Linfoma non Hodgkin, a Reggio primo trattamento del sud Italia con cura sperimentale
È a Reggio Calabria la prima paziente del Sud Italia che, affetta da Linfoma non Hodgkin, è stata trattata con una cura sperimentale. La donna è stata infatti trattata con la cura di cellule CAR-T, una terapia cellulare estremamente avanzata che si basa sull’ingegnerizzazione dei linfociti T del paziente per aiutarli a riconoscere e aggredire le cellule tumorali.
“Si tratta di terapie che uniscono le tre tecnologie più d’avanguardia in campo oncologico: l’immunoterapia, la terapia cellulare e la terapia genica”, spiega Massimo Martino, direttore del centro trapianti midollo osseo (Ctmo) del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria.
Rispetto alle terapie “convenzionali”, le terapie genica con CAR-T permettono di ottenere remissioni complete anche in fasi di malattia molto avanzate. Essa rientra nell’ambito più generale delle terapie cellulari e si è sviluppata come expertise particolare del trapianto di midollo osseo. È dalla lunga esperienza nel campo dei trapianti, infatti, che si sono evolute e mutuate le conoscenze alla base delle terapie con CAR-T, ed è in questo settore della medicina che troviamo tutti gli specialisti coinvolti nella presa in carico del paziente.
Nel momento in cui i linfociti T modificati vengono re-infusi entrano in gioco diversi altri attori, in particolare il neurologo, il cardiologo e il rianimatore. È infatti fondamentale essere pronti a gestire le possibili complicanze, come la sindrome da rilascio di citochine e gli eventi neurotossici associati alla terapia, che possono essere anche severi.
Il trattamento intensivo del paziente, necessario in questi casi, è già previsto nel Programma Trapianti: quello che cambia nei pazienti trattati con CAR-T è la rapidità con cui si presentano ed evolvono questi eventi, per cui il paziente può andare incontro a un quadro di compromissione in poche ore. Lo staff deve essere preparato a intervenire tempestivamente e a prendere decisioni rapidamente. Se tutto va per il meglio e si ottiene una risposta alla terapia, il paziente viene inizialmente seguito da un medico esperto nei trapianti e poi affidato per il follow up nuova- mente all’ematologo che aveva posto l’indicazione iniziale.
I dati essenziali dell’intero percorso vengono registrati da un data manager, che dovrà anche trasferirli in un registro europeo che è stato reso d’obbligo dall’agenzia EMA per le aziende farmaceutiche produttrici dei CAR-T. È facile a questo punto capire perché sia stato proposto che i primi centri a partire in Italia con la terapia CAR-T dovessero essere i Centri Trapianto certificati a livello internazionale e con una ottima esperienza nella gestione delle forme più complesse di trapianti da donatore: non è una condizione sufficiente, ma è senza dubbio fondamentale.
Quello che serve affinché tutto funzioni è un coordinamento funzionale altamente regolato secondo procedure standardizzate, e una integrazione multidisciplinare strutturale. Le figure che si incontrano in questo percorso hanno, infatti, competenze specifiche – come la farmacia, la raccolta tramite aferesi, la manipolazione delle cellule e la gestione delle complicanze – e sono tutte necessarie, ma nessuna risolutiva se presa singolarmente. Insomma, nella terapia con CAR-T la multidisciplinarietà è assolutamente imprescindibile.
Pertanto, presso il GOM di Reggio Calabria è stato creato un CAR-T Team, cioè uno staff specializzato e preparato insieme a gestire il paziente, in un percorso specifico di formazione continua. Questo staff include tutte le figure citate, e in particolare ematologo esperto di patologia, ematologo trapiantologo, farmacista, neurologo, cardiologo e rianimatore. Alla base del quale c’è un’alleanza reale e profonda finalizzata alla cura dei pazienti.