Con l’uscita di scena dell’unico candidato disposto a correre con il Partito Democratico, per la prima volta in città si andrà al voto senza una lista che faccia riferimento ad un partito della sinistra nazionale.
di Francesco Placco
Con l’ammainamento di bandiera di Gaetano Grillo (LEGGI), l’harakiri del Partito Democratico crotonese è finalmente compiuto. L’agonia è durata diversi anni ma alla fine i più “importanti” quadri di partito sono riusciti nel loro intento: smembrare e distruggere l’elettorato per aggrapparsi ai “pacchetti di voti”.
Succede così che nel 2020, per la prima volta nella storia delle elezioni cittadine dal dopoguerra, non concorrerà alcun partito della sinistra o del centro sinistra nazionale (LEGGI).
Nella città che fu la Stalingrado del Sud le falci ed i martelli sono stati da tempo riposti ed i garofani sono oramai appassiti, e si raggiunge così un nuovo traguardo - se così lo si può intendere - della storia politica locale.
Mai era successo, infatti, che mancassero i grandi partiti della sinistra dalla scheda elettorale crotonese. Concorsero sempre, anche quando vennero sconfitti (e successe in diverse occasioni) da candidati indipendenti o dalla Democrazia Cristiana, anche quando attraversarono i loro anni bui. Mai ritennero che non valesse la pena di concorrere, anche a fronte di una palese sconfitta.
Ecco, oggi probabilmente il gioco non vale la candela. Anche a livello nazionale c’è chi inizia a ipotizzare qualcosa di nuovo, di “superare” il Partito Democratico.
Gli altri partiti, piccoli e frammentati tanto quanto le liste che correranno a queste amministrative, hanno poca voce in capitolo. Ed i politici di professione hanno già inteso i segnali che arrivano da un partito che non riesce più a rinnovare la sua immagine.
La crisi della sinistra si manifesta anche così. L’elettorato non si riesce più ad attrarlo, figurarsi a conquistarlo. Si è perso, anche perché non ha più avuto alcun partito di riferimento, soprattutto perché non ha più avuto dei politici di spicco.
Ed a Crotone questa mancanza è talmente palese, talmente ovvia, talmente evidente, che l’elettorato neppure si cerca più.
Si va avanti per inerzia, sperando di andare finché la barca va. Si cambiano bandiere, si cambiano colori, tanto vale tutto. Chi nel 2016 ha sostenuto le liste di centro-destra oggi sostiene quelle che si definiscono di centro-sinistra, chi si autodefinisce “missino” appoggia un candidato “democratico e progressista”, ed il tutto con il bene placido dei dirigenti e della segreteria cittadina del fu PD.
A questo punto, vale davvero tutto, perché tanto vi verranno a dire che si può sempre cambiare idea nella vita. Inutile cercare colpe in quella che è una faida insanabile, dove entrambe le parti hanno deliberatamente puntato alla rottura: quello che oggi si concretizza nella mancanza di un simbolo di partito nazionale è un fallimento, tanto per un commissario incapace di far convergere la propria parte quanto per una segreteria cittadina che si gira dall’altra parte e non cerca alcun dialogo con il partito che rappresenta.
Ad un mese dal voto, i giochi sono fatti. Non resta che prenderne atto ed essere consapevoli dei frutti che si raccoglieranno al termine di questa particolare ed inusuale tornata elettorale.