Smaltimento illecito di rifiuti ferrosi nella Locride: 41 indagati

Reggio Calabria Attualità

Un'azienda e 41 camion, per circa 4 milioni di euro, sono stati sequestrati in un'indagine sullo smaltimento illecito di rifiuti ferrosi. Nell'inchiesta, condotta dal Corpo forestale dello Stato, sono indagate 41 persone, molte delle quali titolari di imprese e tra le quali diverse di etnia rom, accusate di violazione della normativa sullo smaltimento dei rifiuti. Il presunto traffico e smaltimento illecito di rifiuti ferrosi partiva da Marina di Gioiosa Ionica e vedeva coinvolte numerose ditte dell'alto Ionio reggino.

Dalle indagini, denominate ''Scrap Iron'', condotte dal Nucleo investigativo di polizia ambientale e forestale con il coordinamento del pm della Procura di Locri, Giuseppe Adornato, e' emersa l'esistenza intorno alla ditta ''Ferro e acciai Femia'' di Marina di Gioiosa Ionica, di una fitta rete di conferitori illegali di rifiuti speciali pericolosi e non. Dalle indagini e' emersa un'attivita' illecita diretta ufficialmente al recupero presso la ditta di un'ingente quantita' di rottami ferrosi per la produzione di materia prima secondaria per l'industria metallurgica, ma in realta' finalizzata allo smaltimento illecito di rifiuti. Nell'azienda, infatti, i rifiuti, portati da soggetti non autorizzati, secondo l'accusa non veniva svolta alcuna operazione per il recupero del materiale. Inoltre, presso la stessa ditta, secondo gli investigatori, veniva svolta l'attivita' abusiva di autodemolizione di veicoli fuori uso e la vendita di pezzi di ricambio usati. Il titolare dell'azienda, Francesco Femia, per trasformare i rifiuti utilizzava i documenti di una ditta individuale a intestata a lui stesso ed autorizzata ad operare nel settore delle autodemolizioni esclusivamente nella sede di Sala Bolognese (Bologna). Ingenti quantitativi di autoveicoli della costa Ionica venivano cosi' rottamati ufficialmente in Emilia Romagna anche se i rifiuti partivano direttamente da Marina di Gioiosa Ionica alla volta delle acciaierie. Questa attivita' consentiva agli indagati di raggiungere un duplice profitto evitando gli oneri dovuti per il corretto avvio a recupero/smaltimento dei rifiuti e il guadagno dovuto alla successiva commercializzazione del rifiuto. La Ferro e Acciai Femia, secondo l'accusa, dopo avere miscelato i rifiuti provvedeva alla sua commercializzazione verso imprese compiacenti individuate in Puglia e Basilicata.