Il delitto del Bar Moka a Crotone dove i Gialli come le Mimose durano soltanto un giorno

8 marzo 2019, 18:41 Il Fatto

Un semplice caso di crimine quotidiano brillantemente risolto nel giro immediato di poche ore? Può darsi che sia vero, anzi che in questa terra di nessuno, troppo spesso nel passato senza Legge né Stato, tutto ciò sia più ‘notiziatamente’ verosimile come sembra diventato d’obbligo affermare da parte delle autorità preposte nelle conferenze stampa di prammatica convocate dopo ogni delitto o morte sospetta che capita da queste parti.


di Vito Barrresi

Il delitto del Bar Moka a Crotone (LEGGI), un’esecuzione lineare con cinque colpi di pistola calibro 7.65, sparati con mano ferma, vigorosa e implacabile, andati a conficcarsi nel petto di uno che la mormorazione popolare dipinge forse un pò rissoso, con le sue svariate e concitate sequenze notturne in un bar centralissimo improvvisamente trasformato in palcoscenico di tragedia americana, è uno di quei racconti da far gola al principe dei giallisti contemporanei Lucarelli, magari ancor di più all’ormai proverbiale figura iconica del sempre sfigato poliziotto e ispettore Cogliandro, o se proprio si vuole con il beneficio del trench leggero e non londinese ma californiano al classico dei classici Tenente Colombo.

Le parole del Questore sono laconiche, amareggiate quando afferma sospirando che “... bontà divina, noi avevamo addirittura tre volanti stanotte sulla strada, ma ho dovuto constatare che la chiamata al 113 arriva solo dopo che i buoi sono scappati. Mi sento molto deluso come uomo, come questore per questo fatto.”

Più che legittimo, più che doveroso chiedersi se qualcuno avesse chiamato il 113 le cose sarebbero potute andare per un altro verso.

Ma ancor di più adesso è necessario domandarsi perché e come tutto questo sia accaduto nel bar più frequentato dai crotonesi, da quasi un secolo sotto i portici di Piazza Pitagora, in una lunga, lunghissima notte in cui qualcuno ha perso il controllo di se stesso decidendo di farsi giustizia da sé.

Domandarsi perché il Moka, esercizio simbolo nella storia crotonese del Novecento, si è improvvisamente trasformato da luogo amico per famiglie che scelgono le pastarelle la domenica di buon mattino, da punto di ritrovo e socialità per lavoratori, impiegati, studenti che fin dalle prime ore del dì si affollano a prendere un corroborante caffè, un cappuccino caldo, a comprare il solito pacchetto della propria marca di sigarette, nel teatro di un delitto assurdo, dai contorni apparentemente scombinati, con non pochi frangenti oscuri e a prima vista non coerenti se non addirittura inconcepibili, con la futilità di un litigio senza moventi, messo dentro una storia familiare di un nonno e di un nipote, un anziano e un giovane finiti in carcere con accuse inerenti all’avvenuto omicidio.

E poi qual’è stata l’ora esatta della morte della vittima, quando è stato rimosso il suo cadavere dal selciato, se nell'immediatezza dell'uccisione o nelle prime ore del nuovo giorno, quando è arrivato sul posto il magistrato di sorveglianza e il medico legale, in quale parte della città si trovavano le tre volanti nell'intervallo della tragedia, perché il Bar Moka è rimasto aperto per tutta la mattinata fin quasi a mezzogiorno, e non è stato invece chiuso senza che nessuno mettesse in qualche modo al riparo lo spazio in cui si sono svolti alcuni momenti del brutale alterco tra le varie persone in lite?

Fatti purtroppo non incidentali ma conseguenziali se qualcuno vorrà mettere in fila tali episodi, tra loro singolarmente e totalmente diversi, tuttavia solo apparentemente sfusi e sconnessi poiché, al contrario, nel successivo esame dei vari ‘cold case’ essi sembrano concatenarsi molto rapidamente, oltre che in ordine cronologico, anche in termini di una costante minaccia attiva, di un’insicurezza diffusa ai danni della pacifica convivenza civile, comunque, in grado di minimizzare e persino sconfiggere le azioni, gli sforzi e le spese, in mezzi e personale, dedicati ad una sin qui inefficace strategia di prevenzione del crimine, nonostante i vari 'focus', le varie maxi inchieste giudiziarie e quant'altro in specifico e materia.

A tal punto che, almeno qui si può dire, la percezione, se non la netta sensazione, del deteriorarsi dell’ordine pubblico, l’espandersi dell’insicurezza collettiva e urbana, appare scontata se non addirittura ‘normale’, suscitando rassegnazione e indifferenza al contrario di quel sussulto di più vivo allarme tra quanti temono, e pensano, che a Crotone, città dove le armi clandestine, contraffatte e di vario calibro circolano e sono reperibili a buon mercato, neanche poche settimane addietro si è verificata una sparatoria nel popoloso rione Fondo Gesù (LEGGI), in pieno giorno e davanti alla principale autostazione, stia tornando il pericolo di una terribile e sanguinosa nuova, incontrollabile, stagione criminale.