Crotone e la storia “infinita” del Gravina, grazie agli studenti riesplode il caso della “scuola fantasma”

8 gennaio 2019, 17:54 Imbichi

La recente autogestione del Liceo Gravina, ancora oggi chiamato dai più “magistrale”, ha riacceso una polemica che va avanti da un decennio. L’istituto, frammentato in diverse sedi cittadine anche piuttosto distanti tra loro, aspetta da tempo un nuovo plesso scolastico, annunciato a più riprese e persino finanziato. Ma come al solito tutto è fermo, e nel frattempo i giovani studenti, assieme al personale scolastico, sono costretti a fare i conti con strutture inadeguate e disservizi, da tamponare di volta in volta.


di Francesco Placco

Quel piccolo grande gesto che è l’autogestione scolastica è molto spesso sottovalutato. Eppure, per gli studenti è importante poter disporre di un tale strumento, non solo per affiancare le attività didattiche a quelle laboratoriali e ricreative, ma anche per gridare a gran voce quelli che sono i problemi quotidiani, ai quali spesso si finisce per fare l’abitudine.

Ed è proprio grazie all’autogestione in corso al Liceo Gravina, voluta dai dirigenti scolastici e dall’Unione degli Studenti di Crotone, che è riesploso il caso della “scuola fantasma”, che fino a qualche anno fa era “scuola nomade”.

Una vicenda incredibilmente semplice impantanata da oltre un decennio: la costruzione di un nuovo edificio scolastico, annunciato dai primi anni 2000 e promesso a più riprese nelle campagne elettorali, nonché finanziato dalla Regione Calabria dal 2011. Ma il plesso ancora non esiste.

Una vicenda che si trascina da tempo, nella quale il sindaco Pugliese ha garantito una svolta decisiva nel corso del 2019 (LEGGI), prevedendo un avvio dei lavori per il nuovo plesso scolastico “a marzo”. Ci speriamo (e ci facciamo il consueto nodo al fazzoletto), perché studenti, docenti e personali si sono spesi per anni in denunce e appelli, quando per disservizi (LEGGI) quando per insicurezza (LEGGI). Insomma, sarebbe anche ora.

Oggi come ieri, l’attenzione mediatica sulle precarie condizioni dell’istituto fu creata proprio dagli studenti. Era il 2007 quando gli alunni decisero di inviare una lettera aperta non solo alla politica locale, ma anche ai ministeri, al prefetto, alla stampa ed ai media.

I problemi che lamentavano allora sono, incredibilmente, gli stessi di oggi: “La struttura risulta ormai inadeguata ai tempi e alle nostre esigenze… Aule spesso buie e spazi insufficienti che danno accesso direttamente sulla strada e laboratori che non sono idonei per lo svolgimento di attività didattiche”. Si chiedeva, in soldoni, un nuovo istituto, che permettesse di “vivere bene la scuola”.

Da quella “denuncia si avviò concretamente un iter di progettazione. Un primo progetto, presentato dall’allora direttore d’istituto, era già pronto, ma era prematuro: non si sapeva ancora dove costruire, anche se sin dal 2004/2005 si prevedeva la realizzazione di un’area scolastica nel quartiere Acquabona, dove già sorgevano altri licei.

Tutto si fermò per qualche anno, provocando numerose proteste e reazioni da parte degli studenti e dei docenti, come la grande manifestazione del 17 Aprile 2008 dove scesero in piazza tutte le classi dell’istituto accompagnate dal corpo docenti al completo.

L’anno successivo, il 21 maggio 2009, il Consiglio Comunale autorizzò una variazione al PRG, destinando un terreno alla costruzione del nuovo plesso scolastico. L’area venne individuata nei pressi dell’ex saponificio di Fondo Gesù, nelle vicinanze dei licei nel quartiere Acquabona.

Venne destinato un terreno di 14 mila metri quadrati, da sgomberare e bonificare. La notizia non venne presa positivamente, anche perché il progetto presentato dall’istituto prevedeva l’utilizzo di un’area di 32 mila metri quadrati, mentre quella individuata era molto più piccola.

Ma la risposta fu categorica: “non c’è motivo di preoccuparsi, che dirigenti e tecnici conoscono il loro mestiere”. Addirittura Sergio Iritale, all’epoca presidente della Provincia, cercò di rassicurare tutti con una promessa: “la nuova scuola sarà ultimata solo entro un anno”.

Ma da allora di anni ne sono passati ben dieci. Nel frattempo, si cercò di rattoppare con due sedi alternative: quella dell’ex Via Cutro, oggi Via Giovanni Paolo II, al bivio del quartiere Gabelluccia e proprio a ridosso dell’Esaro (in piena zona alluvionale) e quella di Via Acquabona.

Ma entrambe le strutture, fatiscenti ed in alcuni casi alla mercé della criminalità (LEGGI), non fecero altro che acuire il malcontento. Seguirono proteste e manifestazioni per tutto l’anno, e continuarono anche nel 2009, nel 2010 e nel 2011 (LEGGI).

Proprio il 2011 doveva essere l’anno della svolta. Dopo numerosi tentativi, nella metà di maggio si riuscì a sgomberare l’area dagli abusivi e dalle baracche, e si transennò il terreno per permettere l’avvio dei lavori. Questi iniziarono rapidamente e si fermarono con altrettanta velocità: nell’area emersero diversi reperti archeologici, alcuni risalenti all’antica Kroton, altri, più recenti, ad attività artigianali del XVIII secolo.

Un fulmine a ciel sereno, dopo tanti anni di attesa, che per un attimo vide in gioco un nuovo spostamento della struttura, che si sarebbe voluta costruire nei pressi di Poggio Verde.

Seguirono diversi mesi di silenzio, finché non intervenne la Regione Calabria, che sul finire del 2011 confermò la costruzione del nuovo plesso del Gravina in località Acquabona, dove erano iniziati i lavori. Ma all’annuncio non seguì nulla, se non ulteriori proteste degli studenti. La questione divenne più complessa, e la Regione si apprestò a stanziare ulteriori fondi per l’ammodernamento della vecchia sede del Gravina (LEGGI): era ormai chiaro a tutti che sarebbe passato molto più tempo del previsto, tanto da prevedere una variazione al progetto (LEGGI).

L’attenzione sul “caso Gravina” andò diminuendo, finché nel 2016 non arrivò un ulteriore boccone amaro: i fondi garantiti dalla Regione vennero revocati, in quanto stanziati e mai spesi.

Oggi si sta cercando di salvare il salvabile, e se da una parte esiste un progetto già approvato (che prevede l’utilizzo di una struttura rialzata, che non danneggia i reperti) dalla Soprintendenza e dal Genio Civile, continuano a mancare i fondi per la realizzazione della struttura.

Sarà il 2019 l’anno della vera svolta, per il Gravina? Una scuola che tanto contribuisce alla città, anche con il suo impegno nelle iniziative pubbliche, porta con sé un fardello indegno e sicuramente non meritato.

In tutta questa vicenda, non ci resta che contare sullo spirito critico e di attenzione degli studenti che, assieme ai docenti, portano avanti questa battaglia di civiltà da oltre un decennio.