Crotone: nessuno vuole le discariche e i rifiuti rimangono un problema

28 gennaio 2019, 09:20 Imbichi

La tutela dell’ambiente è una lotta sacrosanta, ma spesso viene condotta senza alcuna logica, arrivando al punto di peggiorare una situazione già fragile e delicata. La mancanza di impianti per lo stoccaggio ed il trattamento dei rifiuti - leggi “discariche” - ha da sempre contraddistinto la Calabria, che allo stesso tempo ha un “primato” per discariche abusive.


di Francesco Placco

Partiamo da una semplice quanto ovvia premessa: ognuno di noi produce quotidianamente dei rifiuti. Secondo il rapporto RSU dell’ISPRA per il 2017 (QUI), nella provincia di Crotone si producono annualmente circa 416 kg di spazzatura per abitante, per una media attorno alle 75 mila tonnellate.

Poco, rispetto a province come Cosenza (oltre 286.000 tonnellate) o Reggio Calabria (oltre 225.000 tonnellate), ma questi rifiuti da qualche parte dovranno pure andare.

Lo stesso rapporto, alla voce “Discariche per rifiuti non pericolosi che smaltiscono RU”, indica solo tre impianti: Celico, Scala Coeli e Crotone.

Il primo, a Celico, riaperto il 12 Marzo del 2018 a seguito di una sentenza positiva del TAR della Calabria (LEGGI), ha generato non pochi malumori tra la popolazione (LEGGI), che ha inscenato diverse proteste nonostante le rassicurazioni (LEGGI).

Il secondo, a Cariati, è al centro di un acceso dibattito sulla necessità di un ampliamento (LEGGI), contestato da associazioni e sindaci ma voluto dalla Regione.

Il terzo, a Crotone, è il più grande della regione, ed è attualmente l’unico a ricevere i rifiuti delle cinque province calabresi.

Ma le cose stanno per cambiare, e si respira già l’aria (anzi, la puzza) di una nuova emergenza rifiuti. Dal 1° Febbraio di quest’anno l’impianto crotonese “chiuderà i cancelli”, non potendo ricevere ulteriori rifiuti per via dell’“esaurimento dei volumi di abbancamento disponibili per nuovi conferimenti, dovendo riservare gli esigui volumi residui ai contratti stipulati con altre società”.

Non c’è più spazio. La Regione aveva pensato di mettere una toppa con un appalto da 13 milioni per il trasferimento dei rifiuti in impianti al di fuori dei confini calabresi, ma la gara è andata deserta.

A questo punto, oltre alle richieste di ampliamento, l’unica carta da giocare è la riapertura di vecchi impianti, o la creazione di nuove discariche, andando palesemente contro lo slogan “Discariche Zero” tante volte ripetuto (LEGGI). Rispunta così il vecchio impianto di Santa Marina a Scandale, già balzato agli onori delle cronache per le grandi proteste del 2011 (LEGGI).

Vista l’imminente emergenza – salvo miracoli – la Regione ha ben pensato di riaprire l’impianto per tamponare la situazione, ma prontamente il sindaco Barberio (LEGGI) così come le associazioni (LEGGI) si sono schierati contro la decisione, trovando anche l’appoggio di Pugliese (LEGGI).

È evidente che nessuno vuole una discarica vicino casa. I motivi addotti sono quasi sempre gli stessi, e sono più che condivisibili. Ma purtroppo i rifiuti li produciamo lo stesso, e non avere impianti adeguati per lo smaltimento e lo stoccaggio dei rifiuti può rivelarsi molto più dannoso e pericoloso.

Secondo la Commissione Europea (LEGGI) in Calabria esistono 21 discariche abusive non ancora bonificate, per le quali veniamo sanzionati oramai dal 2013, anno in cui venne presentato il primo report sullo smaltimento illecito di rifiuti che individuò, solo nella regione, ben 43 grandi discariche non autorizzate.

Un primato di cui avremmo fatto volentieri a meno, confermato anche dal Commissario straordinario per la bonifica delle discariche abusive (QUI).

A queste vere e proprie discariche abusive, bisogna poi aggiungere le centinaia e centinaia di località inquinate dal costante e continuo sversamento di rifiuti di ogni genere. Basta fare una ricerca (LEGGI) per trovare migliaia di articoli.

Non vogliamo le discariche “perché inquinano” e non sappiamo dove mandare i rifiuti, ma allo stesso tempo siamo circondati da discariche abusive senza alcun controllo e pretendiamo una maggiore tutela dell’ambiente.

Un bel paradosso, che rischia di peggiorare la situazione fino a renderla ingestibile.