Illustrissimo Signor Ministro Luigi Di Maio, con la presente ci permettiamo sottoporre alla sua cortese attenzione il problema del Reddito di cittadinanza, dato che le cronache, di tanto in tanto, riportano delle notizie, secondo le quali alcuni beneficiari non avrebbero dovuto averne diritto.
Ad esempio, ieri, in Calabria, è stata individuata dalla Guardia di Finanza una persona che vendeva abiti contraffatti e spacciava droga (QUI) guadagnando chissà quanto. Però, nel contempo, usufruiva del reddito di cittadinanza.
Riteniamo – Illustrissimo Ministro - che bisognerebbe evitare ciò. Poiché quasi tutti i Comuni italiani sono bisognosi di manodopera o di collaborazione amministrativa perché non stabilire che, cinque giorni a settimana, i vari beneficiari possano prestare servizio nel proprio Comune di residenza?
Verremmo ad ottenere alcuni validissimi risultati:
- i percettori del reddito non potrebbero più prestare lavoro in nero e, quindi, alcuni rinunciando a detto reddito, potrebbero dare inconsapevolmente ad altre persone l'opportunità di poterne beneficiare;
- i beneficiari, con il lavoro prestato presso le amministrazioni comunali, potrebbero offrire un servizio utile e necessario per tutti i cittadini.
Altri potrebbero prestare lavoro anche presso le aziende private. In tal caso, però, i titolari avrebbero l’obbligo di versare i contributi previdenziali per i percettori del reddito che vi lavorano: con la possibilità di potere essere assunti, se veramente dimostratisi validi, una volta sospesa l’erogazione del Rdc.
Colgo l'occasione per porgerLe i sensi della mia stima ed ossequiarla.
Rodolfo Bava