Terremoti a Crotone, c’è ancora chi dà la colpa alle piattaforme

5 aprile 2020, 08:30 Imbichi

La città sorge su un’area notoriamente a rischio sismico, circondata da faglie attive e nel bel mezzo di una sorgente sismogenetica, poggiata su un profondo strato di argilla e sale che ne favorirebbe la subsidenza. Eppure, ad ogni minima scossa di terremoto, tutti accusano “le piattaforme”.


di Francesco Placco

Non fosse bastato il confinamento domestico e la pioggia battente, ci si è messo anche il terremoto. Sono state registrate infatti oltre venti scosse nella sola giornata solare del 3 aprile, delle quali una è stata avvertita nella nottata (LEGGI) ed un’altra nel corso del pomeriggio (LEGGI). L’intensità ha raggiunto la magnitudo 4.0, non provocando alcun danno ma solo una forte apprensione.

Immancabilmente la percezione dell’evento sismico ha fatto rinascere il solito dibattito sulla “natura” dei terremoti. In molti non hanno dubbi: è colpa delle piattaforme, dell’Eni, delle “trivellazioni” e via con il solito bestiario di luoghi comuni, avallato dagli stessi social dove si finisce per dare precedenza più alle dicerie che alla realtà (LEGGI).

In breve è stato un pullulare di lunghi post, di j’accùse, con tanto di mappe che metterebbero in collegamento l’epicentro dei terremoti con la posizione delle piattaforme. Un cliché che nessuno sembra mai voler smentire o smontare, anche perché, diciamocelo, conviene avere un capro espiatorio del genere.

D’altronde è decisamente facile, un due più due elementare: le piattaforme sono in mare, i terremoti sono in mare… è logico! Logica che però non tiene conto, volutamente, di tutto il resto, altrettanto elementare e noto.

Come ad esempio della Classificazione Sismica Italiana (QUI), con Crotone classificata come rischio 2, ossia medio-alto, così come confermato nella mappa della pericolosità sismica (QUI). Situazione che ha costretto il Comune a redigere un apposito piano (QUI) per le eventuali emergenze, con tanto di analisi di rischi e vulnerabilità maggiori.

Sulla questione è intervenuto anche l’INGV con un esaustivo articolo in merito (QUI), mettendo in mostra nei vari grafici e nelle varie mappe l’elevato numero di eventi sismici registrati dal 1985 ad oggi, e rispolverando la storia sismica del circondario sin dal XVI secolo. Insomma, da ben prima dell’installazione delle piattaforme in questione.

Ed è sempre l’INGV a ricordarci che la città di Crotone non solo sorge nelle immediate vicinanze di alcune faglie attive (QUI), ma anche nel bel mezzo di una Sorgente Sismogenetica Composita (QUI) e dunque in un luogo dove è altamente probabile uno sciame sismico come quello avvertito.

C’è poi chi tira in ballo la subsidenza, fenomeno naturale che coinvolge circa il 13% dei comuni italiani (QUI). Quanto sta influendo realmente l’estrazione metanifera? Difficile a dirsi, dato che il monitoraggio attivo è stato presentato solo nel 2018 (QUI) e di dati ufficiali non ne esistono ancora.

Quello che però sappiamo è che lo “sprofondamento” naturale varierebbe tra i 12 ed 15 millimetri all’anno, così come stabilito dalla Commissione di Studio per la Subsidenza di Crotone (QUI) e confermato dagli studi della rete Natura Italia (QUI).

Insomma, tutto questo per dire che i dati a disposizione non mancano, compresi quelli che valutano la correlazione tra attività antropiche e sismicità (QUI). Com’è possibile che si preferisca sempre alimentare il sospetto? In fondo, il tempo per approfondire in questi giorni non manca di certo.