.
Un tema caro a Legambiente che da anni denuncia i danni rappresentati dal consumo di suolo sulle coste causati da una gestione scellerata del territorio, da interventi sulla costa che non hanno una visione e logica di insieme. Oltre a case vacanze, hotel e villaggi, proliferano anche molti porti turistici che spesso non hanno garantito alcun apporto allo sviluppo turistico, ma solo danni.
È il caso, per esempio, del porto a Campora San Giovanni, così come hanno affermato i sindaci di Amantea e Nocera Terinese che hanno preso parte all’incontro.
Oltre 10 mila chilometri quadrati di spiaggia sono spariti. Un dato preoccupante che dovrebbe interrogare sindaci e Regione che anziché governare il territorio, hanno lasciato in preda agli egoismi personali la nostra terra, depauperata sia a livello ambientale che economico.
LEGAMBIENTE: AGIRE SUBITO, CALABRIA È UN MALATO GRAVE
“Cosa accadrà alle tratte ferroviarie joniche e tirreniche che si adagiano sulla costa a pochi metri dalla linea di costa? Cosa accadrà, in termini economici, agli stabilimenti balneari ed alle strutture ricettive, la cui unica fonte di reddito si basa sul mare e sul turismo estivo?” chiede Legambiente Calabria. “Non abbiamo più tempo per aspettare programmazione e pianificazione" rincara il suo presidente regionale Francesco Falcone aggiungendo che "occorre agire subito: abbattere gli abusi, ripristinare la naturalità degli alvei fluviali, perché la Calabria è ormai un malato grave”.
L’indagine sul consumo del suolo che Legambiente Calabria ha presentato nel 2015, rivela che il 65% del paesaggio costiero è stato trasformato. Anche la morfologia della linea di costa è stata alterata, in maniera irreversibile, per ben 56 km. Dati allarmanti, quelli presentati da Legambiente nazionale nel dossier.
LO STUDIO: COM’È CAMBIATA LA COSTA IN 23ANNI
Legambiente ha analizzato la costa calabrese in un arco di tempo che va dal 1988 al 2011. Grazie alle sovrapposizioni delle foto satellitari è stato possibile fare un raffronto con quella che era l’occupazione della costa all’epoca e come si è evoluta nei 23 anni presi in esame.
Dall’indagine, si evince che in questo lasso temporale sono stati consumati 11 km di costa, e il motivo principale sta nella costruzione di seconde case e per attività turistiche. Questo fenomeno interessa in maniera piuttosto diffusa tutta la costa calabra, ma in particolare quella tirrenica. Da Reggio Calabria, fino al confine con la Basilicata, è un susseguirsi di nuove realizzazioni che hanno occupato vuoti, cancellato importanti aree agricole, intaccato paesaggi montuosi di rara bellezza, avvicinato i centri esistenti, densificato e cementificato in maniera irresponsabile un patrimonio naturale inestimabile.
Alcuni esempi si possono cogliere dai centri di Ricadi, Parghelia, Zambrone, Briatico e Pizzo. A questo fenomeno di diffusione di seconde case e complessi turistici, si aggiungono poi una serie di interventi di ripascimento delle spiagge e di nuovi pennelli frangiflutto, come lungo il litorale di Motta San Giovanni, Palmi, Gizzeria, Falerna, San Lucido.
La Calabria ha complessivamente un totale di 798 km di coste, dal Comune di Tortora Marina sul Mar Tirreno al Comune di Rocca Imperiale sul Mare Jonio che la separano dalla Basilicata. Oggi 523 chilometri (il 65%) della costa calabra sono urbanizzati e dunque trasformati da interventi antropici legali e abusivi. In particolare 56,8 km risultano occupati da infrastrutture, viarie e portuali; 205,5 km risultano occupati dai centri urbani principali, mentre 261 sono i chilometri trasformati da una urbanizzazione poco densa, diffusa lungo la linea di costa. Restano ‘liberi’, a rischio cementificazione, 119 km di suoli agricoli e 156 km di natura inalterata.
A questa prima analisi si è aggiunta, una seconda indagine che ha riguardato la morfologia della linea di costa: sono 614 i chilometri di spiaggia, 128 quelli di costa rocciosa, mentre ben 56, sono i chilometri di costa trasformati, in maniera irreversibile, con banchine e riempimenti legati agli usi portuali. Dati preoccupanti, soprattutto se si considera che in futuro, in mancanza di un'appropriata tutela, potrebbero scomparire altri tratti di costa e spiagge ancora libere dal cemento.