Il miraggio del riscatto: nonostante proclami e fondi in Calabria va sempre peggio

7 novembre 2022, 09:00 Imbichi

La Calabria continua a registrare dati impietosi, che mettono in luce un progressivo peggioramento della condizione sociale nonostante tutte le misure messe in campo. Una "crisi perenne", che perdura da oltre un secolo e che pare destinata solo a peggiorare ulteriormente. Ma quanto può durare ancora?


di Francesco Placco

Conoscerete sicuramente quella parabola del vangelo di Matteo in cui viene pronunciata la famosa espressione: "gli ultimi saranno i primi e i primi, ultimi". Un monito di speranza, di fede, che però non va trasformato in un'illusione. Perché altrimenti, come la saggezza popolare ci insegna, "chi di speranza vive, disperato muore".

Circostanza che potremmo applicare anche collettivamente al Mezzogiorno, da tempo in attesa di un riscatto che pare non arrivare mai. Un miraggio, offuscato di volta in volta da più fattori: non solo la cronaca, ma anche le mere indagini statistiche, che portano buone notizie solo per quando si parla del clima.

Mi riferisco ovviamente all'indagine sulla qualità della vita pubblicata da Italia Oggi (LEGGI), dove sostanzialmente viene messo nero su bianco un dato di fatto: il divario tra nord e sud, anzichè essere colmato, sta aumentando. Nulla di nuovo, lo sappiamo già da tempo, ed in un certo senso ci siamo abituati a vederci ultimi in tutto.

Il problema però non è solo il continuo piazzarsi nella parte bassa della classifica. Perché di anno in anno, le città del centro-nord raggiungono punteggi sempre migliori (salvo alcune località), mentre nel sud e nelle isole i dati continuano a peggiorare. C'è dunque un progressivo peggioramento di cui non ci si sta occupando adeguatamente, e che riguarda anche aspetti non sempre considerati.

Basti prendere ad esempio Crotone, che per il secondo anno di fila chiude la classifica al 107° posto. Le insufficienze gravi evidenziate dal rapporto sono sei, e riguardano: affari e lavoro, ambiente, istruzione e formazione, reddito e ricchezza, sicurezza sociale, tempo libero. Come commentare questi dati? Possiamo continuare a dare la colpa alla classifica ed ai suoi metodi di calcolo?

Il dato non riguarda solo Crotone, ovviamente, ma tutte e cinque le province calabresi. Sintomo di un malessere diffuso, che viene registrato nonostante i proclami della politica e le grandi aspettative derivanti dai fondi nazionali ed internazionali. E che per certi versi ricorda una storia già vista: dalla riforma agraria a quella fondiaria, dalla Cassa per il Mezzogiorno al pacchetto Colombo.

Alla Calabria, in soldoni (mi si perdoni il gioco di parole), questi grandi fondi speciali non hanno mai portato nulla di concreto, se non un evidente ed insesorabile declino della condizione sociale. Possiamo dunque prenderci il lusso di illuderci, davanti ai miracoli promessi con il Pnrr o con il nuovo stanziamento dei Por? Perché sicuramente quei soldi saremo in grado di spenderli, ma che li spendiamo a fare se poi non si ottiene alcun risultato, alcun miglioramento?

La speranza continua a rinchiudersi nella logica (datata) del "fare economia". Spendere per garantire qualche lavoro pubblico, per programmare qualche anno di interventi, per spalmare fondi in progetti tra il pubblico ed il privato. Il tutto senza una visione, ma sopratutto senza un'unione di intenti: unione che in Calabria esiste solo a parole, e lascia il posto a pragmatiche guerre di campanile tra capoluoghi e grandi città.

E mentre continueremo a leggere dei grandi progressi fatti in Regione, delle imminenti assunzioni in aziende e multinazionali, dei numeri record del turismo, dei dati incoraggianti per il commercio e dell'economia che riesce a ripartire (seppur sottotono), ci troveremo sempre in fondo alla classifica, ultimi e sempre più distanti dai primi.

Sintomo che c'è, evidentemente, qualcosa che non va nella narrazione ottimistica che tanto piace al governo regionale ed a molti sindaci. Non ci resta che decidere se accettare o meno questa narrazione, ed illuderci (ancora una volta) che le cose si possano mettere a posto da sole.