La domenica del villaggio tra minacce, panchine irriverenti, sindaci farlocchi e politici da fritto misto

8 giugno 2020, 17:25 Il Fatto

Mentre in una domenica di giugno si consuma uno dei misfatti più biechi e vigliacchi che si ricordino a memoria, con una giovanissima leva della libera espressione intimidita senza vergogna, tutt’intorno il fumo delle vrasciolate pitagoriche ha inebriato le menti sempre più irretite di una città in declino.


di Vincenzo Ruggiero

Vergogna è la sola parola che riesco ad esprimere per descrivere con quale faccia da culo si sia ammantata di un assordante silenzio tutt’intorno la pubblica denuncia di un ennesimo tentativo mafiogeno di intimidazione perpetrato ai danni di un più che modesto ed umile giovane cronista di provincia (QUI).

Un mutismo generalizzato - anche tra i più incalliti segaioli da tastiera - verso quello che non esagero se definisco come un vero e proprio agguato alla libertà di espressione e al diritto di cronaca e che potrebbe trovare (se proprio la si vuole trovare) una giustificazione solo se si riporti a mente un sostantivo fin troppo spesso abusato senza imbarazzo: “omertà”.

Per omertà - per chi non ne fosse ancora al corrente - nel senso più estensivo del termine oltre che sinteticamente s’intente, dizionario alla mano, il “riserbo assoluto determinato da complicità e insieme dal timore di una vendetta”.

Oserei poi, a questa parola, abbinarne anche un’altra: quella di “indolenza, i cui sinonimi - giusto per ulteriore chiarezza verso i meno istruiti, e pure gli stessi indolenti - sono tra gli altri la pigrizia, la trascuratezza ma soprattutto la noncuranza.


Le Guerre Sante

per fatterelli

di molto più banali

ed insignificanti


Ebbene, a 24 ore di distanza dall’episodio che ha visto suo malgrado protagonista un nostro collaboratore, destinatario di una missiva intimidatoria (QUI) che si commenta da sé e già bell’e annotata in una denuncia penale, sebbene e purtroppo contro i soliti ignoti”, nessuno e dico nessuno (eccezzion fatta ovviamente per sinceri amici disinteressati e una minutissima parte di colleghi che ho già ringraziato personalmente) che avesse scritto o profferito una parola di conforto, di vicinanza, non dico di amicizia ma almeno di mera solidarietà, pure di facciata.

Vi prego, non assumete queste mie parole come una sorta di vittimismo autoreferenziale, perché a parte che non è mai stato nel nostro costume, poco di autoreferenziale e di vittimistico c’è se si tiene conto come, anche nel recente passato, per fatterelli di molto più banali ed insignificanti ci siano state delle levate di scudi, una sorta di Guerre Sante contro eversori di una presunta lesa maestà; con chi abbia gridato all’attentato, chi si sia presentato a protestare finanche davanti agli uffici governativi, chi abbia addirittura provato ad aizzare una categoria professionale (a dire il vero senza alcun successo).

C’è stato poi chi si sia abbandonato alle solite frasi leccaculo inviate con celerità e soddisfazione ai mezzi di informazione o date in pasto veloce alle latrine dei social per godere di un seppur breve coito da ricondivisione tra i soliti ed annuenti quattro gatti autocelebranti e a volte decerebrati.


Le “vrasciolate”

dei parlamentari

e degli aspiranti

al soglio sindacale


In tutto questo silenzio, però, ciò che stride come un gessetto alla lavagna d’ardesia dei bei tempi andati, è l’assenza dei writer seriali al soldo e sul soglio istituzionale, quegli stessi, per intenderci, che per rammentarci l’ultima loro evacuazione intestinale son capaci finanche di rasentare lo “stalkeraggio redazionale.

Tra questi s’annoverano (senza alcuna lasciva riverenza!) ben quattro parlamentari crotonesi ed un consigliere regionale: troppo impegnati, s’intende, nei baccanali del meritato riposto settimanale, nell’inebrio dei fumi di “vrasciolate” domenicali e di “fritti misti” ecumenici, per riservare qualche parola di conforto a chi al posto loro rimane invece in trincea, e senza vettovaglie statali, per difendere gli interessi collettivi. Non sia mai!

E poi, dulcis in fundo, l’esercito degli ascritti alle liste elettorali di Mark Zuckerberg (in Palo Alto, California): gli auto-canditati in pectore al sacro soglio di Piazza della Resistenza.

Una massa di signor Nessuno che mentre nella loro città la cultura mafiogena appone il suo sigillo su un altro portone, alcuni se ne saranno stati beatamente al sole festivo auto incensandosi, altri ad immortalarsi tra caffè espresso e paste della domenica, taluni a discernere di massimi sistemi o del moto perpetuo e strumenti innovativi di geolocalizzazione di panchine irriverenti: “come se fosse antani anche per lei soltanto in due, oppure in quattro anche scribàcchi confaldina?”

Il tutto senza parola profferire a favore o a sostegno di coloro che un tempo (ormai andato) sarebbero potuti essere i loro migliori alleati nella battaglia di legalità e trasparenza sempre brandita ma a questo punto solo per loro uso strettamente personale, figurarsi poi su tutti i micro e macro abusi edilizi (altro che panchine vescovili!) perpetrati negli anni ed anche da molti di quelli che oggi magari li acclamano Cesari dell’Impero decaduto.

Insomma, se questa è la classe dirigente che ci aspetta al varco per risollevare le sorti della città, non posso far altro che ricordare ai miei concittadini quanto ribadii senza timore ad un locale (im)prenditore troppo impegnato a lamentarsi sempre dei suoi subalterni invece di comprenderne i limiti: “ognuno ha ciò che merita”.