Autonomia, in un paese già spaccato il problema è la legittimazione delle differenze

3 luglio 2024, 11:00 Imbichi

Nelle ultime settimane il dibattito sull'autonomia differenziata - approvata in tutta fretta dal governo assiemme alla riforma sul premierato - si è incentrato unicamente sul fatto che tale riforma, per suo impianto, "spaccherebbe" il paese. Tesi ripresa un po' da tutti i fronti contrari, che pur ammettono le già notevoli differenze tra regioni. Di fatti, il paese è già spaccato, diviso, frammentato. Così si cerca solo di legittimare il tutto.


di Francesco Placco

L'obiettivo non è solo dare maggiore autonomia decisionale a chi la chiede, ma anche - evidentemente - togliere quante più responsabilità dalle spalle di uno Stato sempre più incapace di farsene carico. Basta vedere le programmazioni economiche dell'attuale governo (ma anche di quelli precedenti) per notare come le risorse stanziate vanno sempre, inesorabilmente, ad assottigliarsi, a ridursi, finanche a sparire. La politica fa il suo: inventa problemi e vende soluzioni. Ma i bilanci sono freddi tabulati che non mentono, e se non ci fidiamo dei numeri snocciolati di anno di anno da associazioni ed enti, basterebbe guardarci un po' intorno per vedere tutte le lentezze di uno Stato che di fatto non c'è.

Proprio ieri apprendevo da una nota del MIT (LEGGI) che il progetto di "alta velocità/alta capacità" tra Salverno e Reggio Calabria è ancora prioritario per il ministero. Per fortuna, verrebbe da dire. Il progetto, finanziato con fondi PNRR (e dunque non stanziati dallo Stato), inizialmente doveva essere interamente completato entro il 2026 (LEGGI). Oggi invece scopriamo che entro la fine del 2026 vedrà la luce, verosimilmente, solo il primo tratto tra Battipaglia e Romagnano (QUI) mentre il completamento dei lavori slitta almeno al 2030. Campa cavallo...

Questo ovviamente è solo un esempio - il più recente - che si ripete però con tante altre infrastrutture: dalla Statale 106, per la quale si ipotizzano finanziamenti spezzettati fino al 2037 (LEGGI), all'elettrificazione della ferrovia jonica, ancora ferma al palo nonostante i continui proclami e le "prossime" inaugurazioni. Alla richiesta di informazioni in merito la risposta è sempre la stessa: si è in attesa dei fondi necessari, che prima o poi arriveranno, o degli accertamenti tecnico-progettuali richiesti. Tutto ciò avviene mentre vengono messi - virtualmente - nel piatto ben 15 miliardi per la costruzione del Ponte sullo Stretto, con tanto di "contributo obbligatorio" della Regione Calabria per 300 milioni (LEGGI).

E lo stesso vale in tanti altri ambiti, a partire dalla sanità, in cui le differenze tra regioni sono già notoriamente abissali, ma anche nell'istruzione, dei servizi sociali, persino nella gestione del patrimonio storico-culturale ed ambientale. Al netto delle punte di eccellenza che anche in Calabria esistono (eccome), la differenza tra le varie regioni esiste già. Ed è una differenza nota sin da tempi oramai antichi: senza voler scomodare il periodo unitario o quello del regno, basti bensare alle numerose commissioni parlamentari sulla questione meridionale, che di fatto evidenziavano una sostanziale disuguaglanza tra regioni, sopratutto al sud.

Oggi questa differenza c'è ancora, si è acuita, allargata, ed è innegabile che anche la Calabria stia cercando di recuperare terreno. Il problema dell'autonomia differenziata, dunque, non è la divisione del paese. Al contrario, è una legittimazione delle differenze: differenze che già esistono, e che si vogliono così normalizzare. Circostanza chiara nelle parole di tanti governatori del nord, che la mattina dopo l'approvazione della legge hanno detto di "voler correre". Una metafora sportiva, dove le Regioni italiane non sono più una squadra ma rivali, anzi, competitor come piacerebbe dire a qualcuno.

Ad oggi l'unica cosa che possiamo fare è appellarci allo Stato, alla Costituzione, per chiedere che i nostri diritti vengano rispettati. Magari tra qualche anno rivolgeremo i nostri appelli al governatore di turno, o a qualche assessore... un trionfo politico, la stessa politica che crea problemi e vende soluzioni. Che definanzia e rifinanzia gli interventi a suo piacimento, per mero tornaconto elettorale, e non in base alle reali necessità del paese. La stessa politica che oggi ammette di non essere in grado di garantire nè Lep nè Lea, ma che promette di garantirli in futuro per chi non chiederà l'autonomia. Senza però dire come intende farlo.

Ed in questo turbinìo di giravolte e supercazzole, l'unico dato certo, freddo, matematico, è uno solo: come può una Regione come la Calabria, con un pil di circa 32 miliardi di euro (in costante calo da anni) anche solo pensare di chiedere l'autonomia differenziata? Come potrebbe giovargli? Cosa riuscirebbe a gantire con così poche risorse? Una domanda semplice, dato che già oggi i bilanci regionali necessitano di notevoli fondi comunitari e nazionali, e visto che i competitors del nord vantano economie tra i 150 ed i 200 miliardi l'anno (ad esclusione della Lombardia, a quota 450 miliardi).

Si crede davvero di poter competere con maggiore "uguaglianza" in questo modo?