Coisp. 17 maggio 1972/17 maggio 2012: 40 anni dopo “Per Ricordare” Luigi Calabresi
Riceviamo e pubblichiamo il comunicato del Coisp Calabria sull'anniversario dell'omicidio dl commissario Luigi Calabresi
“Ricordare alcuni uomini che hanno servito il Paese fino alle estreme conseguenze della vita, non è un semplice esercizio della memoria. È sentire nei gesti di ogni giorno il senso forte di un dovere che non viene dal semplice seguire le regole, ma dalla netta convinzione che non si è Poliziotti “contro” qualcuno, ma lo si è “per” qualcuno. Per una società che ha sempre meno punti di riferimenti. Si è Poliziotti a volte con la consapevolezza e la sensazione di occupare la postazione più scomoda all’interno di un meccanismo che ogni tanto si inceppa. Il Commissario Luigi Calabresi era questo.” – È quanto dice Giuseppe Brugnano, Segretario Regionale del Coisp – il Sindacato Indipendente di Polizia – in occasione del 40° anniversario della morte del Commissario Capo della Polizia di Stato Luigi Calabresi, dove il Sindacato ogni anno in Calabria ricorda ed onora la sua memoria. Il Commissario Calabresi venne ucciso il 17 maggio del 1972 in via Cherubini a Milano, proprio sotto la sua abitazione. Alcuni colpi di pistola alle spalle per il Commissario mite e discreto, da troppo tempo oggetto di odio feroce e di una campagna di stampa infamante. Luigi Calabresi, per il cui omicidio furono condannati gli ex militanti di Lotta Continua Leonardo Marino, Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani, fu ucciso non una, ma almeno due volte: una attraverso il linciaggio mediatico cui fu sottoposto e l'altra sotto il piombo dei sicari quel 17 maggio 1972.
“L’esempio di un Poliziotto che ad un certo punto si trovò in una posizione scomoda, parafulmine di evidenti mancanze – continua Giuseppe Brugnano - ascrivibili ad uno Stato che in quel momento stava perdendo la sua prima battaglia contro il terrorismo che insanguinò e purtroppo continua ad insanguinare questo Paese, ma Calabresi non abdicò mai al suo ruolo di uomo. Calabresi, racconta la storia, andava in giro disarmato, Calabresi cercava con tenacia la verità oggettiva senza farsi influenzare, Calabresi aveva il raro dono di saper ascoltare chiunque, anche gli ambienti della sinistra radicale con la quale, nonostante il suo lavoro di vice dirigente dell’allora Ufficio Politico (attuale Digos) della Questura di Milano, aveva instaurato un rapporto di reciproco rispetto. Ebbe la sfortuna di non essere sufficientemente ascoltato da chi, in quel momento avrebbe dovuto salvaguardare lui non tanto per salvaguardare l’uomo, e gli affetti più cari come la sua famiglia, quanto per tutelare quella verità a cui il Commissario si stava avvicinando. Una verità troppo frettolosamente archiviata e di cui solo una versione è stata consegnata alla storia per la fretta di mettere in atto un’opera di pacificazione che è rimasta a livello superficiale. Sarebbe facile e demagogico oggi, a 40 anni dalla sua morte, crearne un’icona.
Ma noi crediamo invece, da Poliziotti e soprattutto da cittadini, che oggi nel Paese non occorrano icone ma esempi per tutti. Non ci vogliono icone da commemorare, ma uomini e donne capaci di seguire questi esempi. E’ nel presente che vive e si perpetra il passato. Il sangue del Commissario Calabresi è stato cancellato dalla strada in cui fu versato, il suo volto sbiadito dal tempo trascorso, ma né lui né tutti gli altri nostri Colleghi caduti nell'adempimento del loro dovere, possono essere oggi “iconizzati” solo perché le coscienze di qualcuno si sentano più pulite. L’esempio del Commissario Calabresi – conclude il Segretario calabrese del Coisp - deve essere valorizzato e rilanciato nella società. Solo così si renderà il giusto tributo all'uomo prima e al Poliziotto dopo. Solo così quel sangue versato, dopo quarant'anni, non sarà più solo sangue di morte ma può diventare sangue di vita”.