Erano anni di scontrosi rapporti tra potere politico locale e magistratura pitagorica, anzi di guerra aperta e senza quartiere alla casa matta ulivista che dominava la provincia di Crotone, quelli in cui la Grande Macchina Teutonica guidata da Thomas Schael, tedesco un po’ alla Monicelli, improvvisamente apparso in scena con l’elmo e la spada come in un remake dell’Armata Brancaleone, sullo sfondo sempre Le Castella, il maniero aragonese a due passi dalla sua casa al mare tra Porto Kaleo e Steccato di Cutro, si arenò improvvisamente davanti alla Procura della Repubblica di Crotone, terzo piano in ascensore, dove il prussiano con un fiore in bocca, a passo svelto e cadenzato, raggiunse la stanza di un giovane sostituto Procuratore della Repubblica di Crotone, il dottor Pierpaolo Bruni.
di Vito Barresi
Bruni, un giudice non comune nel panorama dei vecchi ermellini calabresi, uno di quelli che con bravura e talento giuridico stava facendo parlare di sé l’Italia intera, per le sue coraggiose e straordinarie inchieste contro il crimine, la corruzione e la malapolitica che stringevano a cerchio chiuso l’intero territorio.
Purtroppo per Schael, di cui tanto si era già ampiamente sparlato, particolarmente a proposito dei suoi titoli che oggi si direbbero ‘fake’ - cioè le specializzazioni vantate, gli anni di anzianità e servizio nella pubblica amministrazione, la risibile tipologia degli incarichi svolti, neanche presso qualche piccolo borgomastro amico della Baviera, le referenze manageriali “inesistenti” che, ovviamente secondo i soliti nemici del cambiamento, si segnalavano non validi né tanto meno equipollenti con la laurea italiana; le garanzie e le competenze professionali vigenti - arrivò il giorno dell’accusa: concussione e tentata concussione nei confronti dei titolari della casa di cura privata “Villa Giose”.
La gestione e il risanamento dei flussi di finanziamento tra la casa di cura, di proprietà dei fratelli Ussia, storica quanto importante, apprezzata e politicamente influente famiglia medica crotonese, fu il più impegnativo banco di prova per il tedesco, non fosse altro per il ginepraio di accuse e di inchieste giudiziarie in cui la clinica si trovò nel primo scorcio degli anni Duemila.
Schael, sempre molto attento alle matrici locali del capitale e dei flussi di denaro pubblico privato, siglò ben presto un accordo con l’amministratore della clinica, Giovanni Ussia; un'intesa che sbloccò immediatamente 500 mila euro cash, che vennero consegnati sotto forma di assegni intestati ai dipendenti della struttura che da mesi non ricevevano la busta paga.
Le indagini della Procura:
le presunte prestazioni sanitarie
pagate e mai effettuate
Villa Giose, recentemente acquisita dal Gruppo Marrelli, fu al centro di una approfondita inchiesta svolta dalla Questura di Crotone per una presunta truffa aggravata alla Regione Calabria.
Le indagini, svolte nel 2008, avrebbero portato gli inquirenti a ritenere che i rappresentanti legali e soci della clinica, tra il 2008 ed il 2009, avrebbero percepito dall’Asp di Crotone rimborsi e liquidazioni per prestazioni sanitarie, in realtà, mai effettuate.
La Polizia, a conclusione di una complessa attività investigativa, su disposizione della Procura della Repubblica in relazione ad alcuni illeciti connessi all'indebito ricevimento di rimborsi da parte dell'Asp di Crotone a favore di Villa Giose, notificò avvisi di conclusione delle indagini agli indagati che furono coinvolti, a vario titolo, per i reati di truffa aggravata, falsità ideologica, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico, concussione.
Una macchia nel casellario giudiziario e un gravame sul certificato dei carichi pendenti di Schael?
Quell’accusa di concussione,
un gravame sulla reputazione
del giovane manager
Il tutto originò da un fascicolo d’indagine relativo all’ex direttore generale dell’Azienda sanitaria (nel frattempo revocato dalla Giunta Regionale), al responsabile dell’ufficio legale e al direttore del dipartimento assistenza ospedaliera della stessa Asp.
Schael venne accusato di tentata concussione per il suo ostruzionismo alla liquidazione di un credito di circa 11 milioni di euro vantato dalla clinica, che ne aveva ottenuto il riconoscimento dall’autorità giudiziaria con decreti ingiuntivi divenuti già esecutivi; lui insieme a un altro dirigente avrebbe imposto ai titolari della casa di cura di rinunciare al 40 per cento del credito vantato, nel tentativo - secondo la tesi degli inquirenti - di indurli a pagare somme di denaro non dovute.
Gli agenti dell’Ufficio Digos, diretti dall’allora vice questore Domenico Gentile, effettuarono perquisizioni negli uffici e nelle abitazioni delle persone indagate, sequestrando documentazione utile all’indagine.
La cordata di politici
che avrebbe voluto far fallire la clinica
e poi appropriarsene
Dietro l’accusa di una concussione ai danni di Villa Giose, i fascicoli ancora in Procura narrano di un oscuro tentativo di una cordata di politici di far fallire la struttura ed appropriarsene, progetto già descritto nell’ordinanza di un’altra indagine condotta da Bruni, che aveva smascherato una truffa ai danni del servizio sanitario nazionale attuata all’interno della stessa Villa Giose, dove sarebbero state effettuate prestazioni ed interventi chirurgici fatti pagare al nero ai pazienti ma allo stesso tempo rimborsati anche dal servizio sanitario nazionale.
Insomma, uno spaccato dell’ambiente sanitario calabrese in cui, secondo l’attuale Procuratore Generale di Paola, Pierpaolo Bruni, si concretizzavano non troppo limpidi e trasparenti intrecci affaristici alle spalle del bene comune della sanità pubblica, ambiti di manovra di personaggi con skill operativi molto inquietanti del tipo:
“faccendieri che in ragione delle loro numerose conoscenze sia con personaggi politici ricoprenti incarichi presso la Regione Calabria ed in particolare con l’assessorato alla Sanità e sia dirigenti dell’Asp crotonese e con vertici di istituti di credito, venivano più volte incaricati di velocizzare alcune operazioni finanziarie, previo pagamento di congrue somme di danaro”.
In questo quadro, con al centro fin troppi giochetti borderline, orgogliosa e indignata risuonò a Radio24 la reazione di Schael:
“ammetto di aver chiuso transazioni legali per parecchi milioni di Euro facendo l'interesse pubblico. Forse qualche politico era abituato ad essere coinvolto nelle trattative per far pensare ai beneficiari che per ottenere il proprio diritto bisogna cercare la disponibilità della politica?”
(… continua)
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