Vari senatori, tra cui alcuni calabresi, hanno presentato un’interrogazione al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini sul caso sollevato proprio tramite queste pagine (QUI) nello scorso agosto, a proposito del discutibile restauro, altrimenti definito “conservativo”, della meravigliosa Abbazia di Corazzo, in frazione di Castagna, comune di Carlopoli.
di Vito Barresi
La denuncia, sottoscritta da svariati rappresentanti istituzionali di altre regioni, comunque sia, si innesta nella campagna di sensibilizzazione per salvare il prezioso presidio monumentale che illustra incantevolmente il Medioevo in Calabria e nel Sud dell’Europa lanciata attraverso una petizione online “Salviamo l’Abbazia di Corazzo da un pesante e invasivo progetto di restauro conservativo” apparsa, dopo la nostra inchiesta (QUI), sulla piattaforma Change.org (https://www.change.org/p/european-parliament-salviamo-l-abbazia-di-corazzo-da-un-pesante-e-invasivo-progetto-di-restauro-conservativo/psf/promote_or_share?source_location=petition_show).
Nel testo, per altro alquanto prolisso e generico, dove si è avuto molta cura nel non citare né la nostra testata né tanto meno la petizione popolare in corso, i parlamentari interroganti - questo purtroppo va criticamente notato - hanno affastellato una sommatoria di notizie sfuse, con riferimenti storico-cronologici per certi versi anche folkloristici, mirando soprattutto a colpire il dirigente Mibact (anche se non ne fanno il nome, molto ma molto “inelegantemente” per non usare altro vocabolo... non sarà difficile comprendere contro chi si rivolgono gli otto senatori, tra cui pure l'attuale Presidente della Bicamerale Antimafia) che ha curato il progetto nelle sue varie fasi procedurali, ancora una volta “strumentalizzando” ai propri fini di lotta politica e di potere e opinabile sottogoverno, un problema che è di tutti e che non si può prestare ad altri disegni e obiettivi, se non quelli di tutelare i beni comuni, il patrimonio pubblico regionale, la dignità di tutti i calabresi, non escluso l’innominato “anziano” funzionario in questione.
Ma tant’è... preso atto di ciò, al netto di tali beghe si vorrebbe, comunque, anche cogliere il lato positivo di questo risveglio da parte di certi parlamentari che sono rimasti, per così dire in lunga fase Rem, e dargli atto che si sono dati una mossa.
Si riporta di seguito il testo dell’interrogazione in cui si legge quanto segue:
“premesso che: risulta agli interroganti che nella frazione Castagna di Carlopoli (Catanzaro), nel cuore della Sila Piccola, insistano i maestosi resti dell'abbazia di Santa Maria di Corazzo, benedettina al tempo della fondazione, che si suppone dovuta ai Normanni appena insediati in Calabria, negli anni '60 dell'XI secolo, quindi riedificata dai Cistercensi a poco più di un secolo di distanza;
situata in una piccola valle tra i fiumi Amato e Corace, l'abbazia conobbe molte ristrutturazioni, nel tempo, anche a causa dei danni provocati dai periodici terremoti, da ultimo quelli del 1638 e del 1783: il cosiddetto "grande flagello", in specie, determinò nel 1808 la soppressione e l'abbandono definitivo dell'insediamento monastico, la cui fama di respiro europeo e la cospicua fortuna, registrata soprattutto nel basso Medioevo, sono legate in particolare alla circostanza di avere accolto per circa un decennio il mistico Gioacchino da Fiore (ca. 1130-1202), che proprio in S. Maria di Corazzo vestì l'abito, divenne abate e, probabilmente, realizzò alcune delle sue opere principali;
inserendola nel novero delle "Aree naturali e culturali di rilevanza strategica" definite dalla delibera di Giunta n. 273 del 20 luglio 2017, nel 2018 la Regione Calabria ha riconosciuto l'importanza dell'abbazia per il sistema dei beni culturali calabresi. Conscio della sua capacità attrattiva e deciso ad incrementare i flussi in un sito che è già meta privilegiata del turismo scolastico e tappa obbligata del realizzando "Cammino gioachimita", l'Ente ha poi assegnato a S. Maria di Corazzo 1,2 milioni di euro dei Fondi europei per lo sviluppo regionale (FESR) 2014-2020;
il 12 agosto 2020 è stato presentato, a Carlopoli, un progetto preliminare di consolidamento e restauro mirato soprattutto alla chiesa e ai contrafforti addossati a quella nel Sei-Settecento, ma che coinvolge tutto il complesso abbaziale. I rendering pubblicati rivelano trattarsi, però, di un intervento solo nominalmente conservativo e che per la sua invasività ha subito suscitato grande scalpore, tant'è che al risalto dato alla presentazione dalla stampa, anche nazionale, è seguita la rimozione dal portale web del comune di quanto pubblicato (sullo stesso e sul social "Facebook") in vista dell'evento pubblico;
da sempre, in effetti, i tanti che hanno subito il fascino del monumento, a lungo studiato, tra gli altri, dalla professoressa Emilia Zinzi, e del contesto in cui s'inserisce, auspicano che lo Stato assuma iniziative atte, sia ad incrementarne le conoscenze, sia a garantirne la persistenza e la fruizione pubblica. Il progetto anticipato ai media sembra, però, contemplare proprio le ipotesi paventate dai più, contrari, sia a sottoporre le rovine ad una vera e propria ricostruzione, sia a consentire una mera cristallizzazione dello stato di fatto;
