Caro Direttore, ricorderai senz’altro il contenuto di una mia recente nota sui negozi cinesi (LEGGI). Negozi che, trattando qualsiasi settore merceologico, riescono a far abbassare le saracinesche a numerosi esercenti della nostra città.
Ma i prodotti di provenienza orientale si trovano anche nei negozi italiani. Basta andare presso uno dei tanti supermercati esistenti nella nostra zona per potere notare che, sugli scatoli di molti prodotti, in piccolo vi è la dicitura “Made in China”.
Però, tutto potevo immaginare meno che potessi acquistare, in un’affollata gioielleria della nostra città, e in pieno centro, un “gioiello” made in China. Forse, neanche il proprietario dell’attività saprà la provenienza del gioiello (vada il termine) vendutomi, per il fatto che lo ha comprato dalla Ditta “X”.
Società che si premura di far notare quale sia il successo per una donna contemporanea, munendosi di quei gioielli; elargendo ampia garanzia sul prodotto, elencando le istruzioni per la sua pulizia.
Ma, sul retro, la seguente inaspettata dicitura, stampata in un corpo di carattere piccolissimo: “X Gioielli” importa e distribuisce da “X Srl” Milano, Designed by “X” in Italy, Made in China “D.LGS 06.09.2006, n. 206”
Ho cercato di sapere, tramite Google, il contenuto del suddetto D.LGS; però, sarebbe sbagliata la data, dato che pare sia stato emanato nel 2005. L’argomento è il seguente: “Codice del consumo”.
Cosa dire a tal punto? Probabilmente ho comprato un piccolo oggetto (che, però, non regalandolo è rimasto a me) per 42 euro che, probabilmente, nei negozi cinesi, sarei riuscito a reperirlo (se non proprio identico, similare) per 7 o 10 euro.
Quindi, da oggi in poi, compriamo pure in gioielleria, però, avendo cura di leggere il contenuto del “bugiardino” inserito dalla società fornitrice.
Rodolfo Bava