I precedenti coi cinesi, la “Nuova Via della Seta” e le attese inattese di una città snobbata

25 marzo 2019, 07:49 Imbichi

Il recente accordo firmato con la Cina fa tornare con la mente a qualche anno fa, quando l’intera regione si preparava ad accogliere delle “delegazioni cinesi” che avrebbero portato investimenti e sicuri scambi commerciali, inglobando diversi porti della regione.


di Francesco Placco

Nel poco noto saggio “Sulla contraddizione”, Mao Tse Tung scriveva che “Non esistono cose che non contengano contraddizioni; senza contraddizioni, non vi sarebbe l’universo”. Un’affermazione attualissima che va ben oltre i confini cinesi, e che si potrebbe applicare tranquillamente - e perfettamente - ad altri luoghi, anche più piccoli. Luoghi come la Calabria, ad esempio.

A distanza di pochi giorni dall’accordo siglato tra il governo italiano e quello cinese, ribattezzato “Nuova Via della Seta” ma tecnicamente noto con il nome di “Belt & Road”, arrivano i primi commenti anche dal profondo sud. Commenti ovviamente entusiasti e positivi, carichi di aspettative. Si sogna una piccola grande svolta, con questo accordo, e si spera magari di ravvivare un’economia non più florida da tempo.

Anche a Crotone c’è chi festeggia il “grande traguardo” dell’accordo con il lontano oriente rosso, e già si spende in meravigliosi pronostici e fantastiche ricostruzioni sulle ripercussioni dei 29 punti messi nero su bianco nei trattati bilaterali. C’è chi vede - forse esclusivamente per partito preso - delle imminenti grandi novità, anche a Crotone.

Eppure, i cinesi in Calabria c’avevano già messo piede, ed erano passati anche da Crotone. Era il lontano 2013 quando venne annunciata in pompa magna (LEGGI) l’imminente visita di una delegazione di Yingkou nel porto cittadino, fortemente attesa per le sue potenziali ricadute economiche.

Era iniziata infatti l’era della “conquista dei porti” nel Mediterraneo, ed una delegazione della Yingkou Port Group Corp. fece tappa in Calabria per sondare il terreno.

In quell’occasione si spesero numerose belle parole. Per un attimo, parve che il porto di Crotone fosse stato individuato come possibile hub nel mediterraneo (LEGGI), tant’è che alla delegazione mandarina venne addirittura fatto fare un tour tra le principali aziende locali (LEGGI), trovando anche l’appoggio della sezione locale di Confindustria (LEGGI).

Ma a parte un gemellaggio con la città ed il porto di Yingkou (QUI), da quella visita non nacque altro. Il porto crotonese venne “snobbato” assieme a quello di Corigliano e di Gioia Tauro, esclusi tutt’oggi dalla nuova via della seta marittima. L’idea di ottenere qualche forma di aiuto nella riqualificazione e nella gestione degli scali, tanto sperata da più di qualcuno, svanì nel nulla.

Insomma, siamo una città di mare con un porto sottosviluppato ed inutilizzato, che non solo non riusciamo a gestire e recuperare autonomamente - nonostante le tante idee, le belle parole e le varie partecipate (LEGGI) - ma che non riusciamo neppure a “scaricare” a qualcun altro. Una situazione apparentemente senza via d’uscita, che non potrebbe rappresentare meglio quelle contraddizioni di cui parlava Mao.

Ma così com’è presto per festeggiare per questi nuovi accordi che, stando ad alcuni entusiasti, “rilanceranno le infrastrutture del sud”, è anche presto per poter fare paragoni con quanto avvenuto sei anni addietro. Quel che è certo è che, nel frattempo, gli interessi economici continuano ad allontanarsi vertiginosamente dalle nostre latitudini, finendo per rendere inutili ed ininteressabili le nostre vecchie e andanti infrastrutture.