la creazione in loco di un piccolo antiquarium ove riunire gli arredi e le opere d'arte dispersi nelle chiese della diocesi dopo l'abbandono dell'abbazia da parte dei monaci, o di una sala polivalente, comporterebbe la riedificazione di un settore del complesso edilizio, prevista con l'uso di pareti di cristallo e tetto ligneo, ma tra i detrattori più convinti il professor Salvatore Settis, calabrese e membro del Consiglio superiore dei Beni culturali, ha espresso la propria contrarietà affermando che "qualsiasi forma di "completamento" non sarebbe sul versante della tutela, ma della distruzione del valore storico e patrimoniale";
va da sé, d'altro canto, che ogni serio programma di indagine archeologica estensiva, dopo i saggi di scavo puntiformi degli anni '80-'90, che hanno lasciato irrisolti tanti quesiti, sarebbe frustrato da un consolidamento dei ruderi che ad oggi non prevede l'esecuzione di scavi preliminari, tranne un unico saggio nel chiostro. Non così nella chiesa e sotto gli archi dei suoi contrafforti, dove da progetto saranno posizionate pavimentazioni mobili in legno per farne spazi "utilizzabili", dopo la rimozione "del terreno e dei materiali alluvionali";
considerato che: stante la convenzione stipulata tra la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio (SABAP) e il comune di Carlopoli per l'esecuzione del restauro, lodata pubblicamente dall'ex sindaco, perché, non dovendo mettere a bando la progettazione, avrebbe consentito di risparmiare "un bel po' di risorse (…) da destinare ai restauri", il piano dell'intervento sarebbe stato elaborato proprio in seno all'ufficio ministeriale competente per territorio, quello che oggi abbraccia le sole province di Catanzaro e Crotone, avendo da poco perduto Cosenza, e nel merito da un funzionario architetto "anziano", tuttora in servizio in entrambi gli uffici ("ilsole24ore", del 14 agosto 2020);
inoltre, "Il Sole 24 Ore", nel suddetto articolo, lo definisce impropriamente "responsabile del patrimonio architettonico della Soprintendenza archeologica per Catanzaro Cosenza e Crotone", ma nella sede cosentina di piazza Valdesi, tuttora condivisa dalle due Soprintendenze ABAP della Calabria centro-settentrionale, la sua iniziativa ha generato non pochi malumori, perché il funzionario avrebbe imposto la propria soluzione progettuale, e sé stesso come direttore tecnico dell'intervento di restauro, benché non ricopra l'incarico di responsabile territoriale per il comune di Carlopoli, di fatto scavalcando i colleghi;
nonostante la gratitudine dimostratagli dalla giunta Mario Talarico, che il 12 agosto 2020 l'ha nominato cittadino onorario (e ha approvato il progetto esecutivo qualche giorno prima di fine mandato), e a dispetto degli osanna della stampa diocesana, arrivata ad attribuirgli il titolo di "architetto florense", fa specie che il soprintendente e, a monte, la Direzione generale ABAP del Ministero in indirizzo lascino alla discrezionalità del professionista in questione ogni decisione sul futuro di un monumento di così alta valenza culturale, in perenne delicatissimo equilibrio con la natura circostante ed elemento di un paesaggio storicizzato, il cui fascino da sempre incanta i visitatori;
nel sempre critico bilanciamento tra tutela e promozione di un bene culturale, l'architetto punta alla cristallizzazione dei ruderi di S. Maria di Corazzo come soluzione capace di garantire la messa in sicurezza e al contempo "la valorizzazione di alcuni spazi contigui”.
Sceglie, così facendo, e sceglie sia a nome dell'ufficio di cui è dipendente, sia della collettività che gli ha delegato l'esercizio dei propri interessi, di sacrificare non solo la possibilità di incrementare le conoscenze sulla storia dell'abbazia e della sua chiesa in particolare, ma di incidere su una parte cospicua del valore paesaggistico del sito, causando un'alterazione irreversibile dei risultati della naturale ruderizzazione, intervenuta negli ultimi due secoli, di un complesso monastico vissuto pienamente per almeno seicento anni.
Una scelta, né obbligata, né scontata, da assumere forse collegialmente e senz'altro con estrema cautela, privilegiando una progettazione che non abbia il risparmio quale unico merito.
Si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga di sollecitare gli uffici centrali del dicastero, non solo ad un’attenta verifica della qualità del progetto di restauro dell’abbazia di S. Maria di Corazzo in ordine alla compatibilità con i valori paesaggistici e architettonici del sito, ma anche della correttezza dell’iter amministrativo interno alla Sabap, senza trascurare di approfondire le motivazioni del dirigente o dei dirigenti dell'ufficio, che hanno assentito al descritto percorso.”