di Vito Barresi
Ma l'inchino è di destra o di sinistra? La riverenza è bipartisan oppure bisogna usare qualche speciale bilancino per soppesare, comparare e infine farsi un idea di chi si genuflette? Insomma, a girare per processione, quasi si finisce di non avere più a che santo votare.
Dopo il caso di Oppido Mamertina, in tema di intricati e ombrosi rapporti tra Chiesa e 'ndrangheta, davanti a un vero e proprio patrimonio etnografico, un bacino di valenza antropologica universale, messo a rischio, secondo alcuni ultras della religiosità popolare di essere oggetto di una massiccia campagna di criminalizzazione, tanto da lanciare l'hashtag “#giù le mani dalle processioni”, qualcuno ha pensato di ripassare allo scanner e alla moviola tutta l'infinita sequela delle oltre mille processioni comunali e frazionali che nel corso dell'anno si svolgono in Calabria.
Da qui sta prendendo il via una spietata caccia ai volti dei politici, dei prelati e degli alti funzionari dello stato, noti e meno noti, locali, regionali e nazionali, magari colti in cilicio o in contrito pellegrinaggio. Da questo gigantesco quanto disordinato book, quasi esclusivamente in mano ai media locali e alle varie cine foto di paese, ecco saltar fuori dagli archivi iconografici la foto che ritrae il numero due del governo di Matteo Renzi, l'ormai potentissimo uomo di stato, Graziano Delrio, quando era sindaco di Reggio Emilia, in fascia tricolore d'ordinanza, immortalato in gloria per la cronaca, durante una missione diplomatico-municipale, proprio alla processione del Santissimo Crocefisso di Cutro, in Calabria. Una presenza considerata da alcuni arbitraria tanto da suscitare qualche scalpore. Come si sa Cutro non è certo il paese del Rio Bo di Palazzeschi. Sicuramente una comunità operosa, ricca di storie, memorie democratiche, presidi di straordinaria cultura materiale che vanno dall'argilla al grano, dal pane forno a legna all'olio d'oliva, purtroppo come tutte nel mondo, e specie in questa regione, condizionata dal crimine organizzato, da atavici insediamenti di 'ndrangheta, locale e familistica.
Perché l'ignaro sottosegretario Delrio rischiò di passare un vero guaio. Tutto raccontato in quel che adesso, dopo Oppido Mamertina, si presenta come un esemplare retroreport, la cui rilettura quanto meno lascia sorpresi. Il suo nome fu al centro di un pesantissimo pezzo apparso su Libero con la firma di Giacomo Amadori, sotto il titolo “Interrogato dalla Dda. Il ministro Delrio in processione nel Paese dei boss”. Qui si raccontava che in tanti in questi anni erano 'scesi' nella Calabria jonica a 'caccia' di voti per vincere le elezioni nella brumosa pianura padana.
Tra la via Emilia e il West, si concentrano oltre diecimila cittadini reggiani che vantano le loro origini cutresi. Il cronista annotava che tra i globe-trotter della preferenza unica, c’era pure l’ex sindaco di Reggio Emilia Graziano Del Rio, ministro e braccio destro di Matteo Renzi nell’opa sul Partito democratico. Lui a Cutro arrivò (ma è scritto 'atterrato') nell’aprile del 2009, alla vigilia delle elezioni per il suo secondo mandato. E fu per questo che la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, nel trascorso autunno 2012, lo audì come persona informata dei fatti (e non come indagato) nell’ambito di una complessa indagine di mafia. L’ufficio stampa di Delrio giustificò la visita a Cutro come un viaggio elettorale che “si svolse in un periodo di grande significato sociale e religioso per la comunità cutrese: la festa del Santissimo Crocifisso, patrono della città”.
Un monumento ligneo che, come avvenne per i grandi letterati Francesco Grisi e Carlo Betocchi, suscitò commosse parole e riveriti pensieri spirituali anche al primo cittadino dell'evoluta e laica Reggio Emilia esternate con gratitudine di cuore perché “alla città di Cutro ci lega una lunga amicizia, fondata sull’accoglienza reciproca e la laboriosità”.
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